Se dovessi raccontare ad un ragazzino della crisi economica di oggi, gli chiederei se è mai stato in pizzeria con gli amici.
Gli sarà capitato di trovare l’amico, chiamiamolo così, che pretende di essere escluso dal conto comune perché si è limitato ad ordinare una pizza margherita poco condita. Ognuno per sè, avrà sbraitato, figurati se io pago per le patatine, ne ho prese solo una decina.
Allo stesso "amico" poi capiterà un’altra seradi ordinare pizza al tartufo, stuzzichini di caviale e da bere un Barolo del 68: al momento del conto troverà offensivo che qualcuno possa anche solo pensare che non si paghi alla romana. Pensateci, a tutti purtroppo è capitato di conoscere persone di tal fatta.
Un compagno di uscite così te lo ricordi.
Ne fissi il viso, il comportamento, i modi di fare.
Prima o poi lo mandi a…defecare,
E poi lo eviti, se puoi.
Ebbene, direi a quel ragazzino che molti imprenditori – appoggiati da una classetta politica benevolente – in questi anni hanno sbraitato "ognuno per sé", ripetendo che non volevano pagare né per le patatine né per le pizze più care degli altri.
Meno stato, più mercato, gridavano, ve li ricordate? Il neoliberismo ci salverà, solo il mercato si autoregolamenta, dicevano, meno tasse, più soldi per tutti.
Adesso che il conto da pagare è salatissimo, soprattutto per loro, vogliono fare alla romana. Adesso l’intervento dello stato è un imperativo categorico, adesso tutti diventano dirigsti che pretendono l’intervento delle risorse pubbliche.
Insomma spiegherei al ragazzino che quei politici e quegli imprenditori vogliono che noi paghiamo i loro tartufi e il loro caviale. E ci stanno riuscendo bene, anche.
Che dire? Gente così ve la ricordate, ne fissate il viso, il comportamento, il modo di fare. Quando le cose torneranno ad andare bene, vedrete che torneranno a gridare meno stato, più mercato. Io come minimo gli auguro che il caviale gli auguri un cagotto settimanale.
Se voi volete aggiungerci anche delle conseguenze emorroidali, fate pure.
Poi perà ricordiamoci delle loro facce, ed evitiamoli.
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Il successore designato
Due milioni di americani a Washingthon per festeggiare il primo presidente di colore della storia americana. Fotografi, telecamere, l’abbraccio della folla, un momento indimenticabile per il neopresidente e per il suo staff al completo. Per tutti, tranne che per uno: Robert Gates, il segretario alla difesa e successore designato. In caso di attacchi terroristici o disgrazie che vedano coinvolti Presidente, Vicepresidente e tutte le altre alte cariche, il successore designato infatti è chiamato a sostituire il presidente.
Per questo motivo lui deve starsene al sicuro, rinchiuso in una base militare segreta. Niente video, niente festa, niente foto. Quando suo figlio gli chiede: e tu dov’eri? Lui deve rispondere: non posso dirtelo figliolo, se te lo dicessi sarei costretto a sopprimerti: è un segreto militare.
E non solo per questa occasione: tutte le volte che cerimonie imporanti coinvolgeranno presidente e vice, lui se ne dovrà stare rinchiuso nella base a rosicare.
Sì perché tanto non è mai successo che il successore designato salisse al potere, anche se sospetto che alcuni di loro, rinchiusi nelle loro basi segrete, l’hanno sperato…
I nuovi rockettari
Ho letto sul giornale che il 2009 sarà l’anno del ritorno delle rock band.
Mi sono incuriosito: a parte le tristi reunion di Guns’n Roses e altri gruppi che raggranellano quattrini sulle ali della nostalgia, non riesco proprio a spiegarmi che i più giovani riscoprano il basso di Steve Harris, gli assoli melodici di Richie Sambora o la voce calda di Steven Tyler. Sarà che sono orgoglioso dei miei anni ottanta, sarà che non vedo futuro per acquista i cd di Tiziano Ferro.
Ebbene, il motivo del ritorno del rock non sarà una nuova ventata rivoluzionaria o trasgressiva, ma i videogiochi. In particolare Guitar Hero, il videogame che permette di simulare di suonare una chitarra elettrica.
E questi sarebbero i nuovi rockettari?
Giovinastri che gridano davanti ad una playstation?
Debosciati che nemmeno riescono a suonare davvero?
Asociali brufolosi chiusi in stanza a fingere di essere musicisti di successo?
Benvenuti, ragazzi.
La grande famiglia del rock ha accolto depressi ed eroinomani, non vedo perché dovremmo fare storie voi…
Spot o ricerca?
