Ti accorgi del tempo che passa osservando come i tuoi completi da calcetto siano sempre più belli, alla moda e firmati, e come tu li riempia con sempre minore difficoltà. Una volta si giocava con una maglietta scolorita e un pantaloncino con il cavallo scucito. Una volta…
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Non sempre si può ridere
Non è detto che domani sia un giorno migliore
non sempre c’è un’altra possibilità
non è detto che il tempo si estenda abbastanza
sarà fine, ma non necessariamente lieta
un sorriso negato è un fiore spezzato
il profumo disperso e mai più liberato
non è detto che si raggiunga la cima del colle
ma la strada va percorsa comunque.
Siamo nebbia del primo mattino
che si dissolve all’abbraccio del sole
W il garantismo
Non c’era stato nemmeno il tempo di seppellire il povero corpo esanime di Abele, che già lo stavano sezionando con cura per l’autopsia disposta dall’inquirenti.
Dio, che stava per proporre a Caino la frase che si era preparata, dov’è tuo fratello, si trattenne perché non si aspettava certo tutta quell’agitazione in un mondo creato di fresco. Ma poi decise comunque di procedere, e che cacchio, era pur sempre il Creatore. E insomma, Caino, dov’è tuo fratello? L’avvocato consigliò Caino di non rispondere, perché ogni cosa avrebbe potuta essere usata contro di lui. Fu l’avvocato stesso a rispondere che dal momento che non esistevano documenti di affido parentale né contratti di custodia in esclusiva, il suo cliente non era tenuto a conoscere la precisa collocazione del fratello.
La faccenda innervosì non poco il Signore, che aveva ancora sotto gli occhi il sangue di Abele: ma solo per un attimo, perché gli uomini della scientifica intervenuti l’avevano raccolto tutto disponendo un’analisi del dna che confermasse fosse davvero appartenuto ad Abele.
I RIS spiegarono che sarebbero stati necessari mesi prima di ottenere un riscontro, anche perché c’erano tracce di dna ovunque e soprattutto mancavano testimoni. Esasperato, Dio scacciò Caino ordinandogli di muoversi ramingo e fuggiasco, ma anche in questo caso la difesa si oppose ritenendo che il confino fosse una procedura che violava i diritti civili e che in ogni caso Caino aveva i diritti di cittadinanza che non poteva essere revocati. E poi, la testimonianza di una divinità non era contemplata dal codice di procedura penale di uno stato laico.
Caino ottenne così gli arresti domiciliari, ma si lamentò anche di questo, perché riteneva di poter essere vittima di ritorsioni, per cui fece causa a Dio per i danni causati alla sua immagine. Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!, tuonò allora il Signore che già pensava di anticipare il diluvio, e impose a Caino un segno perché non fosse colpito da chi l’avesse incontrato. Ma il bracialetto elettronico è pratica abnorme e non giustificata, sostenne il documento dell’efficiente avvocato, e poi mancano i presupposti di necessità e urgenza. Esasperato, Dio esclamò: ma io sono il Giudice Supremo! Sia fatta la mia volontà. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. L’avvocato ricusò il giudice, perché evidentemente c’erano seri pregiudizi per la serenità del giudizio e per l’ottenimento di un equo processo.
Caino emigrò a Nord dove attese la prescrizione dei termini di custodia cautelare.
Dalle 6 alle 8
Alcuni amici mi hanno chiesto quando trovo il tempo per scrivere, considerando il tempo passato in ufficio, un minimo di ore da dedicare al sonno e le funzioni vitali.
La risposta è semplice: la domenica, dalle sei alle otto. In pratica la scrittura ha riempito nella mia quotidianità il vuoto lasciato da Novantesimo Minuto. Sì perché quel clone indegno trasmesso dalle televisioni commerciali, con un gol e venti minuti di dibattito tra la velina e l’ospite fisso che commentano il prezzo del cartellino della nuova promessa uzbeka, proprio non si regge. E così, dalle sei alle otto, prendo il mio storico portatile del 97, e comincio a scrivere. Ovvio che non posso reggere il passo di Grisham e o King, con le loro 400 pagine all’anno. Io scrivo una pagina alla settimana, e mi ci vogliono tre o quattro anni per pubblicare qualcosa di decente.
Però non mi lamento, almeno fino a quando riuscirò a difendere le mie due ore la domenica pomeriggio, la mia carriera proseguirà nel suo lentissimo inesorabile corso di soddisfacente insuccesso.
La voglia e l’agenda
Sabato mattina mi sentivo in vena di tagliarmi i capelli. Sì perché io per tagliarmi i capelli non ho bisogno di un appuntamento importante, di un’esigenza estetica o di una ecessità biologica: bisogna che ne abbia voglia. E sabato ne avevo voglia, ero dell’umore giusto. Purtroppo però quando mi sono recato al solito barbiere ho ricevuto uno sguardo di dissappunto: niente appuntamento? Torni fra tre ore.
Siccome in questa città c’è un parrucchiere ogni dieci metri, ne ho provati altri, con lo stesso risultato: agendina, sospiro, non c’è posto. I bolognesi tendono ad ottimizzare il tempo, lo spazio, le attività: senza le ossessioni milanesi, ma con un agenda molto più fitta di quella che potrebbe avere un pugliese. Ovviamente io faccio non poca fatica ad adattarmi a questo modo di vita: però ce l’ho fatta. Alla fine uno libero l’ho trovato.
Un’ora dopo, certo, ma con la serenità di chi si prende il lusso di poter ancora fare qualcosa perché ne ha voglia.
Il bello di poter cambiare
Alcuni mi hanno chiesto come mai sono passato dalla comicità diretta di "Bello dentro, fuori meno" ai toni un po’ noir un po’ gialli di "Bologna l’oscura". E come mai ho lasciato l’ambientazione di Statte per quella di Bologna. La risposta è che essendo uno scrittore della domenica (nel senso che ho il tempo per scrivere solo nel weekend) posso permettermi il lusso di scrivere con estrema libertà più o meno senza pensare se quello che farò apparterà a questo o quell’altro genere. E poi questo è il mestiere dei critici, non degli scrittori… Quanto a voi, non vi stupite se il mio prossimo lavoro sarà fantasy. Oppure horror. Oppure un romanzo di iniziazione. Oppure niente, se non riesco a convincere di nuovo l’editore…