Se dovessi rappresentare la mia vita nella Bologna di metà anni novanta utilizzerei sicuramente alcuni posti come scenografia.
Perché ci sono ambienti che sono essi stessi interpreti di una storia. La mensa universitaria di via Barberia e le sue indimenticabili feste organizzate nello studentato, il bar da Mario sempre in via Barberia dove la sera c’era sempre musica progressive rock anni settanta in sottofondo, il Porto di Mare che ti dava l’impressione di essere in discoteca anche se non avevi i soldi per permetterla, il Depot di via del Pratello, un locale assolutamente psichedelico che purtroppo chiuse molto presto (non voglio indagare sul perché, i ricordi sono sfuocati e dire che bevevo poco per motivi economici). E ancora il Livello 57, il Link, il Teatro Polivalente Occupato. Tanta roba a cui dedicherò magari in futuro altri spazi nel mio blog (dipende dal numero di visualizzazioni). No, quella delle visualizzazioni è una battuta, non ci bado mai, anche perché basta inserire qualche nome noto a casaccio tipo “Maria De Filippi” “Belen” “Juventus” “Moana Pozzi” per ricevere click a dismisura di cui non me ne faccio nulla. Ecco, se siete arrivati su questo sito cercando Moana Pozzi potete anche chiudere la pagina, qui non c’è trippa per gatti, non la trippa che cercate voi insomma.
Tanta roba dicevo, ma per me la metà degli anni novanta volevano dire soprattutto una cosa: il Cinema Apollo.
Il Cinema Apollo non era un cinema centrale: sorgeva nel quartiere Saragozza in una zona che ho frequentato solo finché c’è stato il Cinema Apollo, una zona che che aveva senso solo perché c’era il Cinema Apollo. Immaginate un tranquillo quartiere residenziale che la sera veniva invaso da centinaia di studenti universitari che discutevano di strutturalismo, cinema sovietico e di quei femminoni esagerati che frequentavano Scienze della Formazione (di quest’ultimo dettaglio discutevamo a dire il vero solamente noi ragazzi del collegio, era un collegio maschile e l’ormone ne risentiva).
La caratteristica peculiare del Cinema Apollo era che con 8 mila lire si vedevano 8 film. Con una programmazione che cambiava film ogni sera, riproponendo lo stesso film più volte nel corso del mese domeniche escluse, e la tessera che scadeva dopo un mese. Per cui, per non perdere nemmeno mille lire dovevi vedere almeno otto film al mese: il che non era un problema, perché io ci andavo due o tre volte la settimana, e ho visto film che o vedi a vent’anni al Cinema Apollo, o non vedi mai più. Al Cinema Apollo, gestito da un gruppetto di pimpanti ottuagenari, potevi richiedere il film da vedere lasciando un biglietto in una boccia all’ingresso, e un mio amico tutte le sere si ostinava a lasciare un biglietto con la sua richiesta per “Odissea nello spazio”, film difficile da proiettare persino per l’Apollo perché si dice Kubrick ne abbia fatto ritirare tutte le copie in circolazione.
Qualche inconveniente, a dire il vero, c’era: Pulp Fiction lo vidi in piedi in un corridoio affollato come l’autobus alle otto del mattino, perché il Cinema Apollo faceva il tutto esaurito praticamente ogni sera ma come negli Intercity che portano al sud non si negava mai l’accesso a nessuno. La fila si formava ben prima che il cinema aprisse, e se ci tenevi a stare seduto accanto quella ragazza che avevi invitato con tanta fatica, dovevi muoverti con largo anticipo. E comunque, invitare una ragazza all’Apollo era da idioti, lì avrebbe infatti trovato sicuramente qualcuno più interessante di te.
Altra peculiarità era la difficoltà di apprezzare lo schermo in basso a destra: lì infatti prima, durante e dopo il film un vecchietto operava con fornetto e tavolino per produrre popcorn a ritmo continuo. Perché erano i popcorn il vero business del Cinema Apollo, non i biglietti venduti. Era una specie di tavola calda dove per passare il tempo si guardavano i film.
O si ballava: per alcune settimane venne proiettato il Rocky Horror Picture Show con un gruppo di ragazzi che l’animava: all’ingresso ti davano il riso da lanciare durante la scena del matrimonio, un giornale da cui ripararsi dagli schizzi durante la scena della pioggia… si ballava il Time Warp tutti insieme mettendo sotto sopra la sala, ma quella non era una sala qualsiasi, quello era il Cinema Apollo, quello era il cuore pulsante della Bologna che fu.
L’avrete già capito, il Cinema Apollo ha chiuso anni fa, sostituito da appartamenti invenduti. E chi potrebbe mai acquistare appartamenti costruiti deturpando il tempio della giovinezza? Sarebbe come comprare un appezzamento di terra liberatosi dopo aver abbattuto il Colosseo, o un appartamento con garage costruito sul bagnasciuga di Lipari. Poi secondo me quegli appartamenti sono posseduti dagli spiriti non di defunti, ma di personaggi cinematografici indegnamente sfrattati: provate voi a svegliarvi nel cuore della notte e trovarvi di fronte Mister Orange sanguinante o Kika che vi riprende con la sua videocamera in testa.
Il cinema non ce più, ma da qualche parte nelle fondamenta ci sono ancora i bigliettini con i film che quei ragazzi avrebbero voluto vedere e forse avranno visto o vedranno, ma non al Cinema Apollo.