C’è qualcosa di affascinante in una selva di uomini alti due metri che pesano un quintale che si spingono, si calpestano, si placcano e in definitiva se le danno di santa ragione senza mai lamentarsi o perdere la compostezza.
Mi riferisco al rugby, non al parlamento.
Sabato pochi che hanno guardato La 7 hanno potuto assistere ad un momento epico per questo sport italiano "minore" (nel senso che conta un minor numero di appassionati e praticanti rispetto ad altre discipline), la prima vittoria in trasferta della nazionale azzura nel torneo sei nazioni, che coinvolge le migliori squadre di Europa.
Certo la Scozia è lontana dai funanbolici francesi e dalla corazzata inglese, ma vincere in uno stadio gremito che fino all’ultimo ha incitato i suoi è stata un’impresa storica. In particolare – e il confronto con certi omuncoli col ferrettino tra i capelli e le sopracciglia depilate è d’obbligo) mi ha quasi commosso lo sforzo sovrumano di Ben Hur – alias Alessandro Troncon – il capitano azzurro muscolare, massiccio, che ha realizzato l’ultima meta non con una corsa a tradimento tra le maglie della squadra avversaria, non con una serie di passaggi in diagonale, ma molto semplicemente e coraggiosamente spingendo in mischia la massa scozzese, che ha richiesto l’intervento della moviola in campo (come mai nel rugby si può usare e in altri sport no, amici della Lega Calcio?) per capire in quel laocoontico groviglio di braccia e gambe dove fosse il capitano e se avesse superato la linea.
Non mi piace il luogo comune per cui il rugby è uno sport da uomini vere e il calcio professionistico una passerella per cecche profumate e pieni di soldi: però in occasioni come queste capisci da dove nascono i luoghi comuni.
Ave Ben Hur!