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Natale a pedali

Come ogni anno, la sera del 24 dicembre la magica slitta trainata da otto renne aveva intrapreso il suo viaggio librandosi nel cielo stellato nel silenzio della notte, dal cuore del Polo Nord.

La grande fabbrica aveva creato giocattoli e regali per ogni bambino e bambina, caricati sul mezzo volante del vecchio barbuto in abito rosso e bianco. Seguendo le consuetudini era partito dalle isole del Pacifico, si era spostato verso l’Asia attraversando deserti, montagne e oceani, capanne e grattacieli, senza mai perdere il ritmo.

Era ormai il turno dell’Europa, aveva superato in scioltezza Big Ben e Torre Eiffel e si dirigeva a sud, quando fu sorpreso da una apparizione che lo costrinse a frenare.

– Che ci fai qui? Mancano due settimane alla tua festa!

– Ciao Nikki, sono qui per aiutarti. Non so se hai notato ma stai per raggiungere Bologna.

Babbo Natale si affacciò per osservare la scena. Purtroppo il viaggio di quella notte magica era talmente rapido che non poteva certo apprezzare le città che visitava, ma non c’era dubbio: le due torri, piazza Maggiore, le code in tangenziale. Quella era senza dubbio la città felsinea.

– E allora?

– Allora, tanto per cominciare rallenta. Questa adesso è una città trenta, e sei già in contravvenzione.

– Trenta all’ora? Ma non riuscirò a consegnare tutti i regali a quella velocità! Le mie renne sono molto più veloci grazie alle loro polveri magiche.

– Nikky Nikky Nikky non parlare mai più di polveri magiche che ormai basta averne usate un po’ ad agosto perché ti ritirino la patente a novembre. Il problema è proprio che tu sei proprietario di un mezzo privato, e quindi non va bene. Devi usare una di quelle macchinuzze elettriche del Comune se vuoi che ti amino.

– Quali macchinuzze?

– Lascia perdere, tanto non si trovano mai. Ad ogni modo, non puoi usare le renne.

– Eh?

– Siamo a Bologna, sveglia! Gli animalisti ti bruceranno al posto del vecchione se continui così, qui ci tengono al benessere psico-fisico degli animali. Farsi trascinare da una renna è inconcepibile nella città più progressista d’Italia, rischi una denuncia. E poi, le renne sono femmine.

– Femmine? Ma se questa è Rudolph! E dietro ci sono Blitzen e Dasher.

– Può chiamarle anche Alfonso, Raimondo e Attila amore mio, se hanno le corna in questo periodo dell’anno sono femmine. Magari fluide, ma femmine.

– E allora? Ce le ho da millenni!

– Patriarcato, amico mio, patriarcato. Un maschio trascinato da femmine? Stiamo scherzando? A Bologna? Parcheggiale e vieni con me. Non preoccuparti, già a Casalecchio di Reno quest’incubo finirà. A Bologna no, a Bologna non si passa.

Solo allora Babbo Natale osservò meglio la Befana, e si rese conto che volava come al solito, ma non sulla scopa, ma su una bici.

– Che ne è stato della tua scopa, Befana?

– Non chiamarmi così, è body shaming. Adesso sono una persona in età avanzata con necessità di sostegno intensivo.

– A me sembra tu stia benissimo.

-Grazie, Genitore Uno Natale. Ad ogni modo, a Bologna se vedono una donna con una scopa gridano subito all’intollerabile subalternità del ruolo femminile. Devo adattarmi. Invece con una bici ti osannano. Puoi andare contro mano, sotto i portici, lasciarla dove ti pare. Prendine una anche a tu.

– Ho sopportato i dolcetti ipocalorici e la cioccolata vegana. Mi sono rassegnato all’assenza dei camini sostituti dalle pompe di calore, e vorrei vedere voi passare attraverso una pompa, ma anche la bici no, maledizione. Non si è mai visto Babbo Natale in bici.

– Non lo vedranno neanche quest’anno. Indossa questo cambio.

– Ma è fucsia!

–  Il rosso non piace più a Bologna. Persino il tram l’hanno scelto dorato. Appena sarà pronto, potresti consegnare i tuoi doni con il tram, in effetti.

– Il tram attraverserà tutta la città?

– No, solo i percorsi che interessano ai turisti. Aeroporto, stazione, fiera, Fico.

