Gli amici milanisti sono caldamente invitati a non proseguire la lettura di questo post. Anzi, di questo post-post: post-eliminazione. Non cominciate con la farsa del fare il tifo per le italiane sempre e comunque, come se Kakà e Shevcenko fossero di Sassari e Matera. Non sono stato io a pubblicare in piena campagna elettorale pagine e pagine pubblicitarie sui trionfi del Milan e del suo presidente. Non sono stato io a chiamare un partito scippando lo slogan di milioni di tifosi. Ma sono stato coinvolto in questa bagarre calcio-politica, e tutte le volte che il Milan perde non posso fare a meno di provare un brivido di piacere.
Certo, direte voi milanisti, il Milan non ha perso: sarebbe più giusto parlare di pareggio, con un netta vittoria nella seconda partita anche se non segnalata dal gestore della giustizia calcisitica in giacchetta nera di chiara matrice comunista. Una legge che permettesse di ricusare l’arbitro assegnerebbe il gol al Milan; e un’altra legge sull’annullamento delle partite contestate cancellerebbe il risultato della partita di andata. Quindi, se fossimo in un paese liberale, il Milan sarebbe in finale. Pecorella ci stava già lavorando, ma la legislatura è finita prima che potesse completare l’opera.
Cribbio!