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No Martini, no party.

In Papa Arinze c’ho sperato poco, dirò la verità. Era una specie di sogno che covavo ma che sapevo non si sarebbe realizzato: non dirò che la chiesa è razzista perché non è vero, ma certo qualche imbarazzo un pontefice nero l’avrebbe creato, ne sono sicuro. Non ho coltivato questo sogno con molta convinzione perché sapevo di avere poche possilità di vederlo realizzato, ma neanche ero pronto ad una simile delusione. Ratzinger? Ratzinger? Se me lo avessero detto un anno fa avrei pensato ad uno scherzo di cattivo gusto. Ho pregato per Martini con tutte le mie forze, ma non è bastato, e non riesco a unirmi al coro di entusiasmi. Addio matrimonio per i preti, addio donne sacerdote, addio sacramenti per i divorziati, addio maggiore collegialità. Non dirò che si apre un nuovo medioevo, ma certo se penso al cardinale Ratzinger penso alla nostalgia per la messa in latino con il sacerdote che volge le spalle all’assemblea; penso all’idea di cristianità come unica e sola verità (il che lascia intendere che le altre sono solo menzogne); penso al rifiuto della modernità. Il cardinale Ratzinger è un assolutista, nel senso che si oppone non solo al pensiero debole ma più in generale a quel relativismo che da Einstein in poi ci ha insegnato che tutto è relativo, persino il tempo, figuriamoci le idee.
Se penso al cardinale Ratzinger. Ma adesso non devo pensare più a lui, devo pensare a Benedetto XVI, e dargli fiducia. Che Dio ci benedica, ne abbiamo bisogno.