È vero, siamo pieni di morti che parlano.
Ci parlano con coraggio nel buio ci certe sere malinconiche quando contando i passi che ci separano da casa ripensiamo a quei cento passi che Peppino Impastato percorse a testa a alta a Cinisi. Perché per noi mafia e antimafia non sono proprio la stessa cosa.
I nostri morti ci parlano con lucidità quando rileggiamo le parole di Pierpaolo Pasolini, ucciso due volte, prima a bastonate e poi nella memoria di chi ha voluto infangare la sua storia, spaventato dall’idea che la diversità possa essere così normale.
I nostri morti ci parlano con rabbia quando ripercorrendo sentieri appenninici risentiamo gli sforzi eroici dei partigiani della Stella Rossa impegnati contro un nemico troppo più grande ma non per questo meno determinati. Perché per quanto ci impegniamo noi non riusciamo a trovarci niente di buono nel fascismo che forse aveva a cuore certe famiglie ma di certo non quelle di contadini ed operai.
E li sentiamo eccome le urla a Portella della Ginestra, dove i nostri undici morti (tra cui due bambini) ancora oggi chiedono chi può essere così vile tra sparare sulla gente in festa per la vittoria alle elezioni del Blocco del popolo. Ed è un morto che parla anche Placido Rizzotto, un sindacalista della CGIL ucciso per il suo impegno a favore dei contadini, lui che sì, credeva che i sindacati servono eccome, anche se voi altri vorreste sbarazzarvene con metodi certo meno cruenti ma altrettanto risoluti.
Ci sono morti viventi, si perché per noi sono ancora vivi, che parlano da tanto tempo e altri che invece hanno cominciato a parlare in tempi recenti, come Angelo Vassallo, un ambientalista vero che mai si sarebbe presentato al Quirinale in suv.
Siamo pieni di morti che parlano, ma anche se imperterriti continuate a insultarci noi non risponderemo perché l’istinto di mandarvi a quel paese è frenato dal ricordo di quell’uomo che disse beati i miti, anche se, non abbiamo dubbi, voi in piazza gli avreste preferito Barabba.
E se pure continuerete a ripetere che è tutto uguale, che non ci sono differenze, noi continueremo a preferire Berlinguer ad Andreotti, Obama a Bush, Che Guevara a Valerio Borghese. Perché sono le loro voci a tenerci svegli e all’erta, non certo le vostre battute volgari.
Perché i nostri eroi vengono uccisi, e con loro le loro idee di pace, libertà, uguaglianza.
Ma dopo risorgono più forti di prima.
Buona Pasqua,
Speriamo di uscire dal buio e tornare a rivedere le stelle, prima o poi. Quelle vere.