“Perché ci sono uomini che fanno la guerra, ma non vogliono si definiscano come ‘guerra’ le loro decisioni, le scelte e le azioni violente? Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni? Perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei Paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?”
Pensate che un’affermazione come questa venga dal Partito Democratico? Macché. I burocrati di partito l’avrebbero subito bollata come sovversiva e si sarebbero affrettati a prenderne le distanze per tranquillizzare l’elettorato moderato, sarebbe partita la pioggia dei distinguo e dei “ma anche”.
Invece l’ha detto il cardinale di Milano Tettamanzi. Finalmente qualcuno che dice qualcosa di sinistra…
Gli amici milanisti sono caldamente invitati a non proseguire la lettura di questo post. Anzi, di questo post-post: post-eliminazione. Non cominciate con la farsa del fare il tifo per le italiane sempre e comunque, come se Kakà e Shevcenko fossero di Sassari e Matera. Non sono stato io a pubblicare in piena campagna elettorale pagine e pagine pubblicitarie sui trionfi del Milan e del suo presidente. Non sono stato io a chiamare un partito scippando lo slogan di milioni di tifosi. Ma sono stato coinvolto in questa bagarre calcio-politica, e tutte le volte che il Milan perde non posso fare a meno di provare un brivido di piacere. Certo, direte voi milanisti, il Milan non ha perso: sarebbe più giusto parlare di pareggio, con un netta vittoria nella seconda partita anche se non segnalata dal gestore della giustizia calcisitica in giacchetta nera di chiara matrice comunista. Una legge che permettesse di ricusare l’arbitro assegnerebbe il gol al Milan; e un’altra legge sull’annullamento delle partite contestate cancellerebbe il risultato della partita di andata. Quindi, se fossimo in un paese liberale, il Milan sarebbe in finale. Pecorella ci stava già lavorando, ma la legislatura è finita prima che potesse completare l’opera. Cribbio!