C’era una volta la domenica sportiva, non la trasmissione televisiva, ma la giornata, anzi il pomeriggio, dei tifosi appassionati di calcio. Cominciava dopo pranzo, i più fortunati allo stadio, altri a vedere i dilettanti – è gratis, ma è sempre calcio – altri ancora semplicemente in casa con la radio. Schedina in mano, si segnavano i gol, vedendo quanti punti si raccoglievano, fermandosi (nel mio caso) a tristissimi 10 o 11. E poi si finiva tutti di fronte al rito per antonomasia celebrato da Paolo Valenti, uno dei migliori giornalisti sportivi di sempre. E con lui il mitico Giorgio Bubba da Genova, l’uomo che più si è avvicinato alla mia idea di gnomo da giardino in carne ed ossa, Luigi Necco da Napoli con l’immancabile battutone finale e 50 ragazzini sulle spalle che salutavano a casa, Tonino Carino da Ascoli, un personaggio che sembrava uscito dai fumetti (e infatti continuamente ripreso da Drive in), Franco Strippoli da Bari e Foggia (ispiratore, con il suo indimenticabile riportino, del Frengo e Stop di Albanese), il compassato Cesare Castellotti da Torino, Marcello Giannini da Firenze con quella parlantina biascicata che sembrava recitasse poemetti, Gianni Vasino con quella vocina da cartone animato e tanti altri che non ricordo più e che hanno accompagnato la mia infanzia. C’era una volta, e non c’è più. Sembra passato un secolo: la schedina non c’è più, strozzata non tanto da altri diecimila giochi e dalle scommesse, quanto da una giornata di campionato che comincia il venerdì e finisce il lunedì. E adesso scompare anche 90°. I diritti li ha presi Canale 5 che pare ne farà una trasmissione umoristica con Bonolis e la Gialappa’s. Potete giurarci che su due ore di programma 50 minuti saranno spot. Non mi dispiace troppo, ormai il calcio mi ha stufato, a parte l’irrazionale amore per il Taranto, e 90° non lo seguo più da anni. Non voglio neanche fare quei discorsi da vecchi nostalgici "Eh, ai miei tempi". Però mi domando se dobbiamo lasciare impassibili e rassegnati che tutto, anche lo sport, diventi merce di scambio e contrattazione, oppure c’è qualcuno che ancora crede che in fondo, senza parabole, diritti e veline, non si stava poi così male.