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Vampiri a Bologna

Quando si prende una multa è normale essere incavolati. Qualche mese fa ne ho presa una per colpa del meccanico: l’accordo era che ritirasse la mia auto da un parcheggio ad una tal ora. Si è presentato con un quarto d’ora di ritardo, e in quei quindici minuti l’avvoltoio comunale si era già avventato sulla preda per azzannarlo a colpi di multa. Il meccanico si scusa, a me però non resta che pagare.
Ma qualche giorno fa i vampiri urbani si sono superati, nella loro razzia quotidiana dei soldi dei cittadini: ho infatti preso una multa per il più cretino dei divieti di sempre.
La mia auto era parcheggiata a meno di 5 metri dall’intersezione stradale, come recita il codice della strada.Era ad un paio di metri o giù di lì.
Dunque, quando si prende una multa ci si incavola. Ma quando si devono sborsare 74 euro perché, il sabato mattina, la macchina è, in una strada larga almeno 7-8 metri (e a senso unico!) parcheggiata a due metri dall’incrocio, allora ci si imbufalisce. E dire che questa giunta ha raggranellato, solo nel 2007, ben 46 milioni di euro! Si tratta di una cifra da paura.
Se vai a 120 all’ora in centro storico, cavolo, te la sei cercata. Se passi col rosso (a parte che a Bologna il giallo è una specie di flash anti-occhi rossi che ti avvisa che stai per essere fotografato) ti becchi la multa e stai zitto.
Ma se devo pagare 150 mila lire perché per colpa mia un Boeing 747 ha avuto difficoltà a svoltare (qualunque altro mezzo infatti l’avrà fatto senza problemi) allora caro amico vampiro urbano devo dirtelo: non è colpa tua perché lo so che i comuni mettono a bilancio preventivamente i soldi che vogliono riscuotere, e tu devi fatturare. Se quel giorno avevi raggranellato poco, hai deciso di infierire sulla mia auto.
Non è colpa tua.
Ma se tu dovessi venire colpito da una improvvisa stiticità che ti impedirà per giorni e giorni di completare regolarmente il ciclo digestivo e arriverai a gonfiarti come un pallone verde e borchiato tra lo stupore e l’incredulità dei luminari riuniti a studiare il tuo caso, per poi esplodere nel più lungo e ininterrotto flusso di diarrea che mai l’occidente industrializzato abbia mai conosciuto, credimi: non è colpa mia.

Hasta la Vista!

Ho appena fatto conoscenza con il nuovo Windows Vista.
Il mio vecchio computer infatti è passato a miglior vita, anche se ho intenzione di riesumarlo con un rito vodoo di sostituzione alimentatore. Il primo approccio con Vista è stato buono: Internet Explorer non funziona (per fortuna c’è Firefox), ho dovuto scaricare un centinaio di mega di aggiornamenti perché il sistema operativo che ho comprato ieri evidentemente è già vecchio.
Se il buon giorno si vede dal mattino…

Cd o antiquariato?

Ci sono pochi motivi per essere nostalgici, come consumatori di musica leggera.
Diciamoci la verità, quando pensiamo a Elton John che dichiarava di spendere un miliardo al mese, o alle ville di Madonna, o al parco immenso di Michael Jackson, ci rendiamo conto che se c’è qualcosa di buono che la pirateria ha apportato, è un po’ di sobrietà nel mondo della musica pop. Un violoncellista di una orchestra internazionale o un soprano di qualità vivono in maniera dignitosa delle loro rappresentazioni, ma certo non nello sfarzo. Così come i grandi compositori del passato non facevano la fama ma neanche diventavano più ricchi dei loro mecenati. Non si capisce allora perchè uno che indovini un ritornello orecchiabile debba viverci di rendita per settant’anni.
Per non parlare dell’insulso, plasticoso e ripetitivo packaging dei cd (neanche i testi, ci mettono, gli spilorci) che fa rimpiangere l’arte figurtiva dei vecchi lp ma di sicuro non ci mette in crisi se compriamo un mp3 online anziché un cd singolo. Per un motivo di rimpianto c’è. Una volta, anche nei centri commerciali, c’era la possibilità di ascoltare alcuni brani prima di decidere l’acquisto. I cd erano elencati in ordine alfabetico, o divisi per genere.
La logica banconiera e il crollo degli acquisti ha fatto sì che gli spazi dedicati alla musica siano crollati drasticamente, e soprattutto che l’attenzione nei confronti di questo prodotto sia seconda solo agli attrezzi da giardino. Ieri ho provato a chiedere un cd in un Ipercoop: mi dispiace, è stata la risposta, non sappiamo se ce l’abbiamo. Cerchi lei. E io ho cercato, in una babele di gothic metal, compilation anni sessanta e cd inutili piazzati solo da un distributore amico.
Non ho trovato quello che cercavo, e un po’ m’è dispiaciuto.