– E quando mai ai turisti è importato qualcosa di Fico?

La Befana non poté fare a meno di sorridere. Nonostante la pancia e la barba, il suo vecchio amico Nikki non era mai cambiato. Al contrario della città, purtroppo.

Superati con pazienza gli imprevisti, Babbo Natale riuscì a consegnare i suoi doni anche in quel complicato Natale 2024. I bambini bolognesi non sarebbero stati delusi.

Per fortuna la città successiva di stradario era Modena, e da quelle parti se vedevano un bolide rosso sfrecciare si emozionavano ancora.

Il futuro è Città 10

Le polemiche cittadine sull’istituzione a Bologna del limite di velocità a 30 chilometri orari sono superate, vecchie, inutili. Bisogna guardare avanti, guardare al futuro, osare, chiedere, pretendere di più.

E il futuro è Bologna città 10. Il limite di velocità infatti deve scendere ancora. D’altronde è provato che un impatto tra un’auto e un pedone a 50 km/h equivale a una probabilità di morte pari al 55%. Un impatto a 30 km/h può essere fatale “solamente” nel 5% dei casi. Un impatto a 10 km/h dà tempo al pedone distratto di scaccolarsi, spostarsi, nel caso appoggiarsi o sedersi sul cofano della vettura, liberarsi del prodotto interno lordo e riprendere a camminare con serenità.

Con città 10 sarà più facile trovare parcheggio, perché tutti andranno alla velocità di chi sbircia tra i marciapiedi per trovarne uno: non ci sarà più lo stress di quello dietro che ti suona, e maledette siano le Smart che sembrano sempre un posto libero e invece no.

Città 10 è anche l’occasione di apprezzare le belle ragazze che passeggiano, e seguirle in auto, senza correre il rischio di passare per maniaci: tanto a piedi vanno più o meno a 10 km/h anche loro. Ovviamente vale anche per i ragazzi.

Quante volte ci hanno ripetuto che non conta la destinazione, ma il viaggio? Finalmente è arrivato il momento di provarlo. Con città 10, una volta arrivato in ufficio dopo 3 ore, a quelli che ti chiedono com’è andata, potrai rispondere: è stato un viaggio! E nelle tre ore del tragitto di ritorno avrai tutto il tempo di finire quelle serie di podcast che com’è come non è non concludi mai.

Perché Città 10 è riscoprire le nostre origini, quegli anni in cui i nostri nonni caricavano il mulo con le granaglie e si avviavano pazienti verso la città, senza l’ansia e il logorio della vita moderna. Riscopriamo il mulo come mezzo di trasporto sostenibile, con Città 10 sarà finalmente possibile, con il ricorso anche ai cavalli quando necessario: carovane FlixHorse per i lunghi viaggi, calessi per raggiungere l’aeroporto, corriere che consegnano la merce trainate da possenti buoi.

Città 10 è una città più accogliente e inclusiva, con i bambini che giocano alla campana o con le biglie per strada e al limite si spostano quando passa qualcuno. Anche l’industria si adatterà, eliminando sia il cambio che il cambio automatico: con Città 10 basta la prima, tipo gettone dell’autoscontro, pigi il pedale e vai. A dieci all’ora.

Città 10 produrrà anche posti di lavoro, perché gli odiosi autovelox saranno sostituiti da artisti dell’Accademia di belle arti che ritrarranno le auto degli esagitati che vanno a 20 o addirittura 30 all’ora: non solo avranno infatti il tempo di prendere la targa, ma potranno anche realizzare agili schizzi da inviare incorniciati con la sanzione.

Bologna città 3000

Da qualche mese il dibattito bolognese è concentrato sul tema della cosiddetta “Città 30“. Lo spiego in due parole: l’amministrazione comunale ha stabilito che in larga parte del centro cittadino , pari a circa il 70% delle strade, non si potrà superare la velocità di 30 chilometri all’ora.

Attenzione, però, prima che finiate nel coro di quelli che gridano di giornate intere trascorse in auto per raggiungere l’ufficio o di frizioni bruciate, sappiate che nelle ore di punta a Bologna andare a 30 all’ora è un sogno. Quando usavo l’auto per attraversare la città a fatica riuscivo a inserire la terza, in certe circostanze. E poi il limite dei 30 all’ora non coinvolge le arterie a scorrimento più veloce.

