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Oggi va cos

Un pomeriggio silenzioso di pensieri dissolti in una strano stato tra la veglia e il sogno. Passeggio nel grigiore illudendomi di essere sempre lo stesso e interrogandomi sul soffio di vita che anima gli alberi intorno, il cane che rincorre festoso il padrone, la città che si affanna dietro la siepe. Quel soffio che ci attorciglia, ci guida, ci tiene aggrappati e poi ci lascia andare verso ignote destinazioni. L’uccellino svolazza smarrito, non comprende il cemento sotto di lui, non capisce le auto, non può adattarsi ai rumori che ne smorzano il canto. Può volare lontano, certo, verso altri prati e altri lidi, alla ricerca di quel mondo per cui fu creato e che se sta andando sotto barili di bitume. Può fuggire ma non può cambiare quello che lo circonda.E sopra di un sole svogliato, distante, un sole lontano siamo solo un puntino nel cosmo.
Le parole sono l’unico strumento che abbiamo per carezzare l’anima.
Oggi va così.

Le radici del terrore

C’è un odore di morte che si diffonde nell’aria in una lunga scia che si propaga da Londra all’Iraq e attraversa il vecchio continente. Il self-control inglese, siamo tutti londinesi, attacchiamo l’Egitto, è colpa dell’euro. Come sempre il vociare dopo una tragedia diventa un insostenibile miscuglio di ignoranza e impulsività. Credo che le vittime di questa ennesima sciagura meritino un silenzioso rispetto. Dopo di che, faccio due sole riflessioni: l’effetto più evidente di questa tragedia è che nessuno più, dopo la grande attesa suscitata dal Live8, parla più dell’avidità e della scarsa lungimiranza dei G8, che non sembrano interessati ad affrontare il problema della povertà se non con le solite insulse proposte di intenti. La seconda riflessione riguarda la campagna che in questi giorni le amministrazioni pubbliche stanno facendo contro la zanzara tigre. Ci spiegano che certo si possono usare zanzariere, pomate, rimedi caserecci, ddt: ma occorre soprattutto evitare che l’acqua ristagni e che l’ambiente sia sporco perché è lì che le zanzare si riproducono. Ai signori dei G8 vorrei suggerire che metaforicamente possiamo alzare nuove inutili zanzariere e ricoprirci di pomate: ma non servirà a nulla finché ci ostineremo a non vedere non l’acqua stagnante ma l’immensa palude che si estende dalla favelas dell’America Latina ai villaggi subsahariani, dalle steppe della Mongolia alle periferie mediorientali. Se non facciamo nulla per migliorare quegli ambienti, le zanzare continueranno ad aumentare e ad uccidere innocenti..

Lo stato dell’arte

Sabato pomeriggio sono stato alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, dove ogni tanto vado a fare due passi tra la bellezza (per chi non c’è mai stato: non siamo ai livelli stratosferici di Roma o Firenze, ma Carracci, Giotto e la Santa Cecilia di Raffaello meritano una visita). Ci arrivo gongolante perché, dopo anni di orari impossibili (tipo dal lunedì al venerdì 8-12), finalmente i musei hanno ampliato la loro offerta: si può andare alla pinacoteca tutti i giorni tranne il lunedì dalle 9 alle 19. Però…c’è un però. Siamo pochi, mi spiegano alla biglietteria. Niente aula magna, ci sono dei lavori. Ah. Vabbè. Peccato. E niente Giotto. Ma perché? Siamo pochi, le ho detto, non possiamo tenere aperte tutte le sale. Se ne approfitta fra un po’ un collega apre il barocco. Il rinascimento invece è chiuso, ma lo riapriremo alle 17. E Giotto? Giotto no, non se ne parla. Ma si sa quando lo riaprirete? Dipende, alcuni colleghi hanno l’influenza, ad altri hanno dato il part-time…ci arrangiamo giorno per giorno…Decidiamo volta per volta. Provi a ripassare. Ho fatto un giro tra ciò che mi hanno fatto vedere, sbirciando i corridoi chiusi e aspettando che un custode chiudesse il barocco e aprisse il rinascimento. Chissà quando potremo rivedere Giotto. Esco per strada, c’è un sacco di gente che fa shopping, vorrei dire a tutti che hanno chiuso i capolavori di Giotto in una stanza al buio perché non c’è personale. Ma ho la triste impressione che non importi granché a nessuno, ed è un’impressione davvero triste.