Mostrotica

Ormai siamo abituati al fatto che il browser tenga traccia dei siti che visitiamo, e non basta certo cancellare i dati dal nostro computer per risolvere i problemi di privacy: il nostro provider sa che probabilmente vogliamo cambiare macchina, che ci piacciono le monovolume, che ci divertono i videogiochi in flash e magari che abbiamo un debole per le donne maggiorate che si mostrano senza veli. Sono dati che non possono usare, solo la magistratura può accedervi se c’è un’inchiesta, ma insomma, sono dati che sono lì, inutile prendersi in giro con navigazioni anonime o chiavi criptate.
Ebbene, immaginate un mondo dove c’è anche un registro informatico che contiene i prodotti del nostro frigorifero, da dove per esempio si capisce che stiamo cercando di metterci a dieta visto che prendiamo barrette nutritive, ma che è uno sforzo inutile visto che abbiamo budini alla vaniglia; un mondo dove sanno cosa guardiamo in televisione, sanno che facciamo zapping quando in tivù appare quel ministro lì, e che magari abbiamo visto un film su un emittente locale di cui non saremmo orgogliosi di parlare a cena con gli amici. Se vi sembra un orizzonte lontano da grande fratello sappiate che non è così, la domotica, la scienza della casa del futuro, inserisce database, archivi e memorie ovunque.
Per scopi condivisibili, per carità, per memorizzare le nostre usanze, adattare la casa alle nostre esigenze, programmarla. Ma io non voglio che sia scritto da qualche parte che mi piace dormire con la finestra chiusa perché mi da fastidio la luce o che consumo troppa acqua quando mi lavo i denti. Saranno pure sacrosanti fatti miei, no?
Per ora sì. Per ora…

? finita

Niente più colazione pigra con sguardo distratto sui programmi televisivi che parlano di diete e serate danzanti.
Niente più ciabatta ciondolante in sala.
Niente più letture impegnative che richiedono freschezza e un briciolo di impegno.
Niente più creme doposole che profumano di ciambella. Niente più “che si fa stasera”, sostituiti semmai da un mesto “che facciamo a Natale”.
Niente pià pasta con le cozze.
Niente più pennicchella pomeridiana.
Niente più gallerie d’arte, teatri e musei.
Niente più giochi (siano essi di carte, da tavolo o con il pallone).
Niente più movida, niente più te freddo (sostituito dal beverone anticolesterolo), niente più tempo per scrivere il prossimo romanzo.

Le vacanze sono finite.
Facciamoci coraggio

Il pisciatore di mare

Gli economisti inglesi parlano di free rider, “passeggero non pagante”: colui che sale sull’autobus senza pagare il biglietto, e, in questo modo, arreca un danno alla comunità traendo un vantaggio per sè.
I free rider sono ovunque, questo va da sè, e da sempre approfittano come parassiti del bene comune che altri cercano di preservare.
Un economista che studiasse il meridione d’Italia probabilmente farebbe un passo avanti, analizzando l’evoluzione del free rider: il pisciatore di mare. Il pisciatore di mare – il nome è eloquente e spiega bene quello che fa – è la versione ancora più negativa, perché non solo usufruisce di un bene pubblico a scrocco, ma addirittura lo danneggia.
I pisciatori di mare sono ovunque: e non mi riferisco tanto alle correnti d’acqua calda di certi litorali, che in fondo il mare può anche riciclare, ma a chi costruisce sulla spiaggia, a chi brucia le pinete per poi farci il residence ed invitarci il sindaco per la convention, a chi piazza la spazzatura, anche tossica, nei dirupi e nelle cave.
Il free rider, male che vada, causerà un aumento del prezzo del biglietto per gli onesti, tutto qui. Al contrario, se nessuno lo ferma, il pisciatore ci sommergerà del frutto del suo lavoro…