Fino a dicembre tutti i canali sono gratis. L’auto è tua e non paghi fino ad aprile. Utilizza tutti i nostri servizi, è gratis fino a Natale.
Sì d’accordo, siete molto generosi, mi fate un sacco di proposte invitanti. Ma dopo? Cosa succede dopo?
Io voglio sapere se mi ritroverò una mazzata, un contratto capestro, un abbonamento che si rinnoverà automaticamente per sette generazioni, un finanziamento con il tasso del 35%.
Voi uscireste con una bella ragazza che vi dice “sono una gnocca fino alle 23”? E dopo? Diventi un rospo? Ti cresce la barba come ai licantropi?
E vi fidereste di un medico che vi dicesse prenda questa medicina, starà sicuramente bene per tre giorni? E dopo, e dopo? Dopo muoio? Il dopo ci interessa, il dopo è il futuro.
Io starei attento a chi ci parla solo dell’uovo oggi, e non ci spiega del mostro domani: ci sono tanti mostri in giro, e non solo ad Halloween…
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Dacci una rubrica, Milena
Con questo mio post non voglio neanche lontanamente mettere in discussione la venerante adorazione che nutro nei confronti di Milena Gabanelli e in quello che fa con Report.
I servizi sono fatti bene, sono avvincenti, hanno ritmo, la giuste dose di ironia, coraggio.
Riescono a mantenere ascolti validi in prima serata in un palinsesto televisivo caratterizzato da tonnellate di gnocca più o meno diffusa ed esibita e volgarità elevata a status quo.
Però, Milena, Milena.
Mia cara Milena, ti parlo da adorante ad adorata, lo sguardo mesto e il capo chino. Lo so che a Taranto l’abbiamo fatta grossa. L’hanno, visto che io ci torno solo in vacanza e poi a dire il vero sono della provincia. Il fallimento è stato eclatante, così come la disastrosa situazione ambientale, la follia di chi vuole il rigassificatore accanto alla raffineria e ai container sudcoreani, che se proprio uno sbaglia manovra pazienza, una provincia in meno, in Puglia ce ne sono altre 5, si allarga un po’ il golfo. Insomma, siamo messi male.
Ma visto che ci citi praticamente tutte le volte, e una volta per l’inquinamento, e una volta per l’assenteismo, e una volta per le finanze dissestate, perché non dedicarci una rubrica? Invece della buona notizia, la rubrica che tira un po’ sul il morale ai telespettatori potrebbe intitolarsi: Meno male che non stiamo a Taranto.
Che ne dici? Non sarebbe che il primo passo verso un vero e proprio spin-off, una trasmissione tutta dedicata a Taranto. Risparmieresti sull’inviato, che potrebbe risiedere nella città dei due mari. Ogni tanto cambialo però sennò si intossica.
Pensaci, Milena. Oppure dimenticaci. Ma quella citazione, un bo’ buttata là, a tradimento, quando si parla di sfighe, no, non farla più, non ce la meritiamo.
Il cd brul? di Elio e le Storie Tese
Ieri sera ho comprato un cd e, devo ammetterlo, era da tanto che non accadeva.
L’ho comprato perché l’idea è semplice ma geniale, ed è una risposta alle case discografiche che si piangono addosso: il cd brulè di Elio e le Storie Tese. Appena finito il concerto, infatti, ci si può recare presso una bancarella con le magliette del gruppo (bellissima quella con la scritta “Autoerotismo” oltre che al doveroso tributo a Mangoni), e comprare a 12 euro un cd contenente le prime dodici canzoni… di quella sera.
Un live qualitativamente impeccabile, in cui ti riascolti,grazie a masterizzatori possenti e ottimi microfoni, lo spettacolo (o meglio la prima parte) a cui hai appena partecipato. Elio e le Storie Tese (a proposito, almeno una volta nella vita bisogna guardarli dal vivo) lo fanno già da tempo, ma solo ieri ho potuto testimoniare che l’iniziativa è davvero buona. Anche se merita una riflessione: se io ho ricevuto direttamente dai musicisti un cd con un’ottima resa e qualità audio (lontano anni luce dai bootleg di una volta) spendendo poco più di dieci euro e senza l’intermediazione di editore, produttore, direttore marketing, fonico, manager…
Siamo sicuri che tutta sta gente serva davvero?
