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Keep calm e vota come ti pare

Man mano che si avvicina la data del referendum costituzionale, come in genere per tutte le competizioni elettorali di un certo peso che dividono l’opinione pubblica, il clima si fa tesokeep_calm, si accusa l’avversario, si alzano i toni. In fondo è un segno di partecipazione democratica, non dimentichiamoci che non sempre ci è stato concesso, e non ovunque è tutt’ora concesso. Detto ciò, vedo condomini che hanno superato la zuffa del ’98 per il mancato ascensore o il bucato che gocciolava sulla spider, che non si salutano più, divisi da sì e dal no. Vedo amici che hanno gli stessi valori e la stessa visione della vita che a un certo punto hanno preso una posizione e adesso non si parlano più perché non vogliono riconoscere il punto di vista degli altri. Vedo nonni democristiani da un vita che voteranno sì per un referendum voluto dalla sinistra e nipoti marxisti che distribuiscono volantini per il no.

C’è il sostenitore del sì per cui tutti quelli che votano no sono ignoranti che non hanno letto la proposta, perché per lui chiunque la legga dovrebbe essere folgorato sulla via di Damasco dal verbo del Magister fiorentino. Il sostenitore del no che spiega che lui vota no perché basta negri va bene l’accoglienza ma ne abbiamo troppi. L’intellettuale di sinistra che, dietro sofismi accurati, intesse la sua trama di elogi del nuovo, ma non vuole ammettere semplicemente di essere succube del carisma dell’uomo forte al comando, quello di destra che la stessa riforma l’ha votata dieci anni fa ma adesso non gli piace più perché vuoi mettere la Carfagna con la Boschi. Il povero elettore berlusconiano, il più bistrattato e disorientato, a cui mi sento davvero di dover dare una pacca sulla spalla, suggerendo un mesto “coraggio, passerà”, che un giorno vota sì, un giorno vota no, e se continua così il 4 dicembre se ne andrà a fare la spesa all’Esselunga, tutto il santo giorno, anche se alle dieci del mattino avrà già finito i soldi. C’è il partigiano che combattendo per quella costituzione ha perso amici e parenti – e in cuor suo sperava di morire prima di vederla straziata – per il quale i giovani sono incapaci a prescindere, e il cinico che già sta preparando il discorso del 5 dicembre con le solite noiose analisi del giorno dopo.

Insomma, comunque la pensiate, votate sereni, ma senza azzuffarvi, per carità, perché sappiate che la classe politica dirigente, che finge di insultarsi in televisione e nei comizi, poi si ritrova a sorseggiare bollicine nei salotti che contano, mentre noi poveracci che arriviamo a fatica a fine mese corriamo il rischio di rimanere soli. E le riforme che davvero conterebbero marciscono in fondo ad un ordine del giorno dimenticato.
Non fate cattivo sangue, che non ne vale la pena.

Il colesterolo passivo

fritturaSuperata la soglia dei quaranta ci si abitua a salutare tanti superpoteri che si affievoliscono con gli anni: il superpotere di essere sufficientemente lucido dopo una notte quasi insonne, quello di saltare un pranzo senza gravi effetti collaterali, quello di giocare due partite di calcetto consecutive senza dieci giorni di intervallo tra una e l’altra. Anche il metabolismo, quella magia che bruciava salame, cioccolata e patatine fritte e la trasformava in energia comincia a battere la fiacca. Il risultato è che bisogna cominciare a fare più attenzione alla dieta evitando salame, cioccolata e patatine fritte.

E qui però sorge un problema gravemente trascurato dalla comunità scientifica. Quello del colesterolo passivo. Perché sappiamo tutti che vivere con un fumatore fa male anche ai nostri polmoni. Così come è noto che in caso di convivenza con un matto prima o poi si rischia di ammattire.

Ma del colesterolo passivo, vogliamo parlare? Vogliamo parlare di un povero disgraziato che circondato da ventenni tonici si strazia per una mezz’oretta in palestra per bruciare ventigrammi di grasso, e nella strada del ritorno a casa è assalito da pizzerie d’asporto, sushi, trattorie, ristoranti chic, tavole calde e chi più ne ha più ne metta che sprigionano un unto tale che a raccoglierlo si rimpiono un paio di silos? Vogliamo parlare di questa benedetta food city in cui anche la rugiada al mattino è una miscela satura di olio di semi? Le pozzanghere a Bologna non si asciugano mai perché in larga parte sono composte da olio di frittura esausto. E io questo colesterolo lo assumo quotidianamente. Perché ormai in questa città si cucina ovunque, nelle librerie, nei cinema, in piazza, sotto i portici. E anche nelle case, certo: solo che una volta cucinava solo chi ne aveva bisogno per poi mangiare. Ormai anche gli architetti, i postini in pensione e le estetiste nel tempo libero sfornano, impastano, cuociono.

