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Il pisciatore di mare

Gli economisti inglesi parlano di free rider, “passeggero non pagante”: colui che sale sull’autobus senza pagare il biglietto, e, in questo modo, arreca un danno alla comunità traendo un vantaggio per sè.
I free rider sono ovunque, questo va da sè, e da sempre approfittano come parassiti del bene comune che altri cercano di preservare.
Un economista che studiasse il meridione d’Italia probabilmente farebbe un passo avanti, analizzando l’evoluzione del free rider: il pisciatore di mare. Il pisciatore di mare – il nome è eloquente e spiega bene quello che fa – è la versione ancora più negativa, perché non solo usufruisce di un bene pubblico a scrocco, ma addirittura lo danneggia.
I pisciatori di mare sono ovunque: e non mi riferisco tanto alle correnti d’acqua calda di certi litorali, che in fondo il mare può anche riciclare, ma a chi costruisce sulla spiaggia, a chi brucia le pinete per poi farci il residence ed invitarci il sindaco per la convention, a chi piazza la spazzatura, anche tossica, nei dirupi e nelle cave.
Il free rider, male che vada, causerà un aumento del prezzo del biglietto per gli onesti, tutto qui. Al contrario, se nessuno lo ferma, il pisciatore ci sommergerà del frutto del suo lavoro…

Chiamo io o chiami tu?

Sotto l’ombrellone, mentre i bambini giocano sulla riva e la moglie prende il sole; a teatro, parlando a bassavoce per non infastidire troppo gli attori che, si sa, sono permalosi; a cena con gli amici. Sono solo alcuni dei casi in cui ormai nessuno più si scandalizza se osserva un uso quantomeno aggressivo del cellulare. Non c’è niente di male, direte voi. Infatti.
Se non fosse che sotto l’ombrellone si parla con lo zio, che abita al piano superiore e che si rivedrà dopo due ore; al teatro si racconta l’ultima novità al collega, in anticipo rispetto alla pausa caffé del giorno dopo; a cena con gli amici si chiacchiera al cellulare con altri amici. Non sto parlando di comunicazioni di servizio (ho lasciato le chiavi sul tavolo, vicino alla frutta), parlo di lunghe conversazioni.
E allora? Possibile che non si possa fare a meno di comunicare con persone con cui comunichiamo già tutto il giorno? Sarebbe bello se fosse possibile inserire un microchip che attiva le conversazioni solo se l’interlocutore è a più di trenta chilometri di distanza.
Negli altri casi, muoviti e parlagli di persona, imbecille.

Le partenze intelligenti

autostradaUn’unica, impressionante coda di automobili che va da Bologna a Cattolica: questo è stato lo sconcertante spettacolo del sabato da Bollino nero. Non l’ho vissuto in prima persona, perché ho preso l’A14 il giorno dopo (e non c’era praticamente nessuno), ma mi ha fatto comunque riflettere.
Ci riteniamo superiori alle formichine in fila, o alle mandrie di gnu, o agli stormi di rondini. Eppure, dove c’è la massa, lì con ogni probabilità si è infilato l’italiano.
Un popolo che nonostante gli annunci televisivi, nonostante i giornali, nonostante, appunto, i bollini, per usare un eufemismo, se ne fotte, e si infila in una bolgia dantesca per non perdere un giorno di ferie è un popolo ostinato, un po’ ottuso forse, ma disposto a qualunque sacrificio, anche il più stupido – quindici ore in autostrada, quando se ne potrebbero impiegare otto, non è un sacrificio particolarmente brillante – purché questo comporti un benché minimo vantaggio. Il traffico c’è ovunque, ma si fa fatica a immaginare scene così in altre nazioni: l’unico esempio che mi viene in mente è quello delle masse di cinesi che si spostano per le feste di primavera. Ma lì c’è un sistema che non offre alternative e che ha reso massificato gli individui. E qui?
PS Per chi se lo dovesse essere perso: domenica 19 agosto ci sarà la replica, il rientro della mandria…

New York

[singlepic id=138 w=320 h=240 float=left]Eccomi qua, di ritorno dopo una settimana di vacanza trascorsa a New York (documentata da foto che spero di pubblicare appena possibile). Che dire? Sembra di vivere sul set, perché quello è il palazzo dell’Uomo Ragno, da lì partirono i Ghost Busters, questa è Wall Street e laggiù c’è il teatro preferito da Woody Allen. In fondo visitare New York è riscoprire una realtà che, filtrata dallo schermo cinematografico (O televisivo: ho visto la casa dei Robinson e quella di Friends) conosciamo già e in qualche misura ci appartiene. Una realtà dove il mondo si incontra e si mescola (africani, cinesi, italiani, greci, irlandesi, russi…) e che, ci piaccia o no, è stato il cuore culturale degli ultimi cinquantanni.

It’s only us
it’s only this
regret, forget, or life is yours to miss

no other road, to other way,
no day but today.

(dal musical Rent)

La terza corsia dinamica

Chi vive a Bologna la conosce bene da tempo: la terza corsia dinamica. Quella che da anni pronettono come la risoluzione dei problemi della tangenziale cittadina. Non sono un ingegnere e faccio fatica a comprendere certi progetti, ma sono un aspirante scrittore e capisco i giochi di parole.
Di fatto a Bologna stanno introducendo una terza corsia di marcia nello spazio dove prima ce n’erano due.In questo modo si risolvono i problemi di traffico. Fantastico. Seguite l’esempio: vivete in un piccolo appartamento di 50 metri quadri? Inventatevi la sala dinamica, basta spostare i letti un po’ più in là quando ci sono ospiti.
E potremmo risolvere il problema dei posti negli ospedali con la corsia dinamica: basta mettere i pazienti in garage quando non ci sono le auto dei medici.
E per gli extracomunitari, facciamo l’appartamento dinamico: 20 cinesi dormono mentre altri 20 lavorano, quando i primi si svegliano i secondi gli danno il cambio. Come dite? Già lo fanno?
Diavolo di un cinese, ci ruba sempre le idee migliori…

L’upgrade del degrado

Qualche sera fa sono passato davanti a Porta Galliera, di fronte alla stazione, e sono stato piacevolmente sorpreso osservando un leggero miglioramento rispetto al passato, in cui l’area era zona franca di spacciatori, tossicodipendenti, prostitute.
Sto attento a cantare vittoria, però: altre zone, come l’ex ghetto ebraico, sono latrine a cielo aperto, alcune aree della zona universitaria dopo il tramonto sono fortemente sconsigliate, per non parlare poi dell’ultimo tratto di Massarenti, che ricorda certi film anni settanta ambientati negli slums di New York.
 Allora? Allora mi sento di dire che le politiche a Bologna (ma credo che la situazione sia analoga altrove) il degrado non lo combattono, lo spostano: si lamentano i comitati di quartiere, spostiamo i tossici di là. Ci sono troppe prostitute in quella strada, facciamo in modo che vadano in un’altra.
Ma è mai possibile che il degrado, anziché spostarsi, si elevi di grado?