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Il posto dell’anima

Se qualcuno dovesse ritare fuori la solita storia del cinema italiano in crisi, chiedetegli se ha visto "Il posto dell’anima". Un cinema in crisi non produce storie così: attori straordinari (d’altronde, sono i migliori che abbiamo in Italia: Silvio Orlando,Santandrea, Paola Cortellesi, Michele Placido), fotografia mai banale senza scadere nel virtuosismo, regia sobria ma intensa, sceneggiatura perfetta. Si ride e si piange, si riflette e ci si indigna. Uno di quei film che scuotono gli amanti di cinema perché riescono a riportare in fermento razionalità e passione. Qualche difetto forse c’è, inutile nasconderlo, un po’ di retorica, qualche accelerrazione sul pedale del dolore (o del dolorismo), ma c’è anche il gusto dell’inventiva, della citazione, del racconto, una colonna sonora moderna ed indovinata. Se poi aggiungete la bellezza mozzafiato degli appennini, la provincia italiana più caratteristica e addirittura due capatine a Bruxelles e in America, capite che questo prodotto di certo non scaccia la crisi da solo, da di sicuro non ne è espressione.
Guardatelo.

Il dritto d’autore

Non so se vi siete domandati quanto costa una campagna pubblicitaria televisiva nazionale. Di sicuro, tra creatività, produzione e acquisto degli spazi, parliamo di cifre a sei zeri. Chiaramente c’è lo spot di dieci secondi con inquadratura fissa sulla bottiglia e voce fuori campo e c’è quello scritto da Baricco e diretto da Wenders; ma insomma, ci siamo capiti, sono giocattoli costosi. Un dettaglio non da poco che va considerato nel pianificare un budget per lo spot è quello della colonna sonora. I costi, nel caso di canzoni di successo, sono spropositati. Centinaia di migliaia di euro per qualche secondo: a meno che lo spot non diventi uno strumento per lanciare un disco (penste a Bennato con la TIM, Liguabue con Vodafone e il caso eclatante di qualche anno fa di “Breathe” di Swatch), e allora si può trattare. Cosa fa il pubblicitario allora per non venire strozzato dalle case discografiche? Ritocca. Proprio così. Fa scrivere un brano da un musicista che ricorda tanto da vicino il successo, ma non è proprio quello, per cui non si pagano i diritti.
Fateci caso, proprio in questi giorni è in onda uno spot di una nota marca automobilistica italiana che ricorda tanto un tormentone estivo…

Tu la conosci Claudia?

Un fiasco prima o poi capita anche ai migliori. Solo che Aldo Giovanni e Giacomo c’avevano già regalato un mediocre “La leggenda di Al..” per cui ci si aspettava una ripresa, e invece. Invece Mi presenti Claudia è il più brutto film dei tre comici, ha tutti i difetti dei precedenti (regia artigianale, personaggi macchiettistici, colpo di scena a tutti i costi) senza averne le qualità (brio, ritmo, colonna sonora). I tre sono sempre gli stessi, il pignolo, il grezzo e il timido, ma questo non è un problema: anche Totò interpretava sempre se stesso. Semmai il problema è che mentre Totò viaggiava nel tempo e nello spazio cambiando continuamente contesti, sperimentava senza paura di rischiare, si confrontava con altri attori straordinari, guardava sempre ciò che gli accadeva intorno, i nostri tre si sono rinchiusi nel loro mondo di quarantenni che non hanno volgia di crescere e ci propinano per l’ennesima volta la solita minestra dell’amore conteso. La povera Cortellesi è ridotta a comparsa, fa quel che può nei panni del personaggio più logoro mai visto negli ultimi anni – Vanzina e co. esclusi – ma proprio non funziona, e persino Ottavia Piccolo è ridotta al turpiloquio più inutile (almeno De Sica fa ridere, qui siamo proprio alla parolaccia per mancanza di idee). Tutta la prima parte è una sequenza di stucchevoli sequenze con musica malinconica insopportabile sul mondo difficile dei quarantenni borghesi milanesi, con l’unica eccezione di Aldo che se non altro anima un po’ con il personaggio del tassista (ma che idea! Ma dove li pescano?). Finalmente c’è un po’ di vita quando i tre tornano a fare se stessi nel viaggio (aldo al volante, Giacomo dietro e Giovanni che borbotta accanto): la malinconia per tre uomini e una gamba diventa fortissima, ma questa è solo una sbiadita fotocopia ricca solo di turpiloquio e deja vù, con Aldo che ricorre persino al “miii, non ci posso credere..:” per ricordarci che è sempre lui e non una controfigura. Si arriva così al finale che dovrebbe essere imprevedibile e che invece risulta l’ennesimo buco nell’acqua di una scenggiatura imbrazzante e dilettantesca.
Se non avete ancora visto Mi presenti Claudia, non fatelo: piuttosto noleggiate Chiedimi se sono felice, quello sì che era un film. Se invece volete spendere un’ora e mezza di noia e volgarità con quelli che sono stati tra i milgiori comici italiani, fate pure. A me non resta che sperare che i tre finalmente si affidino ad un regista che sappia valorizzarli e ad uno sceneggiatore che porti qualche idea nuova. Perché questa minestra riscaldata comincia a puzzare di andato a male…

