Il reality non è un genere televisivo, è una malattia del palinsesto.
Un virus nefasto. Come tutti i virus, è contagioso, si diffonde, allenta le barriere immunitarie e dilaga.
Le pseudo-notizie dei protagonisti invadono i programmini pomeridiani e le bbbone domeniche, e fin qui poco male: si infetta comunque roba putrebonda. Per non parlare di certi telegiornali come Studio Aperto che alle tette rifatte e ai calendari con le donnin ignude dedicano ormai redazioni specializzate.
Il problema sorge quando programmi come Quelli che il calcio, che nonostante Simona Ventura possono ancora essere di qualche interesse, ingoiano quintalate di spazzatura proveniente dall’isola dei morti di fama o dal XXX- factor. Oppure quando autori svogliati (leggi Gialappa’s) fanno il compitino affidandosi alla indecente ignoranza di certi concorrenti.
Mi terrorizza l’idea che Quark dedichi uno speciale all’accoppiamento dell’Homo imbecillis in cattività che Blu Notte approfondisca il tema del mistero delle corna messe da Belen a più o meno una dozzina di bellocci. Sembra fantascienza, ma se qualcuno non ferma il virus, ci arriveremo.
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Programmi penosi
Il messaggio è stato chiaro, e i vari galletti dell’emisfero televisivo dovrebbero riflettere. Leggo infatti che l’Isola dei Morti di Fama è stata vinta da un tizio sudamericano, credo, che se ne è stato un mese da solo in una spiaggia, a non far niente. Non ha vinto prove di abilità, non ha mostrato la sua abilità come pescatore o cacciatore, non ha attratto le simpatia dei compagni di viaggio che l’hanno cacciato subito, non ha fatto un emerito fico secco per vincere, se non la semplice operazione di starsene fuori dalle scatole per un mese, solo, a destare pena. A parte il fatto che proporrei una perizia psichiatrica per tutti quelli che spendono dei soldi per televotare: perchè mai lo fanno? Non si vince niente…Poi mi piacerebbe che per una volta non ci offrisserro percentuali, ma numeri precisi: non mi basta sapere che il 70% ha votato per tizio, voglio sapere quanti sono, 100, 200, 300, questi imbecilli che televotano, e magari vorrei anche i loro nomi, per evitare ogni rapporto professionale o relazionale con loro. In ogni caso questi dementi dei televotatori hanno chiarito che al pubblico piace non chi sa fare qualcosa, ma chi desta pena. E allora mi domando: è una tivù penosa, o peggio ancora, la tivù è la pena? Sì, ma quale colpa stiamo scontando per meritarcela?