La mia esperienza di automobilista mi porta a dire che in genere le donne guidano meglio degli uomini.
Sono meno prepotenti, meno sicure di sé e quindi meno temerarie, più rispettose del codice della strada. Sicuramente più creative e quindi imprevedibili: mentre di un cafone in gippone lo capisci subito che ti affiancherà mettendosi in preferenziale per tagliarti la strada in fondo al rettilineo, la cafona in gippone ti stupisce, perché magari si inventa un allungo in frenata o un sorpasso da destra che ti lascia senza parole ma quasi sempre incolume.
Ci sono solo due momenti della vita di automobilista incompatibili con l’essenza femminile. Il primo è il parcheggio. Per le donne l’unico parcheggio buono è quello a pettine, sul lato del senso di marcia, possibilmente tra due auto molto distanti e senza strisce per terra che denunciano noiosamente l’imprecisione nella svolta. Tutti gli altri parcheggi sono una rottura di scatole. Quello perpendicolare al senso di marcia richiede un movimento a 90° della vettura che anche alla signorina più abile riesce due volte l’anno. Quello dei centri commerciali (di solito anche lui trasversale) crea gli stessi disagi con l’aggravante che l’ansia da astinenza da shopping innervosisce ancora di più le automobiliste che il più delle volte abbandonano l’auto in fondo all’ultimo padiglione del parcheggio sotterraneo, quello con il muschio e le pozzanghere per le perdite dal tetto, perché almeno lì non ci sono quei noiosi pensionati che ti guardano e scuotono il capo.
Quello in retromarcia poi non ne parliamo: quattro botte alla macchina dietro, una strisciata a quella davanti, e quando scendi ti accorgi che il marciapiedi ti saluta sorridente e ti domanda ingenuo perché non ti avvicini di almeno mezzo metro.
Ho visto auto parcheggiate in seconda fila senza che ce ne fosse una prima: auto parcheggiate quasi sempre da signore.
Archivi tag: codice della strada
Vampiri a Bologna
Quando si prende una multa è normale essere incavolati. Qualche mese fa ne ho presa una per colpa del meccanico: l’accordo era che ritirasse la mia auto da un parcheggio ad una tal ora. Si è presentato con un quarto d’ora di ritardo, e in quei quindici minuti l’avvoltoio comunale si era già avventato sulla preda per azzannarlo a colpi di multa. Il meccanico si scusa, a me però non resta che pagare.
Ma qualche giorno fa i vampiri urbani si sono superati, nella loro razzia quotidiana dei soldi dei cittadini: ho infatti preso una multa per il più cretino dei divieti di sempre.
La mia auto era parcheggiata a meno di 5 metri dall’intersezione stradale, come recita il codice della strada.Era ad un paio di metri o giù di lì.
Dunque, quando si prende una multa ci si incavola. Ma quando si devono sborsare 74 euro perché, il sabato mattina, la macchina è, in una strada larga almeno 7-8 metri (e a senso unico!) parcheggiata a due metri dall’incrocio, allora ci si imbufalisce. E dire che questa giunta ha raggranellato, solo nel 2007, ben 46 milioni di euro! Si tratta di una cifra da paura.
Se vai a 120 all’ora in centro storico, cavolo, te la sei cercata. Se passi col rosso (a parte che a Bologna il giallo è una specie di flash anti-occhi rossi che ti avvisa che stai per essere fotografato) ti becchi la multa e stai zitto.
Ma se devo pagare 150 mila lire perché per colpa mia un Boeing 747 ha avuto difficoltà a svoltare (qualunque altro mezzo infatti l’avrà fatto senza problemi) allora caro amico vampiro urbano devo dirtelo: non è colpa tua perché lo so che i comuni mettono a bilancio preventivamente i soldi che vogliono riscuotere, e tu devi fatturare. Se quel giorno avevi raggranellato poco, hai deciso di infierire sulla mia auto.
Non è colpa tua.
Ma se tu dovessi venire colpito da una improvvisa stiticità che ti impedirà per giorni e giorni di completare regolarmente il ciclo digestivo e arriverai a gonfiarti come un pallone verde e borchiato tra lo stupore e l’incredulità dei luminari riuniti a studiare il tuo caso, per poi esplodere nel più lungo e ininterrotto flusso di diarrea che mai l’occidente industrializzato abbia mai conosciuto, credimi: non è colpa mia.