Chi ha letto il mio romanzo “Ballata in sud minore” sa quanto sia portato a legarmi ad oggetti che mi aiutano a ricordare. Ma certo tutto non si può conservare, arriva il momento in cui occorre fare spazio. E così anche per noi è arrivato il momento di liberarci dei passeggini.
Il primo era un autentico fuoristrada, possente e carrozzato, in grado di garantire ogni confort al pargolo (chiusura ermetica contro la pioggia, imbottitura, ampie possibilità di movimento, cinture di sicurezza da caccia bombardiere, spazio per giocattoli, biberon e quant’altro). Il classico passeggino della giovane coppia che non bada a spese per la primogenita. Ma che soprattutto non valuta il peso di quel piccolo trattore destinato a comprimere più di qualche vertebra del genitore beato.
Dopo 7 anni di uso, non credo di aver compreso appieno la meccanica di quell’aggeggio. Fino all’ultimo ho sbagliato leva per cui costringevo le mie figlie a crollare all’indietro quanto l’obiettivo era solo bloccare le ruote, per non parlare di tutte le volte che disperato l’ho infilato nel portabagagli ancora aperto, vinto dalla sua tenacia nel rifiutare ogni mio tentativo di chiusura. Ne abbiamo passate tante, con quel passeggino. Come quel giorno che la postina in moto mi fece segno con la mano, mentre buttavo la spazzatura, per indicarmi che la pargoletta anziché attendere trenta secondi buona era riuscita smuoverlo. Breve corsa sul marciapiedi per recuperarlo, con successivo capitombolo della piccola peste. Niente di grave, per carità, ma per lo spavento mi feci tre camomille di fila prima che la tachicardia mi desse tregua. Ne ha fatti di chilometri, il piccolo suv, godendosi i momenti di celebrità, come la prima volta che è apparso dai nonni portando in sé il piccolo tesoro eccitato, oppure alla presentazione di “Bologna l’oscura“, in fondo alla sala, consapevole di attrarre l’uditorio molto più dello scrittore, grazie anche ai mugolii ruffiani del passeggero. Un po’ mi mancherà l’abitudine a guardarlo con la coda dell’occhio, parcheggiato sornione dietro l’albero al parco mentre aiuto mia figlia ad arrampicarsi sullo scivolo, e mi mancherà anche il suo capiente fondale capace di trasportare libri, giochi, ombrelli, biscotti, cambi, insomma il minimo indispensabile per chi esce di casa con un bimbo che ha meno di tre anni.
Il secondo passeggino mi catturò un pomeriggio che facevo la spesa in un centro commerciale. Era incredibilmente sexy, così slanciato, leggero, esile eppure resistente. Fu amore a prima vista. L’immagine rassicurante di un personaggio disneyano l’avrebbe fatto ben volere anche alle passeggere, mentre io di quel passeggino amavo la semplicità. Niente imbottitura, una copertura appena accennata, niente fronzoli, solo muscoli scattanti e rapidità. Un passeggino capace di chiudersi in pochi secondi e di entrare persino nel minuscolo bagagliaio di una utilitaria a metano. Ricordo ancora la prima volta che portai tutte e due le bimbe in centro, lo sguardo commosso della gente che ci vedeva salire in autobus, guardate quel papà con le due bimbe, che caro, e dire che non è nemmeno tanto giovane… Lo chiudevo e lo mettevo sotto braccio mentre con le mani tenevo ben salde le due eredi. Io, il passeggino e le bimbe abbiamo formato un quartetto vincente. Siamo stati più volte in centro, ai giardini Margherita, ma anche in vacanza, sulla spiaggia, in pineta, al teatro. Nulla sembrava in grado di fermarci. Liberi e leggeri come un diciottenne al suo primo inter-rail. Certo qualche grana me l’ha procurata anche lui, soprattutto perché aveva solo due modalità di guida, con le ruote libere di girare o bloccate, ma le alternava gaudente senza alcun preavviso.
I nostri due fedeli segugi, per sette anni il primo, quattro il secondo, ci hanno aspettato, ogni mattina, in fondo alle scale, pronti per scorrazzare le bimbe al nido e riportarle a casa, per la domenica dagli zii e le passeggiate al parco, per correre mentre le risate del passeggero incitavano “più veoce, più veoce”, o trasformarsi in piccoli giacigli nelle serate più lunghe. Ma le bimbe sono cresciute e l’amministratore di condominio ci ha ricordato una volta di più che la loro occupazione del pianerottolo era abusiva.
E così i passeggini se ne sono andati, a ricordarci, una volta di più, che siamo di passaggio anche noi.