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Quello che gli svedesi non dicono (ma i rivoluzionari tedeschi sì)

montaggioAvete presente quei cilindretti di legno che si infilano nelle mensole delle multinazionali svedesi, francesi e compagnia bella prima di fare il lavoro serio con le viti? Un po’ ruvidi, con una leggera seghettatura, che se non stai attento ti si spezzano e poi sono capperi perché non ce n’è mai uno di riserva e in ogni caso il buco ormai è tappato? Ecco, proprio quelli lì. Credo che sia più corretto chiamarli spinotti, ma insomma.

Li ho sempre considerate un tenero diversivo, buoni solo per tenere ferme le assi prima della martellata decisiva. Ruolo importante, ma, come dire, da comprimari. Qualche tempo fa, montando un mobiletto tedesco, ho scoperto che vanno preventivamente INCOLLATI! E la collaudata precisione teutonica fornisce anche la colla. Ma dico, perché mai gli infidi svedesi mi hanno sempre tenuto nascosto un dettaglio così importante? Guardo le mie librerie Billy prive di colla con calcolato sospetto. Ecco perché abbiamo sentito così forte il terremoto! Carenza di colla. Gran parte dell’arredamento del declinante mondo occidentale si basa su un’unica, insospettabile, imprevedibile carenza di colla. Altro che scie chimiche, è sulla colla dei cilindretti di legno che i potenti assoggettano il popolo ignorante. E qualcosa mi dice che il rivoluzionario tedesco che ha inserito per primo la colla nelle istruzioni di montaggio del suo mobiletto è un ebreo ateo.

So che un giorno o l’altro la Billy mi crollerà addosso mentre sono al computer. Già lo sento sogghignare macabro alle mie spalle, cigolante per l’assenza di colla sugli spinotti. E lo farà mentre guardo il calendario di Belen, cosicché ai miei soccorritori non rimarrà nemmeno un briciolo di reputazione da salvare.  Ma, ora che il popolo ha scoperto l’importanza della colla, la rivoluzione è più vicina.

La signora Ikea contro Mister Mondoconvenienza

ikeaStiano tranquilli gli avvocati dei due gruppi commerciali citati nel titolo di questo post, i loro seguigi a caccia di articoli che minino la reputescion o anche semplicemente gli appassionati di arredamento: non ho intenzione di parlare della qualità dei prodotti di questi due fornitori. Peraltro sono un cliente piuttosto soddisfatto di entrambi, per quanto non faccia testo perché posso spaccare il capello ed essere un cliente molto esigente quando si tratta di tecnologia, ma quando si tratta di un tavolo o di un armadio per me l’importante è che stia su.

Sono le filosofie di acquisto che ruotano intorno a questi marchi che mi interessano, l’acquirente ludico e l’acquirente funzionale di flochiana memoria.

Al cliente ludico piace fare acquisti. Gli piace mettersi in macchina il sabato mattina, ritrovarsi nel traffico della tangenziale con altre centinaia di ludici come lui, forse gli piace persino il salmone che mangia durante la sua gita al centro commerciale. Gli piace muoversi tra gli ambienti colorati, scegliere il mobile di cui ha bisogno tra una sala e l’altra e nel frattempo magari comprare posate e piatti di plastica dai colori talmente vivaci che la lavastoviglie quando li vede arrivare indossa gli occhiali da sole, curiosi ciappetti che dovrebbero servire a chiudere i pacchi ma che funzionano solo in Svezia (in Italia ce ne vogliono tre per fare il lavoro di una dignitosa molletta), marmellate fuxia che di notte diventano fosforescenti (e se ne mangiate tanta in effetti potrebbe servire come colonoscopia). È risaputo che Ikea come altre catene della grande distribuzione analoghe basino una fetta rilevante del proprio business proprio su questi accessori.