Quella che cala la sera in pianura padana non è nebbia, sono i vapori sprigionati dalla frittura proveniente dalle cappe domestiche. L’unica speranza è che il vento si porti via tutto e provochi una tormenta di dislipidemia sulle coste croate.

I vecchi in palestra

palestraHo cominciato a frequentare le palestre verso i diciassettenne anni. All’epoca avevo lasciato la pallacanestro, dopo qualche anno di attività agonistica giovanile, perché mi ero reso conto che l’età dello sviluppo per me si era ormai definitivamente arrestata sul metro e settanta, un po’ poco per continuare con questo sport, se non ti chiami Spud Webb. Andare in palestra mi è sempre piaciuto, perché è un modo di trascorrere tre quarti d’ora (mai fatto di più, e d’altronde i risultati mediocri lo attestano) con il cervello in stand-by. Che tu faccia la cyclette, esercizi per gli addominali o sollevi qualche manubrio, ti riappropri di una fisicità che la nostra vita quotidiana ha cancellato. Oggi bicipiti o deltoidi, per dire, letteralmente, non ci servono più. A meno che non facciamo attività sportiva, non li usiamo mai, se non per portare a casa la spesa o per riporre sull’armadio la cassa con le coperte invernali. Un po’ poco.
Da adolescente, osservavo dei vecchi che frequentavano la palestra. Con i loro capelli grigi e il loro viso grinzoso, mi domandavo cosa diavolo perdessero il loro tempo sulle panche. Non mi riferivo agli adulti trentenni, che tutto sommato avevano ancora qualche motivo per stare in forma, ma a vecchi di quarant’anni, forse qualcuno in più. Hai quarant’anni, potresti avere un infarto da un momento all’altro, hai passato ormai gli anni migliori, cosa fai qui? Tornatene a casa a guardare Quark, o prendere una tisana. Oltre tutto con ogni probabilità sei pure sposato, noi dobbiamo darci da fare per allargare le spalle se non vogliamo rimanere dei nerd che le ragazze non si degnano di guardare, ma tu? Tu hai la patente e l’auto, e te ne stai qui su questi tappetini usurati?
Inconcepibile.
Negli anni ho frequentato diverse le palestre, passando da quelle chic con le signore che prima di arrivare si fanno la messa in piega (poche e lasciate subito, a dire il vero) a quelle più truci, chiuse probabilmente dall’AUSL, con un ring nel mezzo sul quale si affrontavano atleti in calzamaglia tra urla e scricchiolii di ossa (giuro). Mai andato oltre i tre quarti d’ora, mai pensato di gonfiarmi come certi personaggi con le braccia e il petto talmente grossi da non riuscire più nemmeno a toccarsi la punta del naso. Nel 2008 sono diventato papà, pannolini e biberon hanno preso parecchio spazio alla mia vita privata, nel 2012 ho fatto il bis, e insomma, la mia attività fisica è diventata un ricordo.
Fino a qualche giorno fa, in cui sono finalmente tornato a sentire la puzza dei tappetini di gomma e il freddo contatto dei manubri di ferro. Il sudore sulla panca degli addominali, lo sguardo commiserevole dell’istruttore e quella scarica di endorfine che solo l’attività fisiche può produrre.Sono ritornato ai miei tre quarti d’ora, due volte alla settimana. C’erano dei ragazzi molto giovani, nella palestra dove mi sono iscritto. Mi hanno guardato. E ho capito.
Stavolta il vecchio ero io.

Ma non c’è bisogno che spieghi loro perché sono qui. Lo capiranno da soli col tempo.

Il cinghialone dodicenne

mareSono in mezzo a noi, ma non sono come noi. Sporcano, infastidiscono, danneggiano, ma contro di loro non abbiamo mezzi, nonostantr alcune proposte interessanti per contrastarne gli effetti. Sono i dodicenni cinghialoni, una delle piaghe sociali contro le quali prima o poi la nostra società dovrà svegliarsi.

