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Giovani papà invecchiano

Barbapapà – anni 70 – era un vero capofamiglia rispettato. Papà Pig – anni 2000 – è un imbecille deriso da tutti i familiari. Nella rappresentazione della figura paterna nei cartoni c’é la chiave per comprendere il declino dell’impero culturale occidentale.

Gara bimbi e bimbe, bisogna raccogliere in fretta palline colorate. Le bambine vincono sempre perché raccolgono le palline mentre i maschi corrono e scalciano gridando ugh! ugh! So già che sarò un suocero rompiscatole…

Lezione del giorno per mia figlia: il limone è molto simile al clementino ma decisamente meno socievole.

Sono sempre più intimamente convinto che prima dell’homo erectus venne la mulier erecta che si mise in piedi per raggiungere più agevolmente i giocattoli della sorella.

Il calcio è uno scontro cuore a cuore (cartoni animati giapponesi…)

Immagine tratta dal sito www.raigulp.rai.it. Tutti i diritti del proprietario
Immagine tratta dal sito www.raigulp.rai.it. Tutti i diritti del proprietario

Appartenete a quella generazione che si domandava come mai i campi di calcio di Holly e Benji fossero così lunghi da risentire della curvatura del pianeta? Vi siete mai chiesti dov’è che trasmettono partite di bambini in mondovisione, con tanto di pubblico e commentatore? Avete provato almeno una volta ad arrampicarvi sulla traversa per poi segnare in rovesciata?
Cari miei, la nostra generazione, profondamente turbata dalle evoluzioni dei giovani campioni del mondo giapponesi (Il Giappone campione del mondo? Ma di che? Di Sudoku estremo?) è superata.

Stamattina, mentre facevo colazione, sono stato letteralmente folgorato da un cartone animato trasmesso da Rai Gulp, che stava seguendo mia figlia: Inazuma Eleven.
All’inizio ci sono i soliti ragazzini variopinti che giocano in un campetto di periferia. Niente spalti gremiti, niente commentatori, sono quasi stupito da questa scena neorealista. Unica eccezione in nome della parità tra i sessi, stavolta giocano anche bambine, e giocano anche piuttosto bene: non è per fare il solito maschilista, ma già questa scelta mi sembra inverosimile.

Improvvisamente, da dietro l’angolo, appaiono un campione argentino, uno brasiliano, uno italiano (mi pare si chiami Paolo Bianchi, almeno nell’adattamento italiano) che chiedono di aggregarsi al gruppo. Che so, avranno preso un volo low-cost, tempo di fare un salto al campetto in Giappone, per l’ora di cena saranno di nuovo a casa. Con lo Shuttle. Ma insomma, siamo ancora a livelli più che accettabili per un cartone giapponese (non dimentichiamo che Mazinga Z usciva da una piscina le cui acque si aprivano in due che manco Mosè, alla faccia dei vasi comunicanti).
Comincia la partitella, e capisco subito che no, non ci siamo. Il portiere infatti non para. Grida “Scudo di energia evoluzione 1”,  diventa paonazzo, una specie di raggio alla Jeeg Robot d’acciaio genera una calotta che respinge il pallone.