Pazienza se poi occorre portarsi a casa, due piani senza ascensore, un oggetto imballato lungo due metri e spesso 40 cm senza alcuna maniglia, che pesa dannatamente e le cui tracce nella tromba delle scale allieteranno il dibattito della prossima riunione di condominio. Pazienza se alla fine di un pomeriggio estenuante l’armadio montato in casa barcolla vistosamente e vi è avanzata una mensola e tre viti. Tanto fra una settimana è di nuovo sabato e si riparte, abbiamo giusto dimenticato di comprare due lampadine.

Al cliente funzionale il prodotto serve. Punto. Ne ha bisogno, prima arriva e meglio è: se risponde alle sue esigenze, è contento. Non ha tempo da perdere, il cliente funzionale, e non è particolarmente interessato neanche alla possibilità di scegliere tra un ventaglio di alternative diverse. Il cliente funzionale si mette al computer – ma i nostalgici del mondo analogico potranno sfogliare un catalogo riportando alla memoria i bei tempi andati di Postal Market e Vestro), verifica le misure, ordina. E include nel prezzo la consegna e il montaggio, cosicché un paio di giorni dopo due omaroni suonano a casa, entrano con l’oggetto imballato lungo due metri e spesso 40 cm (ma loro sono in due, eh!), in venti minuti l’hanno montato e messo al suo posto, si sono fatti pagare e hanno salutato.

In casa mia, l’avrete capito, Mister Mondoconvenienza sono io. Per me l’idea di fare una telefonata e avere qualcuno che mi risolve il problema senza impicci è un lusso a cui non so rinunciare. Ovviamente la signora Ikea è mia moglie, che invece trova assurdo spendere qualche decina di euro per la consegna e il montaggio quando possiamo fare da noi (e usarli magari per comprare i maledetti piatti e ciappetti psichedelici). Magari in un’altra coppia le parti si invertono; oppure ci sono coppie che pascolano felici per l’Ikea mano nella mano con il carrello pieno di caramelle al lampone. Non lo so, ma ho la sensazione che l’ipotesi funzionale (o pigra, se vogliamo dirla tutta) sia molto maschile, e quella ludica molto femminile. Tranne il caso patologico di quei viri dal petto villoso che si comprano tre assi di legno e una motosega perché pensano di costruirsi la camera da letto da soli (che però mi pare una moda decisamente in calo).

PS Ovviamente i mobili potete ordinarli online o farveli montare anche dall’Ikea, così come potete visitare un negozio di Mondoconvenienza e andare a ritirare la merce al magazzino. Ma è qualcosa di intrinsecamente innaturale, come festeggiare l’addio al celibato a Parigi e andare in viaggio di nozze ad Amsterdam. Non si fa.

Quarantenni in pantaloncino

dscA vent’anni vai al campo di calcetto in bici, con in tasca i soldi per pagare e un asciugamano sulla spalla.
A quaranta ci vai in auto, con un borsone con accappatoio, shampo, balsamo, crema idratante, phon, pantofole, cambio e cambio di riserva, bevande reidratanti.

A vent’anni speri che quella liceale carina passi per caso e osservi le tue gesta calcistiche.
A quaranta non ti muovi da casa prima di esserti accertato che il campo è in estrema periferia, isolato dal centro abitato e in posizione tale che nessuno, a parte gli altri nove in campo, possa vederti in pantaloncino.

A vent’anni difendi e attacchi con impeto e foga.
A quaranta ti difendi dai calcioni involontari di compagni sovrappeso e l’unica cosa che speri di attaccare è la massa grassa.

A vent’anni ti leghi i capelli per evitare che cadano davanti ai tuoi occhi.
A quaranta ti leghi il ginocchio per evitare che cada davanti ai tuoi occhi e a quelli dei compagni di squadra.

A vent’anni hai un idolo professionista, un campione che cerchi di imitare.
Anche a quaranta hai un idolo professionista, un campione che cerchi di imitare, solo che ormai fa l’allenatore o il commentatore sportivo.

