Preparata la scena e i protagonisti, veniamo ora alle storie vere e proprie. Dimenticatevi gli inseguimenti e le sparatorie, quelli costano troppo.
Nei film americani le auto prendono fuoco, in quelli italiani parcheggiano sotto il lampione mettendo in luce il logo fresco di restyiling. Al limite potrete chiedere al regista qualche movimento di macchina arrischiato e un po’ di montaggio alternato, ma in ogni caso inutile scrivere copioni per Hollywood se li spedirete a Cologno Monzese. Metteteci alberghi e località turistiche da cartolina (vedi prima puntata a proposito della location).
Preparate tre storie. La principale, che si esaurirà nell’episodio, con il cattivo smascherato alla fine. Una secondaria, di solito più leggera, divertente, che servirà come contorno, per spezzare il ritmo a quella principale e confondere un po’ lo spettatore che altrimenti capisce chi è il colpevole dopo dieci minuti. La terza storia invece sarà quella che di livello superiore che sarà il leit-motive di tutta la serie: una storia d’amore difficile per l’eroe, la rischiesta di un trasferimento, un conflitto interiore (non troppo profondo, per carità, non siamo mico Bergman, la fiction deve essere comprensibile anche mentre si lavano i piatti o si passa l’aspirapolvere).
Per la storia principale, ovviamente sceglierete subito un personaggio squallido, spudoratamente cattivo, con il quale distrarre lo spettatore, che però non sarà mai l’assassino. Potete seminare degli indizi da richiamare alla fine, alla Nero Wolfe.
Non rischiate troppo il colpo di scena: potrebbe finire dopo una pubblicità, e il vostro pubblico perderselo. Affidate la storia secondaria ad un collaboratore, che magari potrà aiutare l’eroe con una battuta da deus ex-machina. Occhio a non insistere troppo sulla terza storia: serve solo a tenere insieme le puntate, ma non deve essere troppo ingombrante.
La serie deve essere di facile compensione anche se lo spettatore si è perso la puntata perché è uscito o perché la nuova dentiera gli ha provocato un ascesso.