Archivi tag: caffé

Passo per il caffé

Passo da te più tardi, ci vediamo per il caffè.caffè
Quante volte ci sarà capitato di accomiatarci da un amico sudista con questo innocuo saluto? Quante  volte ci sarà capitato di andare a trovare un parente, così, per “fargli una visita”?
Comportatevi allo stesso modo da Roma in sù e vedrete messa fortemente a rischio la vostra  reputazione. Di più, vedrete il terrore negli occhi del nordista, che vi accoglierà a casa sua con il viso
paonazzo quasi l’aveste scoperto in intimità a letto con un pony Connemara. Le prime volte potrà  persino essere divertente, poi capirete che non è il caso di infierire.
Si perché il nordista gli incontri con gli amici li pianifica con mesi di anticipo, li conferma un paio  di giorni prima (allora, mercoledì sera ci vediamo, eh?) e infine, nella sua radicata sociopatia dovuta ai secoli in cui invitare un commensale della contrada avversa poteva costare un accoltellamento, vi chiama anche prima di uscire di casa, non sia mai che aveste cambiato idea. E attenti, l’invito a casa non arriva prima di sei o sette anni di profonda amicizia. Prima viene l’invito a prendere qualcosa al bar, poi l’invito ad andare insieme allo stadio, poi finalmente vi dirà dove abita, furtivamente, solo la via però, il civico è troppo riservato, mica bruciare le tappe.

E che c’avranno mai da nascondere in casa, ‘sti nordisti, pensa uno, la copia rubata dell’Urlo di Munch, un cugino folle incatenato nello sgabuzzino? Magari c’hanno la sorella modella, di cui sono gelosi, che va in giro con indosso solo la biancheria intima. Sì magari. Niente di tutto ciò. I nordisti hanno in casa quello che hanno i sudisti, solo ci tengono che tutto sia perfettamente in ordine anche solo per l’arrivo del postino con la raccomandata in mano. Ci sono nordiste che tirano a lucido la casa prima che arrivi la signora delle pulizie, per non fare brutta figura.
E fatta questa premessa si capisce anche perché non concepiscono che uno passi a trovarti solo per un caffè. Come? Io mi faccio un mazzo così per spolverare una per una le pedine degli scacchi, riordinare in ordine alfabetico – divisi per autore e genere – tutti i libri che ho in casa, stiro per l’occasione le tende appena lavate, e tu ti fermi solo per un caffè? La volta in cui un nordista vi apre l’uscio di casa sua, lo fa per segregarvi almeno un paio di giorni, che tanto ha preparato anche il divano letto dei grandi magazzini, finalmente vediamo se la rete va.

Con le “visite” le cose non vanno meglio. Perché vieni a visitarmi? Hai un recondito interesse? Sai qualcosa che io non so? Mi stanno tenendo nascosta una notizia terribile? Il nordista proprio non riesce a concepire che uno possa venire a casa tua solo per sedersi sul divano, bersi un latte di mandorla (il nordista non sa nemmeno cos’è il latte di mandorla, al limite ha il latte di soia che però è più triste di una birra analcolica sgasata) e fare due chiacchiere con te. E c’è gente in Val Padana che finisce in analisi solo perché l’amico sudista l’ha visto con indosso la maglietta di Winnie the Pooh. E ti vergogni tu perché ti ho trovato in casa con la maglietta di Winnie? Che dovrei dire allora io, che sono venuto a trovarti con il pigiama dei Puffi visto che ho la tuta sportiva in lavatrice?
Prima o poi il sudista si adegua. Ma medita la sua vendetta, quando l’amico nordista verrà a trovarlo al meridione, e impazzirà di vergogna quando gli amici passeranno a trovarlo alle otto di mattina prima di andare al mercato. Ma questa è un’altra storia.

Una società senza riparo

Tazza vuotaNon mi ritengo una persona “viziosa”: non fumo, non bevo superalcolici, la cioccolata (e i dolci in genere) non mi fanno impazzire. Qualche sfizio però mi piace togliermelo, e uno di questi è il cappuccino a colazione. Per questo nella cucina di casa mia da anni c’è spazio per una macchinetta per il caffé espresso (uso caffé in polvere: il caffé in chicchi da macinare mi porterebbe via troppo tempo, e le capsule o le cialde mi sembrano robe da astronauti).
Dopo alcuni anni di onorato lavoro, la mia macchina per il caffé espresso ha cominciato a perdere colpi. Anzi, spruzzi, d’acqua bollente, che non aiutano ad iniziare la giornata con il piede giusto.
Niente di strano, tutto sommato, è normale che le guarnizioni, sottoposte a pressione, calore, caffé in polvere, subiscano l’usura del tempo e vadano sostituite. E qui comincia il bello. Perché io non sono stato capace di sostituire la guarnizione, in quanto un blocco unico (e diciamo la verità, anche se i blocchi fossero stati diversi le mie capacità tecniche si limitano a riparare qualche sorpresa dell’ovetto Kinder con alterne fortune). Però ci sarà modo di sostituirla, questa guarnizione, ho pensato.

Cerco il numero dell’assistenza, consumo un paio d’ore del mio giorno libero per portare la mia macchinetta malata in una clinica dove la ripareranno. Anzi, dove l’avrebbero riparata, per 100 euro: 70 per sostiuire il pezzo (perché l’impressione che fosse un blocco unico è corretta, bisogna cambiare tutto in toto perché se cambi solo una parte le altre hanno la nostalgia e non lavorano più bene) e 30 di manutenzione. Il tecnico a dire il vero è stato molto onesto, anche se andava contro i suoi interessi mi ha detto chiaramente che non ne valeva la pena.

Anche perché con una trentina di euro in più la macchina per il caffé l’ho comprata nuova, e l’altra giace in qualche discarica. Ma quando siamo arrivati a questo punto? Perché dobbiamo buttare via il cellulare quando la batteria si scarica, perché quelle nuove costano una fortuna? Perché dopo un tamponamento dobbiamo cambiare auto perché il carrozziere ci spennerebbe? Perché non ci sono più quei negozietti dove portavi il tuo elettrodomestico acciaccato e te lo rimettevano a posto per cifre accettabili?

Non c’è riparo in una società che non ripara.