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Tutti al mare

Il giovane papà sa che la prova del mare sarà una delle più faticose che sarà chiamato a compiere.
D’altronde ha avuto tutto l’inverno per temprarsi, prepararsi, allenarsi. Tanto per cominciare liberiamo il campo da vecchie abitudini da marito in ferie: niente giornale la mattina, colazione sì ma di fretta, toilette limitata al minimo indispensabile che il bagno serve.
Poi si parte, e si lasciano a casa libri da leggere sotto l’ombrellone, radio, enigmistica.
Non servono.
Non più.
Sostituiti da braccioli, salvagente con mutandina, salvagente senza mutandina, formina, formina di animale, formina di fiore, paletta destra, paletta sinistra, secchiello, secchiello d’emergenza, barile di crema solare, merenda, cappellino, cambio. L’elenco è incompleto, diciamo che qui ne è stato riportato un dieci per cento scarso. E poi sedie (il papà ha sempre usufruito di una semplice asciugamano, la stessa con la quale si asciugava, ma per i figli la sedia e la stuoia sono il minimo), palloni, borse grandi più o meno quanto quelle degli scalatori del K2.
Il papà si carica volentieri come un mulo e si avvia ansimante alla spiaggia, e non sa ancora che quella sarà la parte migliore della giornata al mare.

Contrasti

Il giovane papà dovrà da subito abituarsi ai forti contrasti, perché è di ciò che si riempirà la sua giornata.
La tenerezza di avere il figlio tra le braccia che si addormenta sereno e la prontezza di riflessi di girarsi di scatto prima che l’angioletto provi a cavargli un occhio come fa scientificamente con le bambole.
L’allegria di un pranzo tutto gridolini e smancerie, e il sangue freddo necessario a recuperare ciò che resta di quel pranzo dopo il transito intestinale: ci saranno gridolini anche lì, ma se macchiarsi la camicia di sugo nella fase input è un peccato, macchiarsela dopo nella fase output è una disdetta.
O è bianco e nero, per il giovane papà, i toni di grigi sono scomparsi, evaporati come rugiada al primo sole del mattino, o come piasciatura sul pantalone di velluto dopo la lavanderia.

Guadagnarsi la pagnotta

Non sono uno di quei papà che aspetta con ansia le prime frasi dotate di senso compiuto, il primo giro in bicicletta dell’erede, il primo disegno comprensibile.
Quelli sono momenti importanti che verranno in seguito, e saranno bene accolti. Per il momento, mi sentirò realizzato quando riuscirò a spiegare a mia figlia che con quello che costa il nido, sarà bene che ci dorma il meno possibile (alla faccia delle educatrici che vorrebbero riporre i pargoli nel lettino e silenziarli) e che soprattutto ci caghi almeno un paio di volte.
In attesa del vasino (non vedo l’ora), che le tate si guadagnino la pagnotta.

Ci vuole un fisico bestiale

C’è un periodo della tua gioventù in cui cerchi di mantenerti in forma perchè pensi che ti farà fare bella figura con gli amichetti in cortile.
Crescendo corri e salti perché vuoi entrare nella squadra di pallacanestro della tua classe.
Poi da adolescente ci tieni a impressionare la tua compagna di liceo facendole vedere come stai bene con i calzoncini corti, e all’università non essere sovrappeso è una questione di status symbol (molto facile da raggiungere a dire il vero, considerando la vita parca di un universitario fuori sede).
Tutti questi sacrifici in realtà servono a poco: in cortile c’è quello grosso che fa valere i suoi chili nello scontro fisico, nella squadra di pallacanestro c’è quello alto che ti stoppa, le compagne del liceo dopo cinque minuti di partita scompariranno dagli spalti con il compagno di classe che non fa sport, fuma e c’ha già la pancia da birra, ma fa così maledetto.
Sacrifici che servono a poco, dunque, fino a che non raggiungi la paternità. Infatti è allora che ti serviranno riflessi pronti, intuizione, scatto, fiato, presa pronta e resistenza al dolore. Per stare dietro a tua figlia, infatti, serve un’atleta, e di quelli bravi. Finalmente tutti i tuoi sforzi per mantenerti in forma hanno un senso, proprio adesso che il tuo fisico comincia a cedere su più fronti…