Gli incredibili

Torna alla carica la Pixar anticipando, almeno in Italia, il ciclone Shreck, e lo fa con un bel film sotto tutti i punti di vista. Molteplici le chiavi di lettura, come ormai succede sempre più spesso ai film di animazione: per i bambini è una bella storia divertente, con la tipica struttura delle storie dei supereroi gloria – decadenza – ritorno e rivincita. Per gli adulti numerosi i riferimenti ironici alla vita moderna (il cubicle del protagonista deve molto a Dilibert, mentre le storie familiari sono una concentrato ironico del conflitto al tempo della situation comedy). Terza e probabilmente non ultima possibilità di lettura è quella che possono dare gli esperti di fumetti: chi è cresciuto con la DC Comics e la Marvel non può non cogliere i riferimenti, le prese in giro e le strizzate d’occhio, dalle gag sui costumi pacchiani (e sui mantelli, probabilmente la scena più divertente del film) a quelle sui monologhi dei cattivi. Buoni e non invasivi gli effetti speciali, unica a non eccellere la colonna sonora, senza infamia e senza lode, anche se siamo tutti riconoscenti alla Pixar per aver eliminato le inutili canzoni con le quali la Disney è solita interrompere i momenti migliori dei suoi film.

Buon viaggio ragazzi

Non amo particolarmente i blog molto intimi, che raccontano sin nei dettagli la sfera privata dell’autore.

Credo che la sua intimità appartenga a lui soltanto e come tale mi sento quasi in imbarazzo quando leggo nei blog le vicende sentimentali di Pippo che ha scoperto che Mary85 lo tradisce con Lallissimo da ormai 5 mesi con reciproca soddisfazione. Mi verrebbe da dire a Pippo: hai visto cosa succede a passare troppo tempo con il tuo blog trascurando le relazioni umane?

Ma oggi voglio fare un’eccezione. Oggi è una data importante, una di quelle che chiudono un capitolo della tua storia e ne aprono un altro. Come il 15 settembre del 94, quando vinsi il test di Comunicazione a Bologna, o il 14 luglio 2000, in cui mi laureai, o il 9 maggio 1998, che per me è importante ma non vi dico perché (leggi sopra).

Oggi è partito il mio compagno di stanza con cui ho diviso la camera per quattro anni, e a ruota partiranno anche gli altri compagni di appartamento. Non mi piace la retorica e poi sono già abbastanza malinconico di mio (la mia vita in questo momento sembra un film di Kurosawa con la colonna sonora di Reveal dei Rem, yuppie!).

A loro dico: buon viaggio ragazzi, è stato bello percorrere un pezzo importante di strada insieme. Spero che la mia futura moglie abbia la stessa vostra sconfinata tolleranza nei confronti dei calzini in soggiorno, del casino la mattina (perché la borsa non è mai dove credi di averla lasciata?) del dentifricio sul rubinetto del bagno e dello sciacquone non tirato per sbadataggine.

Lo spero proprio. Buon viaggio, e grazie.