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L’Italia dei guru

La Fiera dei piccoli e medi editori di Roma 2005 ha offerto una serie di spunti su cui riflettere.
Scandalosa, oscena e imprevista scoperta per giornalisti, guru dei new media, massmediologi e intellettualoidi: c’è un sacco di gente che compra libri. Giovani, donne, anziani, bambini. Non solo: comprano libri di autori esordienti, di sconosciuti, libri di poesia o saggi di autori provenienti dal terzo mondo. Invogliati non da pubblicità, gadget e sconti, ma semplicemente da una frase, una suggestione, una quarta di copertina. Gli intellettualoidi si agitano, argomentano, si interrogano, disquisiscono: come mai questo non succede tutto l’anno? Come mai quest’anomalia di Roma? Che ci fanno queste migliaia di persone a Roma, che non c’è neanche Radio Dee-Jay? Semplice. Tutto l’anno ai lettori vengono proposti maghetti volanti, giovanissime prostitute, resoconti di trasmissioni televisive, barzellette e polpettoni fantareligiosi. Poi capita una boccata d’aria fresca come questa fiera, e la gente accorre numerosa. Ci sono tante Italie.
Quelle di mandrie di militari in licenza, liceali brufolosi e ragazzini innamorati delle veline che accorrono al MotorShow a gridare "faccela vede’" alle hostess massacrate e a contendersi ferocemente un cappellino, e quella di chi va a Roma a comprare libri di cui non ha mai sentito parlare.
Ci sono tante Italie, ma i guru sembrano guardare sempre la stessa.

 PS. Le copie del mio romanzo sabato pomeriggio erano esaurite. Come autore ed editore, che si mangeranno le mani per mesi…

Il giorno pi? lungo

I primi a fare casino sono sempre i piedi, da sempre la parte più proletaria e battagliera dell’organismo: alzi la mano chi si ricorda di avere avuto male negli ultimi tempi alle orecchie, alle anche o ai polmoni. Quelle sono parti sottomesse e servili, i piedi no, i piedi si lamentano e fanno male. Dicevo, i primi sono stati i piedi, a lamentarsi della scarsa frequenza con cui il sangue li riforniva di ossigeno. Tanto hanno fatto che mi sono svegliato, in effetti mi sono accorto che erano gelati, e mi sono domandato se per caso non si fossero bloccati i riscaldamenti. Ma è ancora prestissimo, posso dormire ancora, maledetti piedi, li muovo un po’ per riscaldarli senza esagerare che non voglio dormire del tutto. Un paio d’ore dopo sono in piedi, in un silenzio irreale. Sarà che da qualche tempo vivo da solo, ma un silenzio così non me lo ricordavo. Non si sente passare la maledetta macchina che pulisce le strade la mattina presto e fa più baccano di una sfilata rave, al piano di sopra non hanno ancora cominciato a spostare i mobili (o uno dei coniugi c’ha l’amante e ogni notte lo nasconde nell’armadio, o vivono tutti in divani letto che hanno bisogno di essere oliati, o vivono tutti nell’armadio, non vedo altre spiegazioni). Vado in bagno, cacchio se fa freddo se n’è accorto anche lui e protesta pigramente perché non apprezza questa boccata d’aria fresca, l’acqua calda fa una condensa che sembra un geyser
Mi avvio pigramente a fare colazione, sembra domenica mattina, che strano, ma non è che è davvero domenica e ho dormito cinque giorni di fila, apro finalmente la finestra, capisco…
M***a, nevica. Cioè, non è che nevica m***a, ma è come se lo fosse, bastano pochi centimentri a mandare in tilt la circolazione bolognese. Ci metterò due ore ad arrivare in ufficio. Sarà un lungo, lungo giorno.