C’è un metro attraverso il quale si può misurare non il valore artistico ma sicuramente l’importanza che ebbe tra i contemporanei un’opera d’arte rinascimentale, ed è quello di osservare quanto blu veniva usato.
Il blu oltremare era adoperato soprattutto per i vestiti della vergine e per ottenerlo erano necessari i lapislazzuli, non proprio economici. Per cui se l’artista ne usava molto voleva dire che il suo mecenate era facoltoso, e che credeva molto in lui.
Ho fatto questa riflessione pensando che qualcosa di analogo si può fare per il cinema. Certo, ci sono elementi ovviamente costosi come gli effetti speciali, le esplosioni, gli incendi o tutte quelle caratteristiche di certi film fracassoni. Anche le ricostruzioni storiche sono costose, e le scenografie maestose. Ma se osservate produzioni molto più alla mano e realizzate in economia come quelle delle fiction italiane, vi renderete conto che c’è un elemento che funziona da indicatore: il dolly. Il dolly è un carrello motorizzato in grado di sollevare la cinepresa.
Costa, il dolly, costa noleggiarlo se la troupe non ce l’ha a disposizione, costa usarlo perché occorrono elettricisti, tecnici, fotografi. Ecco perché non vedrete mai un dolly in "Un posto al sole" (che non ho mai visto ma credo lesini in generale di esterni come tutte le soap) e anche certe serie un po’ alla buona dedicate a carabinieri, finanzieri, poliziotti e compagnia bella posso farne un uso moderato. Se vi capita, fateci caso: il dolly viene usato tipicamente nei finali, con il protagonista che cammina lungo una strada e l’inquadratura che lo segue, con la cinepresa che si allontana e sale ingrandendo il campo.
Più il protagonista diventa piccolo, più la cinepresa è salita in alto, più è costata la scena.
Poi magari a voi piace "Un posto al sole" e del dolly non vi importa un fico secco: e c’avete ragione pure voi, de gustibus…
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Avantasia: The Scarecrow
Ho amato "Avantasia: the metal opera" senza guardarne i difetti (struttura narrativa esile, luoghi comuni fantasy) ma abbagliato dalle qualità (epic metal di livello elevatissimo, songwriting ispirato, arrangiamenti accurati): è così che si ama un disco, in fondo. Per questo, quando ho sentito parlare di un nuovo volume "Avantasia", i sono subito lanciato sull’acquisto, aspettandomi un nuovo capitolo della saga.
Disdetta e delusione.
Il nuovo cd di Tobias Sammeth può sempre contare su collaboratori di livello, tra cui anche gli’ eterni Alice Cooper e Rudolph Schenker, la confezione del cd è di primo livello e contiene anche un dvd con i video, i musicisti sono signori musicisti. Però… però siamo a livello dell’ultimo Bon Jovi o anche peggio, pop rock fatto bene con venature progressive ma tutto lì. E i metallari che in passato hanno crocifisso Metallica, Bon Jovi e compagnia bella per le loro svolte commerciali, dovranno davvero arrampicarsi sugli specchi per giustificare questo Avantasia: The Scarecrow
Tobias afferma di essere stanco delle tematiche fantasy (e sputiamo nel piatto in cui mangiamo…) ma se per lui crescere vuol dire sdilinguirsi nella sdolcinatissima "Carry me over" che riporta alla memoria Carrie degli Europe, o al pop da disco di Lost in space, allora era meglio morire da piccoli.
Bella la traccia di apertura Twisted Mind, resta il fatto che di memorabile per i posteri rimarrà un’altra ballatona, "What Kind of Love". Tanto vale Bryan Adams, allora, che almeno piace pure alle ragazze.
Insomma un buon album, ma Avantasia era un’altra cosa.