Tanto per cominciare, fai veramente fatica a distinguere la pubblicità dai redazionali. Poi, ogni cinque pagine c’è un fusto nudo che reclamizza un profumo. Gli unici riferimenti allo sport riguardano l’ “african style” di Etò e la passione per l’abbigliamento classico di Schumacher, e se si parla di viaggi non è per citare bellezze naturali o musei ma per parlare di caffè e vie dello shopping.
Forse l’avrete capito: ho avuto fra le mani una copia di “Vogue Uomo”. In tutta sincerità mi sento più a mio agio quando leggo “Donna Moderna” o “Il ristoratore”, più vicino al loro lettore tipo, e persino su “Autocamper” tempo fa trovai pagine più vicine ai miei interessi.
Niente sport, dicevo, niente politica, uomini nudi ovunque, si parla di tecnologia solo per citare lo stile vintage di una macchina fotografica senza minimamente far riferimento ad obiettivo o risoluzione. Sparsi ovunque termini quali “lifestyle” “leisure” “glamour” .
Evidentemente il target è quello che gli americani chiamano “shemale” (non necessariamente omosessuali, ma uomini con forti tendenze femminili, ecco) e paradossalmente leggerlo a rianimato i miei istinti maschili più bassi. Non me ne frega niente di un paio di scarpe di cuoio trendy, non spenderò mai più di sette euro per un paio di mutande, va bene il deodorante ma il profumo griffato mai e poi mai, in vacanza voglio vedere e vivere bei posti e non sorseggiare tutto il tempo whisky nei locali in, non mi farò mai la ceretta e non so che farmene di una casa bella, se non è anche comoda.
Alla fine della lettura ero talmente irritato che mi è venuta voglia di ruttare e grattarmi il culo. Ero nella sala d’attesa di uno studio medico, e ho dovuto rimandare, ma ho capito che non mi abbonerò alla rivista.