Era il 15 settembre 1994, in una bella mattinata bolognese aspettavo insieme ad altri 4000 freschi maturati di affrontare la prova del test di selezione al corso di Scienze della Comunicazione, che avrebbe accolto 140 di noi.
Certo non ero l’emigrante con la scatola di cartone, ma il modo in cui guardavo stupito il mondo intorno a me doveva comunque tradire un certo atteggiamento del provinciale che si guarda intorno e pensa uao, sono a Bologna, mica Cisternino.
Qualcosa nella mia fiducia della perfetta teutonica macchina organizzativa settentrionale scricchiolò quando vidi farsi largo tra la folla di studenti il professor Umberto Eco che si avvicinò e domandò: avete mica idea di dove si tenga il test di ammissione?
La verità era che eravamo talmente tanti che i test si tenevano in diversi punti della città (io per la cronaca lo feci in viale Berti Pichat nelle aule di fisica: niente di strano, se si pensa che poi le lezioni le avrei seguite nelle aule di una clinica odontoiatrica, altro che organizzazione teutonica). Le lezioni sarebbero cominciate il mese dopo, alcune sarebbero state indimenticabili, altre meno, e circa sei anni dopo mi avrebbero portato alla laurea (prima sessione fuoricorso, però ci ho fatto dentro il servizio civile, eh?).
Ieri sera ho festeggiato i 18 anni da quell’ottobre 1994 insieme ad alcuni protagonisti di quella stagione, che se non è stata la più bella, per me, sicuramente si candida ai primi posti. Persone che hanno preso un treno, un’areo in alcuni casi, fatto chilometri di autostrada per celebrare quei giorni. E ho potuto rendermi conto di come devo essere cambiato io, osservando come sono cambiati loro.
Neanche troppo, a dire il vero; quella più carina di tutte continua a essere la più carina, quelli simpatici continuano a fare battute esilaranti, quella più intelligente lo è ancora di più, chi aveva grandi sogni continua giustamente a crederci, chi aveva la puzza sotto il naso allora ad avercela (per forza, chi ha la puzza sotto il naso dice cose maleodoranti) e ha rifiutato l’invito…
Sicuramente con il tempo abbiamo imparato molte cose sui pannolini e sulla gestione dell’insonnia e dimenticato la semiotica, ma insomma, siamo sempre quelli del laboratorio in Via Toffano a scoprire questa novità chiamata Internet con il Netescape 2.0…
Non so se ci rivedremo tra 18 anni, so però che domattina, quando rientrerò nel mio ufficietto in cima alla montagna, sognando di fare il direttore del Corriere della Sera quando devo cercare i soldi per stampare un semestrale da 3000 copie, mi guarderò riflesso nel monitor e penserò che cavolo, se sono cresciuto con gente tanto in gamba, non devo essere tanto malaccio neanch’io.
PS Ad aumentare l’aura di mistero degna di ogni scrittore scalcinato, non sono presente in NESSUNA foto, però c’ero, lo giuro.
PPS Cisternino, col senno di poi, non è davvero niente male.