Sticacchi. Altro che respinta di pugno, solo mi domando se gli spettatori di Sky accetterebbero di essere accecati tutte le volte che il portiere fa sta mossa.
Ma il bello deve ancora venire.
Due amichette del gruppo, che avevano scioccamente accettato due braccialetti da due vecchi capelloni (il vecchio capellone è una delle cifre espressive del cartone giapponese, evidentemente non conoscono allopecia da quelle parti), vengono infatti rapite via da un fulmine. La spiegazione è ovvia. Sono state rapite da due popolazioni di extraterrestri che abitano su una montagna lì vicino. Talmente vicino che i nostri eroi la raggiungono a piedi in cinque minuti (non c’è nemmeno bisogno dell’autobus).  Se solo il povero Giacobbo avesse saputo che gli extraterrestri abitano nella prima periferia di Tokio, e per raggiungerli basta una scampagnata!
Tralasciamo la parte ovvia che non ci sono genitori, né forze di polizia, e che ovviamente anche questi extraterrestri sono tutti bambini di scuola media. Tralasciamo il fatto che abbiano rapito le due ragazzine per sacrificarle e placare un demone, anche questo è ovvio. Il bello deve ancora venire. Come si decide la sorte delle due fanciulle? Ma con una partita a calcio, ovviamente. Anche gli extraterrestri (ma mi pare che nella versione originale fossero angeli e diavoli: la traduzione italiana ha scelto una versione che non irritasse il Vaticano; Voyager indagherà) infatti amano questo sport.
La partita neanche ve la racconto. Tutto un susseguirsi di “Zona Micidiale”, “Tornado di fuoco”, “Torre inespugnabile”. Insomma una specie di incantesimi a metà strada tra Harry Potter e Goldrake.
Il campo degli angeli è in ottime condizioni, erba verde e cielo azzurro, tre spettatori in croce, ma i nostri vincono, grazie anche al gol dello straniero Paolo Bianchi (e vai!). La fanciulla è salva. Ora tocca andare a salvare l’altra sconfiggendo i demoni, e non è difficile pronosticare un’altra vittoria. Temo che me la perderò.
Ho nostalgia di Holly e Benji.
Chiudo con un paio di citazioni che vorrei voi tutti appuntaste sulle vostre agende:
“Le mie gambe desiderano solo questo: correre per salvarti”.
“Il calcio non è solo questione di tecnica. Il calcio è uno scontro cuore a cuore”

Si può sapere dov’è il papà delle Winxs e perché non riporta a casa le sue figlie?

Immagine tratta da Winxs Club http://www.winxclub.com/. Copyright Rainbow Srl.

Una delle differenze tra un uomo qualunque e un papà è che un uomo qualunque quando guarda in televisione ragazze poco vestite ne trae – generalmente – immediato giovamento. Un papà invece pensa a sua figlia vestita così e si incaxxa.
Queste Winxs, per esempio, Natasha, Samantha, Pamela e Jessica (non si chiamano così, ma non ricordo i nomi veri). Ai miei tempi per vedere un cartone animato in abiti così succinti bisognava aspettare il Playboy Late Show, che ci infilava sempre un’ inchiesta verità sui Manga giapponesi per adulti, con una con la faccia di Candy Candy che faceva la doccia di spalle*.
Dico io, queste Winxs, le avete viste? In confronto Valentina di Crepax era una figlia di Maria un po’ bigotta. Pancia nuda sempre in vista, manco a dirlo, cosce in libertà e microtanga in spago sottile. Quest’ultimo dettaglio è un’invenzione mia: a dire il vero a giudicare dell’aderenza dei vestiti delle Winxs è evidente che le nostre non indossano biancheria intima. (Ho controllato le bambole di mia figlia: è tutto vero, non ci sono mutande ma solo episodi di bodypainting che coprono le pudenda con un colore azzurro chiaro).
Poi c’hanno tutte il fidanzato, queste qua, tutti ‘sti ragazzetti impiccioni con la bandana al collo e i capelli mechati, roba da far riacquistare dignità virile anche al povero Ken, per decenni accusato ingiustamente dalla mia generazione di essere l’amico gay di Barbie. Ma andate a giocare a biglie o a scambiarvi le figurine dei calciatori, voi altri, invece di passare il tempo sotto il palco ad applaudire le Winxs!
Ma ce l’hanno, un papà, queste Winxs? Quand’è che finalmente farà il suo ingresso nella serie, riportando a casa quelle scostumate delle figlie e gonfiando come canotti quei buzzuri dei loro pretendenti depilati?

* La faccia si vedeva, ma di sbieco. E comunque noi maschietti non guardavamo la faccia.

 

 

Il papà in 3d

Il giovane papà trae le sue soddisfazioni più impensate da piccoli momenti, perché per quelli grandi non c’è più spazio.