Leggo che tre bicchieri di vino aumentano il piacere sessuale, favoriscono l’erezione e rallentano l’eiaculazione. Che meraviglia! E poi prevengono l’arteriosclerosi, l’andropausa, prevengono il tumore alla prostata. Ma cavolo, allora quegli alcolizzati che si incontrano a volte per strada devono essere dei Casanova! Magari barcollano perché sono sfiniti dal continuo adempiere delle loro arti amatorie!
A dirlo non è uno spot del vino in brik, ma addirittura una ricerca di una prestigiosa Università italiana! C’è da crederci, allora?
Ma siccome sono sospettoso, cerco di capirne di più, e scopro – ahia – che la sostanza miracolosa è contenuta soprattutto nella buccia degli acini: perché non dire – ahi ahi – che l’uva fa bene, più che il vino? Leggo poi – ahia – che la ricerca non è stata presentata su una rivista scientifica o durante un convegno internazionale tra medici ed esperti dell’alimentazione, ma ad una manifestazione che già dal titolo – ahi ahi – si mostra un tantino di parte: "Vino e salute".
E chi c’è dietro la manifestazione? Un’associazione che si occupa di promuovere il Chianti.
Insomma, il sospetto che le università, a corto di fondi, sempre più spesso si prestino a ricerche compiacenti nei confronti dei committenti, è abbastanza triste. Scacciamolo via.
Ma nel frattempo, più che tre bicchieri di vino, facciamoci il vecchio zabaione.
Nel dubbio, almeno evitiamo la cirrosi.
La sindrome del budget
Ci sono tanti modi più o meno sofisticati per capire quello che sta succedendo in America e che presto raggiungerà il resto del mondo.
Banche che falliscono, famiglie per strada dopo aver perso la casa…
Si tratta dei sintomi di una patologia moderna del sistema dei servizi: la sindrome del budget. Il budget è un obiettivo che le imprese si danno e che nella maggior parte dei casi è annuali. Entro la fine dell’anno dobbiamo aver raddoppiato il fatturato. Entro due anni la nostra redditività deve essere cresciuta del 20%. E così via. In confronto i piani quinquennali di staliniana memoria erano bazzeccole da principianti. Che male c’è se un’azienda dei servizi si dà degli obiettivi? Nessuno. A parte il fatto che
- questi obiettivi sono quasi sempre sovradimensionati, perché nessuno vuol crescere meno dei concorrenti, e questo genera una reazione a catena
- questi obiettivi generano un effetto domino che parte dalla direzione aziendale e coinvolge il management, poi le sedi sul territorio, poi le succursali, poi i reparti operativi.
Il risultato è che il bancario, o il dipendente di una finanziaria, o il responsabile di una telecom deve necessariamente raggiungere un certo numero di contratti entro la fine dell’anno. Se non lo fa niente premio di produzione, nella migliore delle ipotesi; posto perduto nella peggiore. Ed ecco che il nostro uomo comincia per forze di cose a sottovalutare i rischi, a concedere il mutuo ad una persona non troppo affidabile, e a costruire su quel mutuo una piramide di servizi accessori quali assicurazioni, investimenti derivati, aperture di conto…
L’ansia ossessiva del budget può accecare il più equilibrato degli operatori, può fare aprire contratti ADSL a vecchiette novantenni che a malapena usano il telefono, può caricare di inutili servizi accessori il conto corrente di un operaio che lo usa solo per ritirare lo stipendio, può concedere un mutuo superiore al valore della casa.
Fate bene attenzione, anche il settore industriale ha i suoi budget. Ma nessuno può chiedere ad un operaio di costruire dieci autovetture all’ora, da solo, senza passare per pazzo. Ai bancari questo è stato chiesto.
L’hanno fatto, e bene, per parecchi anni, raggiungendo i budget sempre più "sfidanti" (nel gergo si dice spesso così, con una pessima traduzione dell’inglese challenging). Inventando nuovi prodotti e perfezionandone di vecchi. Con una creatività che ha gonfiato i risultati su una pila di carta sempre più lontana dall’economia reale.
E i risultati li vediamo….
Stanno raccogliendo la legna
Il lungo percorso a ritroso – cominciato qualche anno fa con il nuovo papato – che sta riportando la chiesa in pieno medioevo (senza passare dall’odiato illuminismo scavalacato a piè pari) ha avuto in questi giorni un ulteriore accelerata.
La fonte è una “pensatrice” dell’Osservatore Romano che nella sostanza ha detto che la morte cerebrale non è più morte, e così la facciamo finita con il trapiano di organi, che a certi prelati del Vaticano non è mai piaciuto troppo.
Tutti attaccati alla spina, allora, finché un corto circuito non apra finalmente le porte dell’al di là ai mal capitati, con un balzo all’indietro di sessant’anni della dottrina della chiesa.
Non sono un medico e non posso approfondire l’argomento, ma quando quaòche pensatore del quotidiano vaticano comincerà a proporre di raccogliere legna e portarla in piazza per punire l’eresia, non dite che non vi avevo avvisato…