Ho un abbonamento annuale agli autobus, uso di tanto in tanto i servizi che consentono di noleggiare bici in città, se devo visitare una città lo faccio preferibilmente in treno. Insomma, sono uno che nei mezzi pubblici crede.
Però non riesco ancora a fare a meno del tutto dell’auto: aerei e treni a lunga percorrenza sono più cari del mezzo privato, specie per le famiglie, la maggior parte dei bus scompare dopo il tramonto, spostarsi in Appennino senz’automobile è come arrampicarsi sull’Everest con le infradito. Quando serve, serve.
In quanto automobilista (seppure a tempo perso) comincio a soffrire questo atteggiamento tipicamente cittadino di celato disprezzo verso i possessori di automobili, che si traduce nella continua, ossessiva riduzione dei posti auto.
Per carità, le piazze trasformate in parcheggio sono un insulto. Avete mai visto una vecchia foto in bianco e nero di piazza Maggiore piena di automobili parcheggiate? Fa male al cuore. Però, visto che ci sono quartieri periferici in cui, nei beati anni Cinquanta, si sono costruite palazzine su palazzine senza minimamente pensare alla necessità degli inquilini di parcheggiare, non si può pretendere che uno si porti la vettura in salotto.
Qualche esempio? Il parcheggio per disabili è sacrosanto, un segno di civiltà. Però se nel mio quartiere a Bologna negli ultimi anni praticamente un parcheggio su dieci ha le strisce gialle, o tutti i reduci e i mutilati di guerra si sono trasferiti qui, o forse bisogna ripensare il modo in cui questo diritto (ripeto: sacrosanto) è gestito, perché se il figlio del mutilato morto e sepolto continua a parcheggiare nelle strisce riservate, c’è qualcosa che non va. Poi sono arrivate le colonnine per la ricarica elettrica: giuste anche loro, il giorno che le vedrò usate giuro che farò una fotografia e la manderò a tutte le testate giornalistiche, come è giusto che avvenga per un evento storico.
L’ultima tendenza è quella, semplicemente, di eliminare posti auto in strada per il gusto di farlo. Segnali di divieto che appaiono su strade larghe dove la gente ha parcheggiato per decenni, posti auto sacrificati per le piste ciclabili, per il tram, per le corsie preferenziali, per la lotta allo smog e la pace nel mondo. I sindaci progressisti, quando sono in difficoltà, si recano alle pendici del vulcano consacrato e sacrificano posti auto vergini.
Attenzione, però, che questo ambientalismo di sinistra e popolare ha veramente poco. Perché i signori con le villette monofamiliari le auto le tengono nei loro eleganti box con apertura automatica. Sono i poveri cristi che, dopo aver girato per un’ora alla ricerca di un posto auto in quartiere, sospirano e recitano un eterno riposo di fronte all’ennesimo parcheggio che non c’è più, sacrificato in nome di un bene comune superiore.