10) Quelli che pubblicano la foto del loro piatto appena servito al ristorante. Ma cacchio, metti via il cellulare e mangia che si fredda, no?
9) Quelli che usano la bacheca per messaggi molto personali. “Ricordati di passare a prendere Ciccio domani, e mi raccomando al ristorante prenota un tavolo vicino al bagno che c’è anche zio che c’ha la prostata”. Vabbe’ che Facebook è l’altare su cui si immola la privacy, ma usare una e-mail o la messaggistica di FB è così difficile?
8 ) Quelli che “ti taggano”, cioè segnalano la tua presenza in una foto o un articolo, ma lo fanno solo per costringerti a leggerlo, coinvolgendoti a volte in discussioni che si ripercuotono con decine di e-mail inutili nella tua casella. Se anche tu fossi Gabrel Garcia Marquez e avessi qualcosa da dire al mondo, sono io che devo venire a leggerlo nella tua bacheca, e non tu che me lo infili sotto l’uscio della porta di casa come i volantini delle pizzerie
7) Quelli che pubblicano brani interessanti e si dimenticano di citare l’autore. Tanto con google ci vogliono due click a smascherarvi, perché fare queste brutte figure?
6) Quelli che pubblicano delle foto di posti incantevoli e trovano disdicevole scrivere anche dove ca*** le hanno scattate, caso mai a qualcuno interessasse saperlo.
5) Quelli che ti chiedono quand’è il tuo compleanno tramite strane applicazioni, ma non si azzardano a chiedertelo di persona (o con un messaggio)
4) Quelli che ti propongono di fare amicizia con persone che non hai mai visto in vita tua, che difficilmente incontrerai e di cui tutto sommato non ti interessa granché
3) Quelli che da tre anni ti invitano a giocare a Farmville, continuate pure, per carità, chissa che al decimo anno non capirete che non mi interessa…
2) Quelli che pubblicano una bonazza (o un bonazzo) come foto del loro profilo. Eh eh, a chi volete darla a bere?
1) Quelli che usano la visualizzazione “Diario”, l’impaginazione web più brutta che si sia mai vista
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Arrivederci Vodafone
Una volta un mio amico per prendermi in giro mi disse che solo i televisori in casa mia non erano a marchio Coop.
La verità è che quello delle cooperative insieme a quello del commercio equo e solidale è l’unico marchio a cui sono davvero – come direbbero gli esperti – fidalizzato. E proprio in quest’ottica ho fatto un altro passo avanti, lasciando Vodafone per CoopVoce. Una cambiamento per me epocale perché erano dodici anni che mantenevo il gestore di telefonia in cui tutto ruota intorno a te.
Il motivo del cambiamento è, come sempre, economico: avevo uno di quei contratti in cui se chiami un utente non vodafone il tuo credito viene prosciugato come la pensione di un operaio alla slot machine. Cifre veramente incredibili, decine di euro per una ventina di minuti al telefono. In alcuni casi non posso escludere che sia stato questo ad allontanarmi da alcuni conoscenti dotati di cellulari Wind o Tim. Ma se una volta il numero di cellulare ti aiutava a indicare una persona, con la mobilità mi capitava di chiamare 347 o 349 convinto che fosse uno dei nostri, per poi trovarmi il cellulare esanime e sanguinante, privato di tutti i soldi dalla scheda.
E quindi adesso passo ad un servizio che per 9 centesimi al minuto mi fa parlare con tutti, niente fronzoli, niente cards, niente offerte speciali chiamatuttiituoicuginimasoloneigiornidisparideimesidi30giorni.
Anzi, se proprio dovessi dire cos’è stato di Vodafone che mi ha irritato per non dire offeso sono state certe pseduo-promozioni. Vuoi farmi un regalo? Dammi due euro di credito, e sono contento. Non regalarmi un servizio che a soli 5 euro mi permette di inviare un milione di sms al giorno a tutti miei amici nati a maggio con il nome che comincia per P. A caval donato non si guarda in bocca, ma se il cavallo scalcia, che se ne torni da dove è venuto.
Non indurci in tentazione
La chiamano cucina ad induzione, ed in apparenza sembrerebbe un passo avanti della tecnologia. Un passo in avanti lo è, ma verso il baratro. Mi spiego: si tratta di fornelli che trasmettono il calore direttamente alla pentola tramite, appunto, un procedimento elettromagnetico di induzione. Certo ci vogliono nuovi fornelli, certo ci vogliono pentole adatto, ma vuoi mettere che eleganza? Non c’è fiamma, perché il calore si trasmette direttamente alla pentola, il piano di cottura si pulisce in un attimo, i tempi di cottura sono più rapidi e tutto può essere controllato elettronicamente perché la temperatura può essere controllata con precisione.
Allora dov’è la fregatura? Secondo quanto riporta il giornale di Mediaworld, che fa il suo mestiere e prova a vendere questi prodotti che dovrebbero essere resi illegali, per cucinare un piatto di spaghetti ci vuole…ehm… 750 W. SETTECENTOCINQUANTA WATT? Come accendere contemporaneamente 75 lampadine a basso consumo, una roba che neanche le luminarie della Festa della Madonna del Rosario, più o meno come lavorare contemporaneamente con quattro computer o guardare sei o sette televisori. Per non parlare della scellerata ipotesi in cui mentre preparo la pasta scaldo anche il sugo e preparo il soffritto: a quel punto il contatore scatta sicuramente perché i 3 KW non possono bastare, alcuni modelli possono arrivare ad avere bisogno di 7000 watt.
