La prima scena coinvolge un bambino che, dopo aver diligentemente percorso gallerie fatte di cappotti e camicie, arriva all’ultimo piano della Coin, quello incantato, quello divertente. L’unico per il quale valga la pena farsi comprare le scarpe, con la mamma che pesta la punta della calzatura per sentire dove arriva l’alluce, armeggiando con quel curioso cucchiaio a forma di scivolo con il quale si infilano le scarpe quando sono nuove.
Il bambino lascia la mano alla mamma e comincia a correre, ci sono libri, poster colorati, giornali, sa che ha già speso la paghetta per il Giornalino e non può ambire ad altro, ma quei colori, quei profumi, quelle colonne di libri rimangono un ricordo difficile da scalfire.
La seconda scena riguarda cinque studenti universitari di comunicazione in vacanza in Scozia. Non mi domandate che legame ci sia tra semiotica e le highlands, fatto sta che i cinque sono lì. Ad Edimburgo, in particolare, unica tappa cittadina del tour a parte la sosta a Glasgow, the smiling city, che decideranno di abbandonare dopo poche ore e una scena di guerriglia urbana in cui per poco non rimarranno coinvolti. Sono ad Edimburgo, la città del Royal Mile, dei locali dove sorseggiare te commentando l’attualità, di Brave Heart. Uno di loro si ferma. quasi folgorato. Alza il braccio destro e indica uno spuntone marrone lungo l’orizzone. Sarebbe magnifico essere lassù, dice. Dice sul serio, non è una battuta. Cosa mai ci sarà di magnifico arrampicarsi su una collina, ne abbiamo di migliori in Italia, pensa uno degli studenti (lo stesso della scena della Coin). Ma altri due studenti alzano il braccio e puntano l’indice verso il colle. Noi andremo là, declamano all’unisono. Dicono sul serio, non è un battuta neanche la loro.Gli altri due commentano perplessi che bisogna essere veramente scemi per avere un’idea così imbecille, fra un po’ piove pure. E così, mentre i tre impavidi si infangano fino al collo per quella che continueranno, negli anni, a raccontare come un’esperienza decisiva per la loro formazione umana, lo studente se ne va in giro per librerie, a sfogliare, annusare, osservare libri meravigliosi. Ogni tanto si ferma per una tazza di té (è luglio ma cacchio se è freddo il luglio scozzese, e piove davvero), poi riprende. A sera ritroverà l’altro studente , che se n’è andato in giro per il centro anche lui ma per altre destinazioni, e i tre scalatori commossi che gli ripetono con le lacrime agli occhi che si, sono convinti di aver fatto davvero qualcosa di grande. Contenti voi, pensa lo studente. Io non so se ho fatto qualcosa di grande. Ma so che ho fatto qualcosa di bello. E adesso per favore fatevi una doccia che non mi di condividere l’ostello con tre pecoroni delle Shetland fradici.
La terza scena è ambientata in una libreria di via San Vitale, si chiama Libri Incontro e già dal nome si pone l’obiettivo di essere un punto di ritrovo per i bibliofili, un posto dove magari i lettori possono incontrare gli autori. C’è appunto un autore che, con l’aiuto dell’amico Andrea Antonazzo, sta presentando il suo romanzo, “Bello dentro, fuori meno”. È una delle sue prime presentazioni, ad ascoltarlo ci sono solo amici, già numerosi presagi lasciano intendere che non è destinato ad una carriera particolarmente brillante. Ma non importa, quella scena rimane, e ci sono scene talmente magnifiche che ti fanno dimenticare che il resto del film non è poi questo granché.
Mi sono limitato a tre scene, ne avrei potute raccontare decine. La libreria è da sempre per me un posto straordinario. Come i negozi di dischi, le videoteche o le sale giochi con i biliardini, stanno scomparendo. E se mi fa male sapere che presto non ci saranno più negozi di dischi, non mi rassegno all’idea che è destino che scompaiano anche loro. La libreria della Coin non c’è più, e nemmeno Libri e Incontro. Insieme a tante altre, quelle piccoline e disordinate che sembravano una protesi cartacea del libraio, quelle grandi in cui ti perdevi e chiedevi ai commessi dov’è l’uscita. Però è così, e come scrittore non mi sembra nemmeno così grave: in fondo su Amazon e IBS ci siamo tutti, Fabio Volo e Carmine Caputo: nelle piccole e grandi librerie c’è quasi sempre solo Fabio Volo, perché la distribuzione ha delle leggi a cui pochi possono ribellarsi. Però non mi rassegno.
Forse invecchiare vuol dire proprio questo, vuol dire rattristarsi perché se ne vanno gli scenari che ci hanno regalato delle scene che non riusciamo a dimenticare.