Le storie d’amore tra le automobili e i loro proprietari sono spesso destinate a concludersi dolorosamente.
Non è la mancanza di passione né il bisogno di nuovi stimoli a porre fine al rapporto, ma una parola fredda e spietata: rottamazione.
Comprammo la C3 per festeggiare (?) la mia assunzione a Monzuno. La precedente Saxo infatti aveva dimostrato più di qualche affanno tra i tornanti appenninici, e un vandalo motorizzato che ne sfasciò una metà mentre era parcheggiata tranquilla sotto casa ne anticipò la sostituzione.
Arrivò così lei, con quell’aria da nobildonna francese nonostante si trattasse di una utilitaria.
Aveva persino quella parola, bluetooth, che all’epoca ti faceva fare bella figura con gli amici.
Dal centro medievale di Castel di Casio al Contrafforte di Brento, dalle grotte di Labante ai laghi di Castiglione, non c’è angolo dell’Appennino che non abbiamo percorso insieme. Bologna, Monzuno, Tolè, Vergato. Quante curve, quante salite in seconda.
Comprese fughe “fuori porta” tra i forestieri di Loiano, Monghidoro o Zocca.
Sempre orgogliosamente emiliana romagnola, la C3: il suo minuscolo portabagagli non l’ha quasi mai portata fuori dai confini regionali. Minuscolo perché occupato dalle bombole a metano: con dieci euro facevo 250 km, altro che le aspirapolvere su quattro ruote che vorrebbero propinarci con la scusa della transizione ecologica.
Che poi a dirla tutta non ci si affeziona agli oggetti ma ai ricordi che ci associamo. Come quella volta che sommerso di neve la lasciai alla rotonda prima di Monzuno per chiedere al mio amico e collega Fabio che mi recuperasse con la Panda 4×4. Gomme termiche o no, non ne voleva sapere di continuare. Era pur sempre una nobildonna, che però indossò con qualche resistenza le catene il 13 novembre 2017, il giorno del nevone, quando mi attrezzai per recuperare mia figlia dal nido che chiudeva in anticipo vista la tempesta.
E come non citare quel 29 febbraio 2012, data indimenticabile: mia moglie mi chiamò per dirmi che le si erano rotte le acque, e la C3 volò come una C4 o una C5, pure. Per fortuna il viaggio non fu immortalato dalla polizia locale, sai che multa.
La mia cara C3 non mi ha mai coinvolto in incidenti anche se registro diverse sbandate in fondovalle e un testa coda sulle Ganzole, per fortuna senza conseguenze. Si perché come si dice a Bologna la C3 sguillava un po’, presa com’era da quell’entusiasmo nell’affrontare le curve.
Quasi quindici anni insieme, si volta pagina mia cara. Ne hai visti di incarti di caramelle, ne hai sopportate di figurine infilate ovunque e unicorni che rotolavano nel portabagagli.
Alcuni sinistri cigolii e qualche colpo di tosse di troppo ci hanno fatto capire che è il momento per te di andare in pensione.
A me manca ancora un po’. Anche se in cuor mio so di essere anch’io una utilitaria, una C3 che quando serve corre quanto una C4 o una C5 pure.