Il boia sollevò la scure sopra la testa.
La lama si staccò di netto dal manico e gli cadde alle spalle con un tonfo.
Il primo giocatore fu sollevato di peso da due guardie e lasciato cadere ancora tremante, su una sedia, ai bordi del piazzale. Una ragazza in abiti piuttosto succinti rabbrividì. Si sfregò le mani per scaldarsi, sul trespolo dal quale osservava la scena.
Il secondo giocatore avanzò barcollando e occupò il posto prestabilito. Il boia afferrò la seconda delle sei scure fornite. La sollevò. Di nuovo la lama si staccò: anche il secondo giocatore era salvo. Per il momento.
«Il destino sa sempre dove dirigersi. Mi piace molto questo passatempo» commentò Nikolaj II di Russia. Annuì con un lento gesto del capo affinché si proseguisse. I suoi cortigiani osservavano con un misto di disgusto e noia, gli occhi degli uomini più interessati alla giovane donna seminuda che al gioco in sé.
Di nuovo il turno del primo giocatore. Nemmeno il tempo di asciugarsi le lacrime. Di nuovo sul patibolo, di nuovo il collo esposto alla ventura. La scure non era quella giusta: con un grido selvaggio, l’uomo si rese conto di essere stato di nuovo risparmiato.
Qualcuno tra la folla rise, altri batterono le mani per scaldarsi e rincuorarsi nella mattinata gelida. Anche il quarto colpo andò a vuoto. Il boia sbuffò infastidito e si massaggiò la schiena. Afferrò la quinta scure senza troppa convinzione. Con un sospiro di sollievo vide la testa del primo giocatore rotolare sul pavimento. La ragazza scese dal trespolo e incoronò il vincitore, baciandolo e abbracciandolo tra le urla dei presenti.
Nikolaj si alzò in piedi e salutò i sudditi, dando loro appuntamento al giorno successivo.
«Questo gioco è quanto di più inopportuno tu potessi organizzare» intimò la moglie dello zar prendendolo per un braccio. «Proprio non riesco a capire la profezia dell’indovino che ti ha parlato di questa barbara selezione. E quella donna, poi, a che serve? Gli auspici vanno interrogati con maggiore attenzione.»
«Ancora più che per l’insalata con la maionese, sarà un gioco a ricordare la tua terra, recitava il vaticinio. Il gioco della soubrette russa. Non si va contro il proprio destino, mia cara.»