I cinghialoni hanno quasi sempre dodici anni, con qualche esemplare novizio di undici o alcuni ritardari di tredici o addirittura quattordici anni. Riconoscerli non è difficile: sono quasi sempre eccessivamente pasciuti, eccessivamente numerosi, eccessivamente agitati. Sono quella massa informe che rotola giù dallo scivolo della piscina spostando talmente tanta acqua che improvvisamente vi ritrovate l’acqua alle ginocchia magari proprio nel momento in cui vi stavate rimettendo in ordine l’argenteria nel costume. Hanno la grazia di elefanti eroinomani in crisi di astinenza, sui gonfiabili sudano talmente tanto che chi li segue potrebbe usare la tavola del surf per scendere meglio. Al mare i dodicenni cinghialoni di solito giocano sul bagnasciuga con racchette con un rivestimento di legno e ossatura in cemento armato e difficilmente raggiungono tre tocchi consecutivi. In compenso però quando colpiscono la palla lanciano certi razzi terra-aria individuati dai mezzi della Nato.

C’è chi propone di rinchiuderli e impedire loro di nuocere fino a quando non compiranno tredici anni. In fondo è quello a cui serve la scuola media, che però l’estate chiude, lasciandoli liberi di colpire. C’è chi suggerisce di far loro compiere tredici anni dopo gli undici, saltando la cifra fatidica, un po’ come fanno gli americani con il tredicesimo piano. Non servirebbe, perché avemmo cinghialoni tredicenni, con la stessa iperidrosi, lo stesso accenno di ginecomastia, la stessa tendenza a rendere insopportabile l’esistenza dei vicini. Siano benedetti i Pokemon, allora, se servono a portarceli via. Penso che installerò l’app installando esche a cento metri intorno a me, in modo che funzionino con i cinghialoni come carta moschicida.

Tocca farcene una ragione: cresceranno anche loro, e diventeranno supporter renziani o tifosi di Juventus o Milan

Cronache dal villaggio – 2016

31 luglio – Un genitore può fare del suo meglio per regalarvi qualche giornata spensierata, qualche ricordo prezioso da conservare nello scrigno, come i nostri genitori hanno fatto con noi.
Ma poi, quando verrà il momento, la strada, con le sue salite, le sue curve e i suoi ostacoli, dovrete farla da sole.
E adesso si torna a casa, con lo scrigno un po’ più pesante.

arcobaleno30 luglio – In piscina ho usato una cuffia talmente stretta che quando l’ho tolta parlavo di jobs act e monocameralismo

30 luglio – Basta trascorrere una settimana al mare per capire quanto stupido sia giudicare una persona dal colore della pelle

29 luglio – Uso delirante dello zoom elettronico, riprese verticali, movimenti improvvisi, mano tremolante, messa a fuoco casuale… sto già male adesso per i parenti a cui farete sorbire le vostre video riprese delle vacanze, vandali!

piscina29 luglio – Vedo in spiaggia strani individui con una specie di fiaschetta piatta al collo tipo San Bernardo.
All’inizio ho pensato si trattasse di alcolisti che hanno bisogno di tanto in tanto di un sorso di cognac, e li ho compresi.
Poi mi sono reso conto che al collo hanno lo smartphone. Mi dispiace, ma voi non vi comprenderò mai

28 luglio. Arcobaleno. Fenomeno luminoso generato dall’induzione elettrica, provocata dal vorticoso sfregamento testicolare del villeggiante a cui un’acquerella del piffero ha rovinato il pomeriggio.

27 luglio

1. La Juventus acquista un fuoriclasse e spende molti soldi
2. Alcune testate giornalistiche segnalano la crisi del mercato dell’auto in Italia
3. Alcuni sindacati prospettano tagli e licenziamenti
4. Il governo interviene con incentivi per rilanciare il mercato dell’auto
5. La Juventus trova i soldi per comprare un altro fuoriclasse
A repetiscion…

27 luglio – Sempre più vilLAGGIOconvinto che Alvaro Soler sia il candidato ideale alla guida della sinistra europea. Con lui spacchiamo. Il programma non conta, conta la leadership. Sin tu mirada, sigo, sin tu mirada Sofiaaaa!