A vent’anni giochi con scarpe da tennis scucite, una maglietta scolorita e un pantaloncino con l’elastico troppo largo.
A quaranta hai un completo originale, scalda muscoli, parastinchi e scarpe diverse a seconda del terreno di gioco.

A vent’anni devi proteggerti da tua madre che preferirebbe vederti a casa a studiare.
A quaranta devi proteggerti da tua moglie che preferirebbe vederti a casa a stirare.

A vent’anni si gioca finché non suona la campanella, anzi finché non ci cacciano.
A quaranta dopo un quarto d’ora c’è già il primo che ha domandato: quanto manca?

A vent’anni pensi che il meglio debba ancora venire.
A quaranta sai già che il meglio è già passato.

Ma nonostante tutto il quarantenne non molla, perché in fin dei conti è solo un ventenne che ha raddoppiato la posta.

PS. Se riesco ci vediamo la settimana prossima, ma se piove non rompete che sapete già che non gioco.

I collegomani

Camminata ondulante, mano che spazia con finezza dalla patta all’ascella, braccio appoggiato alla scrivania e stuzzicadenti tra i denti, o, in alternativa, stanghetta degli occhiali tra le labbra.
Il collegomane è a caccia, dissemina gratis adulazioni e complimenti, ti trovo benissimo ma dov’è che vai in palestra, quel pantalone ti sta divinamente ma chissà come staresti senza. Quand’è che mangiamo insieme o almeno prendiamo un caffé, ti ricordi quella volta in cui, mamma mia come lavorano le tue colleghe non le distraiamo eh eh eh.
Se trova una collegomane allora il siparietto può durare un quarto d’ora, generare grasse risate, feste e cotillon, con eventuale prolungamento per l’aperitivo.
Se invece la vittima della caccia non ride, non batte le ciglia, non arrossisce e insomma non dà soddisfazione allora entra nella lista delle zitelle acide che il collegomane eviterà accuratamente in futuro, sempre che ci sia per loro un futuro…

Conosco una scorciatoia

Ce l’abbiamo avuti tutti un amico che conosceva sempre la scorciatoia.
Quello che si mette sempre davanti ai cortei di automobili perché lui conosce un percorso che si fa prima.
Quello che anche in una città in cui non è mai stato prima suggerisce di evitare il centro e indirizzarsi verso la tangenziale di cui ha sentito parlare solo su Onda Verde.
Quello che vi dice di non fare come tutti che per andare, che so, a Perugia escono a Perugia, ma di essere svegli, lasciare l’autostrada due uscite prima e poi proseguire nei paesini.
Quello che non è mai stato all’estero in vita sua, ma discute con competenza delle differenze tra le autostrade russe e le highway del Midwest.
Ebbene, se c’è una cosa di cui sono grato alla tecnologia, è che con i navigatori satellitari, per questi amici è iniziato il viale del tramonto.

Regali natalizi

Lui si aspetta un cellulare di nuova generazione, con la tv incorporata e un software per la gestione del bilancio familiare che pernette di pianificare gli investimenti alla fermata dell’autobus. Ha fatto a lunga la corte a quel cellulare, ha lasciato in giro le pubblicità, i volantini dei centri commerciali aperti sempre sulla pagina di quel telefono, persino le fotocopie del manuale di istruzioni prestato da un conoscente.
Lei gli regala una cinta. Firmata, che costa più del cellulare, è in pelle pregiata. Una cinta.
Lei si aspetta un paio di orecchini con topazio. Ha già l’anello e la collana, le mancano solo gli orecchini per completare il set, li vuole, l’ha scritto sulla lavagnetta in cucina, nello screensaver del computer e ha persino gridato orecchini l’ultima vola che hanno fatto l’amore.
Lui le compra un palmare con gli esercizi per la ginnastica pre-caricati. Costa il doppio degli orecchini.
Lui si andrà a comprare il cellulare prima della fine del mese, lei ha già indossato gli orecchini che si è comprata da sé alla festa di Capodanno.
Morale: se volete risparmiare, niente sorprese a Natale.