In questi lunghi mesi di chiusura di teatri, cinema e sale concerti in tanti hanno fatto notare l’incongruità dell’aperture delle chiese nello stesso periodo. Ora, sinceramente, credo che a parità di condizioni, cinema e teatri avrebbero potuto rimanere aperti.
Però prima di gridare al complotto clericale e invocare a vanvera il conte Montalember, bisognerebbe conoscere bene le condizioni in cui le chiese sono state aperte, e lo dico da amante di cinema e teatri e da cattolico praticante, che a messa ha continuato ad andarci.
In estate, con le messe all’aperto, l’unico problema è stato quello di non arrostirsi al sole, cercando di arrivare in anticipo. Battaglia persa in partenza perché gli unici posti all’ombra erano sistematicamente occupati da signore allenate da ore e ore di fila in attesa alle poste, aspettando l’apertura dello sportello, o addirittura davanti al supermercato, per cui. All’inizio mi sono portato gli occhiali da sole e il cappello, poi ho pensato di trarne addirittura beneficio per un’abbronzatura low-cost.
Nelle chiese non attrezzate per la messa all’aperto, i posti sono stati contingentati: sono apparsi insoliti bollini colorati a indicare le posizioni in cui stazionare, i banchi sono stati talvolta attraversati da nastri bianchi e rossi (quelli dei lavori in corso, per intenderci), i parroci più scrupolosi hanno cominciato ad adocchiare le beghine più devote apostrofandole: ti ho ha già vista a messa ieri sera! Cosa ci fai di nuovo alla messa della domenica mattina? Venendo al nostro parallelo con gli spettacoli, direi che l’ostacolo si sarebbe potuto superare con la prenotazione obbligatoria e gli ingressi limitati.
Ma i veri problemi sono arrivati con l’inverno. E soprattutto con le messe di Natale: secoli prima di essere la stagione calda per il cinema, non dimentichiamo infatti che dicembre è stato il mese dell’Avvento. Se la messa quotidiana ha ormai gli stessi frequentatori di un film cinese in lingua originale, e quella della domenica, pur difendendosi meglio, non raggiunge il numero di spettatori di un film d’autore italiano qualunque (quindici partecipanti quando va bene in quelle del centro, i più trascinati da amici o, nel caso della messa, genitori), in effetti la messa di Natale può essere considerata uno Star Wars per le panche delle chiese, o se preferito un Checco Zalone qualunque. Tanta gente insomma. Ma ci siete stati a messa durante questo periodo natalizio, voi che vorreste riaprire i cinema alle stesse condizioni?
Tanto per rassicurare subito, la comunione direttamente in bocca ormai la prendono solo i paralitici e quelli che sono arrivati a messa direttamente dall’officina con le mani grondandi grasso o fuliggine. L’unico rischio che si corre semmai è quello di intossicazione da gel, visto che il sacerdote prima dell’eucaristia si disinfetta a lungo le mani. Una volta c’era un chierichetto con le ostie e uno con il vino, adesso la parte più ambita è quella del chierichetto col dispenser.
Non c’è lo scambio della pace, sostituto da saluti al volo, sorrisi, occhiolini tra i più intraprendenti. Chi canta prega due volte, si diceva, oggi chi canta infetta due volte: e infatti i coristi sono sempre più isolati anche se questo dà l’impressione di avere un coro enorme: sono sempre gli stessi dieci disposti in uno spazio molto più esteso.
La questua è stata dapprima sostituita da un cestino speranzoso fuori la porta, poi da due volontari speranzosi con il cestino in mano davanti alla porta, quando il parroco si è reso conto di non pagare le bollette si è tornati alla vecchia questua. Pecunia non inficiat, evidentemente. Nei cinema un buon uso delle carte di pagamento può risolvere il problema.
E poi però c’è dell’altro. E stavolta la soluzione non è facile. Intanto le porte in chiesa sono quasi sempre aperte. E talvolta anche le finestre. C’è stata una messa dove dopo aver cambiato posto due volte, ho deciso di continuare a seguirla dalla sacrestia, perché chi mi conosce sa quanto male sopporti l’inverno bolognese. Altro che spifferi, sembrava di essere in Siberia. Magari in primavera, ma in Siberia. Un’altra volta ho tenuto cappello, sciarpa e giaccone tutto il tempo, saltellando e muovendo le gambe per evitare l’assideramento.
Va bene evitare il covid, ma anche una tramontana diretta sul collo tanto bene non fa. Ecco, a chi vorrebbe aprire i cinema alle stesse condizioni, va ricordato che 40 o 45 minuti di messa con la sciarpa e il cappello si reggono, 3 ore di filmone di fantascienza, parliamone.
Se devo patire il freddo al cinema, io aspetto volentieri. E anche le prossime messe mi sa che me le guardo in streaming: credente si, martire no.