27 luglio – Il principio su cui si basa la pax di un villaggio turistico è l’abbondanza. È facile essere gentile con il maleducato che ti supera in fila, se tanto puoi prendere la bistecca successiva. Non ti dispiace perdere la navetta, se ne passano in continuazione. Basterebbe ridurre di un 20% i servizi e le razioni per vedere i primi prepotenti pretenderne di più perché sono arrivati prima, perché hanno i capelli più lunghi o perché glielo avrebbe suggerito una qualche divinità.

26 luglio – Da queste parti la connessione è talmente lenta che gli adolescenti vanno a caccia di fossili di Pokémon

26 luglio  – Ho provato l’ebbrezza di comprare un quotidiano che costa quasi otto centesimi a facciata. C’è un articolo della Lucarelli contro il giornalismo televisivo, un articolo contro i critici musicali, un articolo contro il rimborso spese per alcuni giornalisti in riviera romagnola e un articolo di Scanzi contro i giornalisti a cui non piace Bennato. A c’è anche un articolo contro la Rai. Insomma dal giornalismo contro al controgiornalismo…

Mini-guida all’autoscatto sexy

selfieQuesta guida non pretende certo di essere esaustiva, ma certo due o tre consigli per immortalarvi al meglio non guasteranno, visto che con l’estate la tentazione dell’autoscatto sexy c’è.
1. Prima di produrvi in un autoscatto, domandatevi se davvero il mondo ha bisogno di un’altra immagine di voi.
E ricordatevi che quando il rullino e lo sviluppo lo pagavate, qualcuno a cui chiedere di farvi la foto lo cercavate eccome, altro che braccio teso. Anche se poi le alternative erano due: voi in primo piano con qualche monumento incomprensibile dietro, voi minuscoli e invisibili con un bel monumento dietro. E al mare niente macchina fotografica che si rovina. Altri tempi.
2. Se la forma fisica non è al meglio, puntiamo su un grande classico, le gambe nude vista mare, piscina, lago. Si deve intravvedere giusto quello spazio tra la coscia e le ginocchia sul quale nemmeno il pallone della Michelin risulterebbe gonfio o con la cellulite. Meglio nascondere i piedi, però, non si sa mai che uso ne faranno su Internet.
Versione hard:
mostrate anche i piedi, speriamo ne facciano buon uso.
3. Altro alleato dei nostri selfie: la forza di gravità. E allora produciamoci in autoscatti che ci propongono stesi sulla sabbia, in una performance bidimensionale che non solo appiattisce la pancia, ma, per le signore, rinvigorisce anche il decolté. Occhio all’inclinazione, il braccio deve essere perfettamente perpendicolare e l’orario intorno al mezzogiorno, per evitare ombre sgradevoli.
Versione hard:
inclinate un po’ il braccio con il quale vi fate la foto. I vostri amici proveranno a capovolgere lo smartphone su se stesso pur di cogliere qualche sfumatura tridimensionale in più.
4. Un’altra ottima tecnica per venire bene nei selfie è fotografarci con un amico o amica veramente brutto. Dal confronto risulteremo super affascinanti
Versione hard:
amico brutto in primo piano, noi appena dietro. Belli e misteriosi.
5. Non fatevi selfie in cui tendete tutte e due le braccia. E dai, si sa che la fotocamera del tablet è pessima.
Versione hard:
considerando che la fotocamera del tablet è pessima, potreste osare qualcosa, in effetti.
6. Niente foto in auto, non scherziamo. Le mani vi servono per guidare. E poi la vostra foto potrebbe finire in mano alla vostra compagnia di assicurazioni.
Versione hard:
fatevelo, questo selfie, ma con l’auto ferma. Siamo cresciuti con i film americani in cui il protagonista fingeva di sterzare mentre un film in bianco e nero di un rettilineo eniva proiettato nel vetro posteriore, che sarà mai…
7. Per gli uomini. La vostra vista in costume da bagno difficilmente vi attirerà molti complimenti, se è quello a cui mirate. Per non parlare di quella in canottiera, con il colorito paonazzo perché trattenete il respiro. Lasciate perdere. Perché anche se aveste il fisico di Tarzan, le donne non sono Jane, e si fanno convincere meno dal senso della vista. Però potreste piacere molto ad altri uomini, se è quello a cui mirate.
Versione hard:
non ci penso neanche, non scherziamo.