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La foto che crea l’evento

Montalbano di Zocca
Una foto scattata con lo smartphone e ritoccata con Pixlr-o-matic

Il mio primo cellulare con fotocamera integrata – devo avercelo ancora chiuso in un cassetto perché non so dove va buttato – faceva delle foto piccine, sbiadite e con un effetto foschia che attribuiva loro un tocco poetico senza bisogno di fotoritocco. Certo era emozionante avere sempre in tasca una macchinetta fotografica, ma fondamentalmente inutile. Tant’è che dopo i primi tentativi mi convinsi che quella funzionalità non fosse assolutamente necessaria.

Con gli smartphone di oggi il discorso è decisamente diverso. Prima di tutto perché le foto sono più belle, e non solo più grandi (non condivido l’ossessione per la risoluzione, quello che conta è la messa a fuoco, l’esposizione, il rispetto dei colori). Poi perché non ci vogliono complicati software e cavetti per condividerle, basta una connessione ed un click. E se non c’è paragone con i risultati non dico di una reflex, ma anche di una compatta (per ora è così, poche storie, in futuro vedremo) però cambia completamente il rapporto con la fotografia.

Perché fino a qualche tempo fa era l’evento a imporre la foto: c’è il compleanno del cuginetto? Foto. Scampagnata di Pasquetta? Foto. Pazienza se i soggetti erano mortalmente noiosi o se la scampagnata affogava in un nubrifagio. Ormai che hai comprato il rullino, scatta, no? Oggi no. Oggi la foto crea l’evento, perché tu puoi trovarti di fronte ad una scena divertente, ad un paesaggio imprevisto, ad un contesto che merita di essere immortalato, e click, fissarlo.
Basta non esagerare però perché è vero che una foto digitale non costa nulla, ma il tempo di chi guarda le vostre foto ha ancora un enorme valore e sprecarlo per 300 foto del cuginetto sarebbe un peccato…

Top-ten dei dieci comportamenti su Facebook che proprio non capisco

10) Quelli che pubblicano la foto del loro piatto appena servito al ristorante. Ma cacchio, metti via il cellulare e mangia che si fredda, no?
9) Quelli che usano la bacheca per messaggi molto personali. “Ricordati di passare a prendere Ciccio domani, e mi raccomando al ristorante prenota un tavolo vicino al bagno che c’è anche zio che c’ha la prostata”. Vabbe’ che Facebook è l’altare su cui si immola la privacy, ma usare una e-mail o la messaggistica di FB è così difficile?
8 ) Quelli che “ti taggano”, cioè segnalano la tua presenza in una foto o un articolo, ma lo fanno solo per costringerti a leggerlo, coinvolgendoti a volte in discussioni che si ripercuotono con decine di e-mail inutili nella tua casella. Se anche tu fossi Gabrel Garcia Marquez e avessi qualcosa da dire al mondo, sono io che devo venire a leggerlo nella tua bacheca, e non tu che me lo infili sotto l’uscio della porta di casa come i volantini delle pizzerie
7) Quelli che pubblicano brani interessanti e si dimenticano di citare l’autore. Tanto con google ci vogliono due click a smascherarvi, perché fare queste brutte figure?
6) Quelli che pubblicano delle foto di posti incantevoli e trovano disdicevole scrivere anche dove ca*** le hanno scattate, caso mai a qualcuno interessasse saperlo.
5) Quelli che ti chiedono quand’è il tuo compleanno tramite strane applicazioni, ma non si azzardano a chiedertelo di persona (o con un messaggio)
4) Quelli che ti propongono di fare amicizia con persone che non hai mai visto in vita tua, che difficilmente incontrerai e di cui tutto sommato non ti interessa granché
3) Quelli che da tre anni ti invitano a giocare a Farmville, continuate pure, per carità, chissa che al decimo anno non capirete che non mi interessa…
2) Quelli che pubblicano una bonazza (o un bonazzo) come foto del loro profilo. Eh eh, a chi volete darla a bere?
1) Quelli che usano la visualizzazione “Diario”, l’impaginazione web più brutta che si sia mai vista

Quegli odiosi “reader”

C’erano una volta i pdf da guardare online: documenti, giornali, ma anche volantini. Poi qualche genio ha pensato che per migliorare “l’esperienza utente” erano necessarie tecnologie che ricordassero la carta stampata. Ecco allora varie applicazioni basate su flash che permettono (addirittura) di sfogliare una pagina con un movimento del mouse, solo che mentre con il pdf bastava un click, adesso è un attimo e ti ritrovi venti pagine dopo, con un ingrandimento 300x su un dettaglio insignificante.