Personalmente la trovo una scelta tipicamente italiana: metto il limite di velocità ai 30 così almeno non superi i 50, vista l’abitudine italica a farsi uno sconto rispetto alle norme. Io personalmente avrei mantenuto i limiti ai 50, sequestrando l’auto e penalizzando fortemente i criminali che vanno a 90 all’ora in stradine frequentate da anziani e bambini (e ce ne sono eccome).

Però la velocità non è che la punta dell’iceberg di un’idea di città che prima di essere bolognese è delle grandi metropoli europee come Parigi e Londra, centri che questo percorso l’hanno già intrapreso. Una città che rappresenta il trionfo della classe borghese su quello che una volta si chiamava proletariato. La città dei ricchi che non sopporta lo smog prodotto dai poveri, insomma. Alla faccia della città più progressista di Italia.

Sì perché il modello di questa città è fatto di piste ciclabili, aree pedonali, zone verdi, riduzione delle corsie e soprattutto sparizione dei parcheggi. Chi usa l’auto è un avvelenatore mefitico, un retrogrado, uno sporcaccione.
Evidentemente a essere soddisfatto di questo modello è chi ha una villetta in prima periferia con il garage che ospita le vetture di papà, mamma e figlio, lavora in centro e si reca in ufficio in moto, forse in bici perché tanto ha il bagno personale dove può fare la doccia, oppure può spendere venti o trenta euro all’ora per una di quelle macchinuzze elettriche che salveranno il mondo. Via i parcheggi, più spazio per dehor, viva la democrazia del tagliere.

E se abiti lontano dalla città, ma ci lavori? Usi i mezzi pubblici, ovvio. Ora, premetto che io ho da diversi anni l’abbonamento annuale ai mezzi e li uso per andare a lavoro tutti i giorni. Ma prima di fare una affermazione del genere, bisognerebbe usarli i mezzi, cacchio. Per recarmi a Vergato con i mezzi uscivo di casa alle 7,15 e timbravo alle 9,10. Per Monzuno l’uscita era prevista alle 6,15, prima autobus, poi treno, poi corriera. Arrivo alle 7,45. Se però il treno faceva tardi e la corriera non lo aspettava, arrivavo intorno alle 10. E succedeva, ah se succedeva. Ovviamente, lo stesso vale per un poveraccio che fa il viaggio in direzione opposta. Impediamogli di usare l’auto puzzona, al maledetto, che si adegui. E il pensionato che vorrebbe trascorrere il fine settimana nella casa in Appennino? Anche lui senz’auto? Ovvio. E se la domenica non ci sono i mezzi pubblici, ci vada in bici, con le ciclabili siamo collegando Helsinki con Malta, hai voglia.

Quando fai notare queste difficoltà, la risposta è: i mezzi pubblici sono lenti perché ci sono le auto. Ma è falso. I mezzi pubblici sono lenti perché da anni gli investimenti si concentrano su turisti, manager, su quelli di cui sopra: perché abbiamo potuto spendere milioni di euro per collegare l’aeroporto con la stazione con il trenino di Gardaland, ma la ferrovia Porrettana è a binario unico dal secolo diciannovesimo.

Le nuove linee del tram seguono questa logica. Un metropolitana connessa alle linee ferroviarie che collegasse San Pietro in Casale a Porretta e Zola a Ozzano, quella sarebbe servita. Magari evitando le zone del centro più delicate.

E non venitemi a dire che non si può perché Bologna è una città sull’acqua: è anche l’unica città con la stazione per l’alta velocità sotterranea,  che stanno collegando con un percorso ferroviario interrato fino alla zona Roveri, in periferia. Praticamente un pezzo di metropolitana ce l’ha senza saperlo.

Una metropolitana ci voleva, non questi trasportini per stranieri pronti a pubblicare su Instagram le bellezze colte dal finestrino del tram elettrico. Ma a un certo punto parlare di metropolitana ha voluto dire essere di destra, mentre il tram è di sinistra. Magari un giorno qualcuno mi spiegherà perché.

I centri delle città italiane si avviano a trasformarsi in parchi dei divertimenti per turisti e per cittadini benestanti che le frequentano per una mostra, un aperitivo o una passeggiata. Che gli altri si arrangino.
Non è una città 30, è una città 3000, e sono gli euro che devi guadagnare al mese per essere degno di frequentarla.