Tutti gli appassionati di sport prima o poi sognano di diventare allenatori della nazionale e fare un po’ quello che gli pare, scegliere i giocatori a casaccio, inventarci un modulo, mostrare la nostra fantasia e la nostra genialità. Più o meno è quello che consentono di fare molti videogiochi, con i quali ci si può divertire ad assemblare le formazioni più improbabili e disparate. Donadoni non si è accontentato dei videogiochi, l’ha fatto davvero. Posto di fronte ad una passerella estiva che doveva celebrare il trionfo della nazionale ma si è rilevata piuttosto inutile, ha scelto dei giocatori che gli stavano simpatici senza seguire alcun criterio che non fosse la sua immaginazione (non venite a dirmi che si cercano giovani per rigenerare la squadra maggiore, Liverani e Luccarelli erano giovani dieci anni fa, e poi dell’Under 21 di Gentile non c’era granché). Il risultato è stato l’umiliazione dei colori nei quali ci siamo identificati tutti qualche settimana fa: è non può dire, Donadoni, che va tutto bene, che è soddisfatto, che i ragazzi hanno giocato bene. Ammetta che è stata una bruttissima figura, una partitaccia oeganizzata male, aggravata dal comportamento incomprensibile dei livornesi (ma il genio è stato chi all’ultimo momento ha deciso di spostare la partita da Taranto, dov’era prevista, a Livorno: complimenti). Per carità, lui è in una situazione difficile, fa l’allenatore della nazionale perché nessun altro voleva ricoprire quel ruolo nel dopo Lippi. Libero di fare gli esperimenti che vuole, ma in palestra, in allenamento, in tuta. Quando si va in campo, ci si comporta da professionisti, e se si perde, per piacere, si ammettano i propri errori. Nessuna condanna, ma smettiamola con l’autoassolverci sempre e comunque…