Gesù a trent’anni decise che era venuto il momento di fare sul serio, appese il martello al chiodo, chiese a Giuseppe il TFR e partì per il suo viaggio.
A trent’anni i giocatori comprendono che il tempo di giocare sta per finire, se sono bravi cominciano a mostrarsi in giro in giacca e cravatta per convincere il presidente a riciclarli come dirigenti, se sono scarsi iniziano a commentare i fatti della giornata in qualche emittente privata.
A trent’anni anche le letterine si sposano.
A trent’anni quando guardi una donna non pensi subito a come starebbe in costume da bagno, ma ti domandi se sa fare le lasagne al forno. A trent’anni le donne non hanno più bisogno di mostrare le curve per sedurre, ma semmai devono nascondere quelle di troppo. Trenta, come i giorni del mese, trenta come la percentuale di stipendio che se ne va in tasse.
A trent’anni ti chiamano signore quando chiedono un’indicazione, e non sei più obbligato a cedere il posto in autobus. È già tanto che qualcuno non lo offre a te. A trent’anni sei grande, hai superato la fatidica soglia: il tuo stipendio è rimasto di là, lui è ancora junior, chissà per quanto tempo lo sarà, è bello sapere che una parte di te rimane giovane. Sul retro di copertina del mio libro c’è scritto che sono nato vent’otto primavere e mezzo fa. Sul prossimo, semmai il mio editore avrà il coraggio di pubblicarlo, ci sarà scritto che ho trent’anni: li compio fra qualche settimana.
Non sarà un libro comico: cacchio, come fa un trentenne a scrivere un libro comico?