Irene Grandi e i poveri
Nel suo ultimo singolo Irene Grandi manda tutti a quel paese, che brucino o finiscano sotto il tram, augura sciagure a mezzo mondo (anche di cattivo gusto, mi riferisco a quel “crolli il grattacielo”),ma in fondo glielo si può perdonare perché non si vedevano tanti congiuntivi corretti in una canzone dai tempi di Lindo Ferretti.
Quello che però è più difficile perdonarle è al sua idea di aiutare i giovani che non hanno niente spupazzandoseli a letto e facendo cose strane con i loro profondi amori. Idea che sa di buon selvaggio e di filantropismo allupato. Cara Irene, per aiutare i meno fortunati si può sostenere l’Amref o Emergenzy, Amnesty International o la Caritas e chissà quante altre associazioni benefiche.
Non c’è bisogno di esuberanza ninfomani
40 anni di Beatles
Quella del 68 è stata un generazione che ha avuto il merito di conquistare il dominio culturale "generazionale" sui loro genitori ed il demerito di non mollarlo più nè per i figli, nè, ormai, per i nipoti.
Quando parlo di dominio culturale mi riferisco alla capacità di conquistare spazio sui media, nella politica, nell’arte, in modo da imporre i propri gusti: i sessantottini smontarono secoli di musica "alta" e ci piazzarono i Beatles, trasformando in musica d’elite persino quei generi, come il jazz, nati nei ghetti poveri. Dopo vent’anni hanno cominciato con il revival, disprezzando la musica anni 80 dei loro figli (musica commerciale, musica vuota, musica usa e getta, vuoi mettere John Lennon). Vi ricordate i vari "Vent’anni dopo", "Sapore di mare", "Una rotonda sul mare"? Ora, quarant’anni dopo, uno potrebbe pensare che c’è stato un ricambio generazionale, che magari si ripropongono i programmi nostalgici, ricordando gli anni ottanta. Macché.
Sempre e comunque Beatles, di cui si festeggiano il quarantennale dell’uscita si Sgt.Pepper, sempre e comunque noi si che sapevamo vivere, noi sì che abbiamo cambiato il mondo, noi si che ci sapevamo fare. Ma basta! I Beatles sono stati un grande gruppo, ma questo non vuol dire che David Bowie, Queen, U2 e Rem (i primi che mi vengono in mente in un percorso post anni sessanta) non valgano nulla. Quando andranno in pensione i sessantottini che sui giornali si interrogano se siano meglio i Beatles o i Rolling Stones? Quando lasceranno cadere la penna gli sceneggiatori che ricordano e vivono solo di Piper, Bandiera Gialla e Woodstock? Secondo me è ancora presto.
Prepariamoci anzi ad un convegno "68, cinquant’anni dopo" fra una decina d’anni. A organizzarlo, sempre i soliti arzilli sessantottini inchiodati alla poltrona…
La pubblicit? rotonda il nonnetto mi sfonda
In questi giorni Bologna ? presa d’assedio dai pettorali dell’Arcuri. Con una campagna pubblicitaria aggressiva come non ne ricordavo da tempo, la Manuelona mostra il suo straripante davanzale agli automobilisti con una serie di cartelloni sparsi per la citt?.
Non solo i tradizionali 6×3, posti nelle posizioni strategiche per generare maxi tamponamenti: ma anche una sfilza di cartelli pi
Ebbene, la domanda che mi ronza in testo da qualche tempo ?: ma questi manifesti, hanno successo anche sulle donne, che poi sono il target primario delle campagne? A meno che non si rivolgano agli uomini affinch? regalino quella biancheria alle loro compagne (ma mi sembra contorta come strategia di marketing), non me li spiego.
Anche perch? io avr? visto decine di volte il manifestone dell’Arcuri (non sono un maniaco, giuro, ma ? davvero ovunque), e nemmeno mi ricordo che marca di lingerie pubblicizza. L’occhio umano seleziona, ed evidentemente quello maschile in questi casi non si sofferma sul marchio.
E quello femminile? Care lettrici, voi comprate la biancheria perch? la reclamizza l’Arcuri mezza nuda? Se ? cos?, i pubblicitari hanno ragione. Se non ? cos?, ditegli di smettere, prima che un vecchietto abbia un coccolone e mi finisca addosso con la macchina…