Le previsioni del tempo hanno sempre rappresentato per me un angolo, nel variegato mondo della comunicazione, di oggettività, di scientificità, almeno presunta.
Sarà che da bambino ad annunciare quello che ci sarebbe toccato in termini climatici era il serio colonnello Bernacca, sarà che le previsioni erano un rito che spesso costringevano tutti a stare zitti (si poteva chiacchierare sul telegiornale o durante una partita, ma la liturgia delle previsioni richiedeva il silenzio), ma insomma, le ho sempre considerate al di sopra di ogni parzialità; magari sbagliate, ma oneste.
Anche negli anni in cui democristiani e comunisti se le davano di santa ragione, e purtroppo non solo metaforicamente, non è che le previsioni del primo canale annunciassero il sole su imprenditori e preti, e grandine sugli operai. Anche Rai Tre annunciava che avrebbe piovuto persino sull’Emilia rossa, e non solo sul nero Veneto.
Poi le cose sono cambiate. I colonnelli in divisa hanno lasciato spazio a meteorologi in giacca e cravatta, e fin qui tutto bene, non mi è mai piaciuto un ambito prerogativa dei militari. Da lì a breve però sono scomparsi anche loro, sostituiti da signorine sorridenti, bellissime, che recitavano un copione a memoria, senza avere la più pallida idea di cosa voglia dire saccatura depressionaria o anticiclone, ma dicendolo benissimo.
Che dire? Sì certo la donna oggetto bla bla sì certo il corpo esibito bla bla sì certo l’incompetenza in primo piano, ma in fondo, se da attrici recitavano un copione scritto bene da un meteorologo serio, che male c’era? Ogni tanto si poteva sostituire con un bellone per appagare il pubblico femminile (magari l’hanno fatto, non so), ma la vera tragedia, per la meteorologia, è stato internet, e quel mostruoso fenomeno chiamato clickbait.
Letteralmente “esca da click”, si tratta di contenuti il cui obiettivo è attrarre più persone possibili, per generare contenuti pubblicitari: non importa che leggano o che si informino, basta che leggano. “Dieci attori che non sapevi fossero morti”, “Non crederai ai tuoi occhi quando vedrai come si è ridotto tizio”, “Queste auto invendute vengono quasi regalate”.
Sciocchezze di questo tenore insomma, notizie buffe, inverosimili, a volte palesemente false. Questa patologia dell’informazione online ha finito per colpire anche il meteo, con annunci del tipo: “Verso un drammatico peggioramento” “rischio bufere di neve” “L’Italia nella morsa del gelo”, o se preferite l’estate, “In arrivo una rovente estate di caldo” “In arrivo Lucifero e il caldo torrido”. Poi clicchi, e ti accorgi che sì, verrà un po’ di pioggia e forse la neve sulla cima delle Alpi, ma è novembre, non mi sembra in fondo questa gran notizia, come non lo era un pomeriggio caldo a fine luglio.
Cari amici redattori dei siti di meteo, siamo già circondati da paure: della pandemia, della crisi finanziaria, dell’inquinamento. Smettetela di fare buh! per un po’ di neve o una giornata afosa, tanto su quella notizia fasulla ci potremo cascare una volta o due, poi impariamo la lezione.