Ride delle battute di un comico in tivù mentre stira l’ennesimo completino (ma quanti ne ha?), quasi si commuove a risentire alla radio una vecchia canzone della sua adolescenza mentre prepara il latte in polvere, riesce a guardarsi un film in quattro spezzoni utilizzando un po’ la tivù, un po’ il cellulare, un po’ il computer, approfitta del sacrificio della giovane mamma per scarabocchiare qualcosa sul suo blog impolverato, scopre che, se ben equilibrato tra le due braccia, anche il trasporto della secondogenita può essere un esercio per i tricipiti, gode come un riccio nel gustarsi uno yogurt che non è salutista, non è economico, fa ingrassare, non è probabilmente solidale ma cacchio, quello bianco naturale mangiatevelo voi.
Ma sopratutto sa che qualcosa di più importante ha riempito la sua vita e pazienza se non può scrivere, correre o dormire più quanto prima, non saranno in molti ad accorgersene.
Il giovane papà capisce che la vita è tridimensionale perché i momenti più piccoli possono essere molto profondi.

La bocca di papà

Più o meno tutti sanno che i bambini attraversano una fase “orale” in cui scoprono il mondo attraverso la bocca: oltre alle dita e al succhiotto infatti i bebé sono tendenzialmente portati ad assaggiare un po’ quel che capita, con conseguenza anche serie se il papà ha lasciato in giro la scatola degli attrezzi o le pillole del nonno. Ebbene, quella fase orale può ritornare decenni dopo, quando il giovane papà si rende conto che la bocca può avere un ruolo determinante nella propria sopravvivenza.

Intanto la si può usare per afferrare le chiavi, anche più mazzi per volta – meglio se il portachiavi è di plastica – mentre con una mano spinge il passeggino e con l’altra afferra l’ombrello. Lo stesso ombrello può essere trasportato grazie ad una mascella decisa, a patto che non abbia il manico ricurvo perché può generare rigurgiti inattesi. Un buon papà sa anche aprire il cancello con il telecomando con un abile lavoro di incisivi e labbro inferiore, e può allontanare il telecomando dalle grinfie della prole anche se cambiare canale per ora è troppo impegnativo.

La bocca è un prezioso alleato anche durante il cambio (occhio però alle creme idratanti perché il tubetto può lasciare tracce e non sempre hanno un buon sapore) ed è anche appurato che con un bebé in braccio e la sorellina afferata con l’altra mano l’unico modo per raddrizzare la bavetta (o bavaglino come dicono “quassù”) è proprio intervenire con un colpo secco evitando ritorni palatali.

Resta un serio problema con l’utilizzo del mouse, ma ci sto lavorando.

Quando lo spot è dentro il film

Tratto dalla locandina originale del film. Tutti i diritti dei rispettivi proprietari.

Ho visto con mia figlia il film dei “Puffi”.

Ovviamente, quando guardi un film con un piccolo, ti accorgi di alcuni aspetti che da solo ti interesserebbero meno, e mi riferisco in particolare al product placement. Il film dei Puffi ha alcune gag divertenti (benché il migliore attore sia il gatto Birba, che è animato al computer), una storia sui sani valori della famiglia, la solita New York da cartolina, effetti speciali adeguati e il solito rapporto tra personaggi animati e creati al computer che ormai, dai tempi di Roger Rabbit, non ci meraviglia più.

Il problema è che l’invadenza degli sponsor è ossessiva! Il product placement si riferisce infatti alla possibilità di mostrare un prodotto durante il film con l’obiettivo di farne pubblicità, in cambio di finanziamenti. Nei film anni settanta di serie B non mancava mai, per esempio, una bottiglia di Fernet Branca. Ma un conto è che, all’interno della storia, un personaggio debba prendere un auto, il regista gli fa prendere l’auto dello sponsor. Nel caso del film, il protagonista è dotato di cellulare Experia della Sony, e non manca di mostrarlo. Vabbe’. Un conto è costruire un’intera sequenza solo per inserirci uno spot fittizio! Nella fattispecie, ad un certo punto i Puffi e si mettono a giocare con la Playstation (a suonare, per l’esattezza, con Guitar Hero)! Per non parlare della scena in un negozio di giocattoli, in cui mancano solo i prezzi e l’indirizzo email dove inviare gli ordini!

Mi aspettavo che da un film del genere si cercasse di vendere pupazzi dei Puffi (sono cresciuto con quei pupazzetti di plastica che si collezionavano per ragioni incomprensibili), ma questo via vai di Sony Vaio, Sony Playstation, Sony Experia e chi più ne ha più ne metta mi ha lasciato interdetto. Anche perché quando una pubblicità interrompe un film puoi cambiare canale, quando la pubblicità è dentro il film, fai un po’ più fatica.