Il reality non è un genere televisivo, è una malattia del palinsesto.
Un virus nefasto. Come tutti i virus, è contagioso, si diffonde, allenta le barriere immunitarie e dilaga.
Le pseudo-notizie dei protagonisti invadono i programmini pomeridiani e le bbbone domeniche, e fin qui poco male: si infetta comunque roba putrebonda. Per non parlare di certi telegiornali come Studio Aperto che alle tette rifatte e ai calendari con le donnin ignude dedicano ormai redazioni specializzate.
Il problema sorge quando programmi come Quelli che il calcio, che nonostante Simona Ventura possono ancora essere di qualche interesse, ingoiano quintalate di spazzatura proveniente dall’isola dei morti di fama o dal XXX- factor. Oppure quando autori svogliati (leggi Gialappa’s) fanno il compitino affidandosi alla indecente ignoranza di certi concorrenti.
Mi terrorizza l’idea che Quark dedichi uno speciale all’accoppiamento dell’Homo imbecillis in cattività che Blu Notte approfondisca il tema del mistero delle corna messe da Belen a più o meno una dozzina di bellocci. Sembra fantascienza, ma se qualcuno non ferma il virus, ci arriveremo.
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Waiting for Report
Dopo solo cinque domeniche, l’unico programma televisivo capace di tenermi seduto di fronte al televisore per più di venti minuti senza neanche un po’ di zapping, senza mai distrarmi, senza mai un’occhiata al cellulare, si è concluso.
Sto parlando di Blu notte, la splendida trasmissione di Lucarelli sulla splendida Rai Tre, l’unica emittente rivolta al cervello degli spettatori, ora che anche la Gialappa’s si è persa nella spazzatura guardona dei reality. Gioiscono gli ipocondriaci e gli acciaccati d’Italia perché torna Elisir, che non è male ma insomma, mette un po’ d’ansia scoprire tutti quei sintomi di malattie gravi così simili ai nostri fastidi.
Domenica sera leggerò, o giocherò con i videogames, o magari scriverò. O guarderò la tivù facendo zapping, inviando sms, sfogliando riviste.
Aspettando il ritorno di Report, che prima o poi torna…