Sono tornato quest’estate a Marina di Ginosa, una delle più belle località di mare in provincia di Taranto, una delle poche a fregiarsi della bandierina blu quasi ogni anno. Ma non è stato il mare a colpirmi. E’ stata la villa comunale. Quell’angolo di verde che da bambino mi sembrava una foresta smisurata è rimasto lì, un polmone al centro del paese, eppure qualcosa è cambiato. Venticinque anni fa c’era un chioschetto al centro. Adesso una fetta di parco è adibita a giochi gonfiabili per bambini (gestiti da privati e a pagamento), un’altra è in concessione ad un albergo, al centro troneggia una enorme pista da ballo con bar, un altro bar ha conquistato un altro angolo (ricoprendo il suolo con moquette verde, agghiacciante). Insomma i privati stanno colonizzando il parco: un bene di tutti diventa fonte di lauti guadagni di pochi. E pazienza poi se si trovano anche rottami, spazzatura e angoli secchi. Mi sembra una metafora meravigliosa dell’Italia di oggi, in cui tutti dobbiamo pagare, ma poi ad arricchirsi con i beni pubblici sono i pochi furbi (vedi autostrade, energia, televisioni).
Mi va bene un sistema di mercato in cui un privato si costruisce un giardino e lo adibisce a bar, e mi va bene un sistema pubblico dove il giardino è accessibile a tutti. Ma un giardino pubblico in cui bisogna pagare il barista che se ne è appropriato -legalmente, ci mancherebbe – proprio no.