Passi il tentativo di proteggere i diritti d’autore (ma si può fare, e meglio, anche con il pdf), ma perché devo diventare matto per sfogliare anche il volantino di un supermercato? E poi perché adottare tecnologie scadenti solo perché vanno di moda?
Io non voglio fare le pieghe ad un giornale virtuale. Voglio leggere.

Ci vuol tanto a capirlo?

Quando il web marketing fa la gaffe…

Siamo tutti abituati alla pubblicità su Internet, che ora in maniera invasiva (quegli spot con il tasto chiudi invisibile) ora in maniera discreta (certi sono così intelligenti che ti viene voglia di cliccarci) ci permette di leggere i giornali gratis. E sono sempre più sofisticati gli strumenti che permettono agli investitori di scegliere il target, verificare il risultato, monitorare le vendite, con una potenza di calcolo che gli spot in televisione o gli spazi sui giornali si sognano.

Ogni tanto però qualcosa non funziona. O meglio, non funziona come dovrebbe. Leggo su repubblica.it un titolo che fa riferimento ai un drammatico episodio di cronaca in cui un proprietario di suv investe e uccide un pensionato dopo una lite per un posto auto. Clicco per leggere sull’articolo, e mi si spalanca davanti la pubblicità di una Toyota Rav 4×4. Un suv, appunto. Spero non quello dell’incidente (non so quale fosse il suv), perché sarebbe davvero troppo, ma insomma, i collegamenti semantici alle volte non funzionano al meglio.

E chissà che prima o poi non ci capiti la pubblicità di una macchina fotografica dopo un articolo di gossip o quella del parmigiano dopo un articolo sulla lega…

Perché non mi convince l’I-pad

Non ho mai nascosto di essere un amante delle nuove tecnologie, specialmente quelle legate alla comunicazione. D’altronde quello che state leggendo è un blog, non un volantino.

In particolare mi entusiasma la possibilità dei nuovi media di avere un ruolo attivo: non più soggetti passivi come per la televisione e la radio (per la lettura il discorso è più complesso), ma attori del processo comunicativo con un ruolo partecipe. Su Internet leggiamo, ma commentiamo, scriviamo, citiamo.

E produciamo contenuti: foto scattate con il cellulare, testi scritti con il netbook, video registrati con la videocamera o il cellulare, canzoni o discorsi registrati in mp3. Ebbene, tutto ciò non è possibile con l’I-pad.

Immagine tratta dal sito Apple. Copyriight Apple (c)

L’I-pad è, da un un punto di vista teorico, un passo indietro, perché di fatto è pensato per utenti passivi della comunicazione. Non ha la fotocamera, non registra, nemmeno permette il collegamento di questi accessori. E scrivere con quelle tastiere virtuali, non scherziamo, è più faticoso che digitare un sms. Avete provato a selezionare uno dei tasti di un word editor con le dita? Nonostante gli equilibrismi e il ritorno sulle scene del mignolo finalmente non relegato alla pulizia delle cavità auricolari, è difficile, suvvia.

Certo che ci sono applicazioni pensate ad hoc per questo strumento, ma l’impressione è che comunque il principio dell’utente passivo rimanga (non avendo un i-pad non ho certo potuto provare le migliaia di applicazioni, per questo parlo di impressione). E smettiamola poi con questa storia della portabilità, un netbook pesa poco di più… So che l’Ipad 2 dovrebbe risolvere molte di queste carenze, ma insomma, avrete capito che non mi troverete in fila per acquistarlo.