Magari sono i primi passi, non so, in futuro riusciranno a ridurre i costi. Ma per ora, in un mondo in cui ci si amazza – letteralmente – per disporre delle risorse energetiche, lo spreco impunito di energia elettrica dovrebbe essere considerato criminale. L’energia elettrica non va usata per produrre calore, è un controsenso, perché per produrre energia elettrica si disperde calore! Ci vuole uno scienziato per capirlo?
Invece di lamentarci sempre per la crisi, cominciamo a buttare fuori casa forni elettrici, bollitori, asciugatori (mostruosi anche loro) e valutiamo se serve davvero un phon da 1600 watt. E la cucina induzione se la possono tenere in magazzino…
La crisi raccontata a mia figlia
C’era una volta un paese con alcuni ricchi che possedevano campi e fattorie, e molti poveri che nei campi lavoravano. In cambio del lavoro nei campi, i ricchi davano ai poveri di che vivere: grano, frutta, un po’ di carne, qualche vestito. E i poveri spesso se li scambiavano fra di loro, per cui chi aveva due paia di pantaloni li barattava con un cappello.
Un giorno i ricchi dissero; ma perché dobbiamo scambiarci frutta, grano e carne? Non è comodo, e poi è così faticoso trasportarli… Facciamo così: prendiamo dei pezzi di carta e ci scriviamo sopra: un litro di latte, un chilo di frutta, e così via. Chi metterà nel deposito questo cibo, avrà in cambio un pezzo di carta.
E andando al desposito si potranno scambiare i pezzi di carta con ciò di cui si ha bisogno.
All’inizio sembrò una buona idea, tutti erano contenti di scambiarsi la carta e poi andare a ritirare la merce al deposito.
Ma i ricchi inventarono un modo per arricchirsi ancora di più. Cominciarono a scrivere nuovi pezzi di carta, e ancora, e ancora. Talmente tanti che non sarebbero bastati dieci depositi pieni di merce per scambiarli. Come fare? I poveri pretendevano di scambiare la loro carta con la merce, ma non bastava più per tutti.
Allora arrivò un professore. Un tecnico, stimato da tutti i ricchi. E disse: per risolvere il problema tutti i fogli di carta dovranno valere la metà di quello che c’è scritto. I ricchi, che ne avevano tanti, non si preoccuparono, ma ancora non bastava. E allora il professore disse: i poveri dovranno lavorare di più per avere gli stessi fogli di carta. Ma ancora non bastava.
E allora il professore disse: i proveri dovranno mangiare di meno, fino a quando il deposito non basterà di nuovo a tutti.
E i poveri cominciarono a morire di fame, stenti e fatica, finché non rimasero solo i ricchi. Non sapevano lavorare la terra, non sapevano allevare gli animali, non sapevano raccogliere la frutta.
Rimasero soli con un deposito pieno di fogli di carta mentre del professore nessuno seppe più nulla.
Nella griglia degli idioti
La mia vecchia videocamera mi permetteva di scegliere cosa mettere a fuoco, modificare i tempi di esposizione e gli stili di ripresa.
La mia nuova videocamera fa tutto da sola, riconosce persino i volti.
La mia vecchia videocamera registrava in due sole modalità, quella nuova ne ha 7 e nemmeno sui forum specializzati spiegano quali siano le differenze.
La mia vecchia videocamera aveva bisogno di almeno tre o quattro pulsanti per operare, quella nuova ne ha uno solo con cui fa tutto. La mia vecchia videocamera la gestivo con una mano, quella nuova con la punta del mignolo.
La mia vecchia videocamera riprendeva in 4/3 e 16/9, quella nuova solo in 16/9 e se hai un vecchio televisore ti arrangi. La mia vecchia videocamera aveva il mirino per risparmiare la batteria, quella nuova non ce l’ha e se non apri lo schermo nemmeno si accende. Alla mia vecchia videocamera potevo collegare microfono e cuffie, quella nuova rifiuta qualunque supporto esterno.
La mia nuova videocamera mi considera un’idiota, e io devo adattarmi ai geni del marketing che mi hanno incasellato come tale.
Una serata serena
Ci saranno giorni in cui il cuore ti scoppierà di entusiasmo e il cielo ti sembrerà più azzurro.
Ci saranno giorni grigi in cui le strade sembreranno inghiottire i tuo passi mentre nelle pozzanghere vedrai riflesse le tue delusioni.
Ci saranno giorni in cui ti sentirai impotente e ti domanderai se davvero ne vale la pena, e giorni in cui ogni paura si dissolverà in un abbraccio caldo.
Ci saranno freccie e fiori, ci sarà pioggia e brezza primaverile, solitudine e compagnia.
E tutto ciò sarà possibile perché ci sarai tu.
Perché da questa sera ci sei tu, e tutto il mondo si sente un po’ meno solo.