Addormentamento

L’esperienza di giovane padre legata a numerose prove di natura sperimentale costellate di insuccessi e infortuni mi ha spinto a condividere questi suggerimenti sull’addormentamento più o meno forzato dei minori.
Partiamo con la premessa che qui si esclude l’utilizzo di sostanze stupefacenti per stordire definitivamente i giovani cucciolotti così come si è deciso di mettere al bando la pura coercizione fisica, per altro dagli esiti non sempre effiaci.
Dunque, cominciamo col suggerire di evitare di proporre troppo presto un ambiente buio: non scopriamo le carte troppo in fretta, lasciando capire le nostre intenzione alla cara bestiolina che reagirà sbarrando gli occhi come fanali di tir in galleria. Proponiamo in forma giocosa di passeggiare per le stanze, portando lentamente il tesorino in una posizione conciliante, con fermezza ma facendo ben attenzione a dissimulare i nostri obiettivi.
A seconda delle caratteristiche dell’erede, la posizione può essere frontale rispetto al genitore (posizione classica), con guancia poggiata alla spalla, oppure parallela (posizione dinamica) con la schiena del piccolo poggiata al nostro petto. In questo secondo caso, invitate il tesorino a sporgersi in avanti: dopo un po’ la fatica di tenere su collo e splle lo inviterà a più moderati intendimenti. Conclusa questa fase ci si può dirigere – solo allora – in una stanza più buia, che tanto si sarà ormai fiaccata la prima batteria difensiva dei feroci pargoletti.
Qui si abbraccia il piccolo in posizione classica di Pietà michelangiolesca, per intenderci, con un braccio dietro al suo collo lasciandogli libere le braccia (la cattività è pericolosa perché genera furiosi risvegli). Si procede dapprima con movimento oscillante: il genitore si muove sul fianco ruotando da destra a sinistra con un certo piglio. Il passaggio è fondamentale perché solo con un movimento determinato si ottengono le prime chiusure degli occhi. In alcuni soggetti è stato evidenziato un miglioramento della fase dell’addormentamento in presenza di ninna nanne prive di senso e dal ritmo piuttosto sbilenco.
A questo movimento segue quello basculante, in cui il genitore si inchina in avanti e torna indietro, facendo bene sia a non schiacciare il bebè, sia – nel caso di figliolanza ben pasciuta – a non rimetterci l’ernia. I due movimenti oscillante e basculante possono essere alternati a piacimento.
Non lasciatevi illudere dall’immobilità dei piccoli fedifraghi: sono portati spesso a barare, infatti, mostrando un’ìnattesa attitudine al movimento non appena deposti nel lettino. Solo quando la regolarità del respiro ci assicura delle loro reali condizioni, possiamo avvicinarci all’agognato obiettivo, sempre che nel frattempo non sia stato il genitore ad addormentarsi, come purtroppo documentato in alcuni casi critici.

Il papà multi-tasking

La parola d’ordine per il giovane papà è ottimizzare i tempi. Proprio come nelle aziende più avanzate o nelle comunità più complesse, nemmeno un secondo dovrà essere sprecato, considerando il numero esorbitante di essi che verrà inghiottito nel baratro della prole.
Per cui il giovane papà si attrezza e fa esperienza sulla propria persona del multi-tasking: legge il giornale e contemporaneamente guarda il suo telefilm preferito (e finalmente capisce perché le fiction hanno tanton successo: si riescono a seguire anche svolgendo contemporaneamente altre tre attività).
Chiude le finestre e contemporaneamente cerca di far addormentare il pupo. Prepara la roba per il giorno dopo e contemporaneamente si lava i denti (molto comodo lo spazzolino elettrico, ma attenti alle gocce sul petto).
L’ultima frontiera del giovane papà è Internet. Grazie al wireless, può aggiornare il suo blog in bagno mentre adempie a funzioni fisiologiche primarie.
Facendo però bene attenzione che la webcam sia spenta, ché sarebbe imbarazzante.