Non so perché ma il connubio nostalgia-sport mi affascina e mi coinvolge sempre. