Ci hanno raccontato che con il digitale terrestre avremmo visto una valanga di canali in più. Da casa mia a Bologna non si vede Rai 1, Rai 2, Rai, Canale 5, La 7 ed Mtv, ma ci sono i meravigliosi cartoni animati anni 70 di Boing e il campionato di bocce di Raisat Sport.
Ci hanno spiegato che nuovi canali costruiti ad hoc sarebbero apparsi all’orizzonte: apparsi e scomparsi, se si considera la fine prematura della tv del Sole24 Ore, di Sport Solo Calcio e di Rai Doc. E poi, le nuove meravigliose funzioni digitali: la guida EPG, che i gestori non caricano quasi mai, e quando lo fanno è piena di errori di programmazione (e a volte anche di grammatica, segno che al digitale terrestre non sono finiti gli stagisti di belle promesse ma i vecchi inservienti sistemati dal partito).
L’interattività, la possibilità cioè di interagire con i programmi: funziona solo con i decoder MHP (cioè in larga parte quelli cinesi, insomma) collegati al telefono.
Un utente evoluto che ha il televisore con il digitsale terrestre integrato e la connessione telefonica via cavo è perciò escluso. Escluso da poco, a dire il vero: l’unica interattività possibile, di fatto, è il tasto “paga” per le partite di Mediaset Premium.
E i nuovi servizi al cittadino? La possibilità di usare servizi bancari, postali, comunali tramite la tv? Chi li ha visti? Forse l’ex-ministro Gasparri con la sua versione demo, di certo non noi. E ancora, ci hanno illustrato a fatica, perché noi poveri zucconii non capivamo, che la qualità digitale era superiore a quanto potessimo immaginare.
Peccato che non solo l’alta definizione è un traguardo irraggiungibile, non solo i programmi non hanno mai l’audio a 5 canali, ma spesso e volentieri la codifica è talmente spinta da far rimpiangere il peggiore dvx (provate a guardare una partita di calcio su un emittente locale: non si distingue il pallone) per non parlare di quando, se piove o la ricezione ha dei problemi, lo schermo si riempie di grossi cubi colorati che si muovono a scatti.
Il digitale terrestre è servito a Mediaset a vendere le partite di calcio? Bene. Io non le comprerò, neanche ci fosse il Taranto. E che cavolo, siamo uomini o caporali?
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Baccini, è meglio che canti. Lascia stare la Rai…
Al liceo mi insegnarono che la critica può porsi nei confronti dell’arte in modi diversi. Tra i principali approcci c’è quello crociano, secondo il quale l’arte è una monade senza porte né finestre, cioè un universo indipendente che non ha rapporti con la vita reale, per cui occorre immergersi nel testo trascurando il contesto; e quello storicista, secondo il quale invece è importante conoscere l’autore, la sua vita, il momento in cui scrisse le sue opere, tutto ciò che insomma sta intorno, prima e dopo il testo. Io ho sempre amato il primo approccio: mi immergo in una novella di Pirandello e non mi importa che sostenesse il fascismo e che la sua vita ebbe più ombre che luci; riascolto un riff dei Nirvana e trascuro gli eccessi e lo stile di vita distruttivo di Cobain che non condivido. Da una parte l’arte, insomma, dall’altra l’artista: se qualcuno vuole conoscerlo fa bene, ma ciò concerne più la storia, la sociologia, che la letteratura o la musica.
Mi è tornata in mente questa distinzione l’altra sera guardando in tivù Baccini nella Music Farmacia, quella specie di isola dei cantanti dimenticati. Infatti è stato uno di quesi casi in cui conoscere l’artista non ti fa apprezzare di più la sua arte. Anzi. A me Baccini anni fa piaceva e molto, ritrovavo in lui alcuni atteggiamenti ironici e intelligenti dell’irripetibile Rino Gaetano (penso a canzoni come Le donne di Modena o Sono stufo di vedere quelle facce alla tivù) ma anche melodie più intense e riflessive (tra le tante ricordo una dolorosa canzone dedicata a Curcio).
Che l’artista fosse in crisi era evidente, gli ultimi due album non li ho neanche sentiti e il terz’ultimo era bruttino, per non parlare di quell’orribile parrucchino con cui si mostra in giro da qualche anno. Adesso non posso nascondere la mia delusione, è vero che l’arte è una monade, ma se si apre una finestra casualmente facendo zapping e si scopre che l’artista fa scherzi stupidi, bestemmia e dà segni di squilibrio (se fa finta è ancora peggio), be’, un po’ di amaro in bocca resta.
Richiudete la finestra: non serve a vendere nuovi dischi, e fa passare la voglia di riascoltare quelli vecchi.