40 morti e ottantadue feriti

40 morti e ottantadue feriti. Un bilancio spaventoso, non c’è che dire, anche per chi soffre un po’ di assuefazione da cifre tragiche. Non è il risultato di una sciagura imprevista o di un incidente, non è un nuovo morbo né il risultato di un conflitto criminale. 40 sono le persone morte, dal settembre 2004 a ieri, a causa della caccia, la cui turpe stagione si chiude a gennaio. Non sto parlando dei 150 milioni di animali uccisi, di cui pure mi dispiace, ma di persone, che per errore, imprudenza, incapacità, stupidità, sono state uccise durante battute di caccia, colpite da proiettili vaganti.
Faccio solo una riflessione. Io non so che soddisfazione dia tornare a casa con il cadavere insanguinato di qualche uccellino spennato; non riesco a comprendere l’emozione di svegliarsi la mattina presto, fare un bel po’ di strada e aspettare ore con un arma impugnata in mano, in religioso silenzio, quando si potrebbe trascorrere quel tempo a passeggiare chiacchierando; non sono capace di considerare un’attività sportiva quella di chi si rilassa seminando morte. Ma questi sono limiti miei. Se però quaranta persone non si sveglieranno più per colpa di questa, come dire, difficilmente comprensibile passione, allora bisogna che a riflettere sia la comunità, e in fretta anche. C’era un tempo in cui l’uomo doveva cacciare per nutrirsi, doveva vivere nelle caverne per difendersi dal freddo, doveva muoversi vicino a fiumi e stagni per abbeverarsi. Oggi viviamo in case riscaldate e abbiamo l’acqua dal rubinetto. Perché cacciamo ancora?

Bisogna saper vincere

Son morto con altri 100,
son morto ch’ero bambino
passato per il camino, e
adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz c’era la neve,
il fumo saliva lento
nel freddo giorno d’inverno,
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz tante persone,
ma un solo grande silenzio.
? strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento.


(F.Guccini)


Dedicato a Paolo Di Canio e a chi non riesce a sorridere di fronte a certi gesti.

Ciao ciao 2004, non ci mancherai

Caro 2004,
non sei stato un anno particolarmente fortunato. La guerra in Iraq, le tempeste tropicali, i conflitti mai sopiti in Africa, il trionfo di Bush, la lenta eutanasia della democrazia in Italia e la svolta verso il regime dolce. Ma se anche tu fossi stato un anno bello, questi ultimi giorni di tragedia sarebbero bastati a rovinare il ricordo, come una pennellata sbagliata che rovina un affresco, come un retrogusto amaro che resta dopo un pranzo. Addio 2004, non ti abbiamo voluto molto bene, nè tu ne hai voluto a noi. Ci piacerebbe che con te ti portassi via la tragedia del maremoto, i conflitti, i politici interessati, le torture, le violenze sulle donne, il lavoro dei bambini. Ci piacerebbe, perché no, che ti portassi via anche la televisione deficiente dei pacchi truccati, dei reality show e dei mostri di silicone. Non è possibile, lo sappiamo, non hai valigie abbastanza capienti. Se però, prima di partire, dovessi incrociare quei cretini che pretendono di non rinunciare al viaggio alle Maldive prenotato, e che magari esigono anche la massima efficienza da parte di ristoranti e degli alberghi: se dovessi incontrate questa sottospecie di umanoidi, sputagli in faccia da parte nostra. Cosa ti costa? Tanto poi scappi via, caro 2004. Chi vuoi che venga a riprenderti?