Il giovane papà sa che la prova del mare sarà una delle più faticose che sarà chiamato a compiere.
D’altronde ha avuto tutto l’inverno per temprarsi, prepararsi, allenarsi. Tanto per cominciare liberiamo il campo da vecchie abitudini da marito in ferie: niente giornale la mattina, colazione sì ma di fretta, toilette limitata al minimo indispensabile che il bagno serve.
Poi si parte, e si lasciano a casa libri da leggere sotto l’ombrellone, radio, enigmistica.
Non servono.
Non più.
Sostituiti da braccioli, salvagente con mutandina, salvagente senza mutandina, formina, formina di animale, formina di fiore, paletta destra, paletta sinistra, secchiello, secchiello d’emergenza, barile di crema solare, merenda, cappellino, cambio. L’elenco è incompleto, diciamo che qui ne è stato riportato un dieci per cento scarso. E poi sedie (il papà ha sempre usufruito di una semplice asciugamano, la stessa con la quale si asciugava, ma per i figli la sedia e la stuoia sono il minimo), palloni, borse grandi più o meno quanto quelle degli scalatori del K2.
Il papà si carica volentieri come un mulo e si avvia ansimante alla spiaggia, e non sa ancora che quella sarà la parte migliore della giornata al mare.
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La concorrenza sleale dell’ombelico
Ci ho pensato a lungo: mi serviva un’idea per conservare una traccia di questo diario, di questo flusso di pensieri, osservazioni, racconti che ormai ha compiuto i cinque anni. Si può ingabbiare qualcosa di magmatico e intangibile?
Si può.
Ecco l’idea: ho selezionato i migliori post del primo biennio. Li ho raccolti e catalogati per argomento, ho chiesto alla valorosa Cecilia di aiutarmi con l’editing. E poi ne ho fatto un libro, che ho chiamato "La concorrenza sleale dell’ombelico". Si ma che senso ha cercare di vendere ciò che è già fruibile gratuitamente (e senza pubblicità, a cui tanti bloggers ricorrono)? Poco, in effetti. Allora ho deciso di regalarlo, questo libro: potete scaricare il pdf disponibile su www.lulu.com. Però, c’è di più: chi volesse una versione su carta, può ordinarla sul sito stesso. Posso dirvi che è anche molto bella, con la copertina rigida e la qualità di stampa che neanche un Adelphi. In questo caso non potete pretendere che sia gratis, suvvia: vi costerà 20 euro. Ho praticamente annullato i diritti d’autore (meno di 20 centesimi a copia), ma purtroppo ci sono i costi di stampa. E poi conoscete già i contenuti, per cui non rimarrete delusi!
Non fate quella faccia!
So bene quanto sia inutile negare l’evidenza, trattenere le lacrime e nascondere la disperazione che ci coglie mentre riaccendiamo il monitor dell’ufficio dopo quel meraviglioso periodo di felicità pura chiamato ferie che abbiamo vissuto. Dobbiamo farcene una ragione. Anzi, una decina. Ecco dieci motivi insulsi e ipocriti per cui uno dovrebbe essere felice di tornare in ufficio, in ordine di falsità. Spero vi aiutino un po’. Coraggio.
- Il lavoro nobilita l’uomo
- Finalmente potete rivedere i colleghi
- In ufficio non piove mai
- Il vostro sì che è un televisore, altro che il 14 pollici dell’agriturismo
- Potete cominciare a organizzare le vostre prossime ferie
- Nessuno vi chiederà come va il lavoro
- Niente parenti per un po’
- Le piantine sul balcone avevano bisogno di voi
- Potete ricoprire pudicamente la pancetta esibita con imbarazzo al mare
- Non dovete ricoprivi di creme protettive che attirano gli insetti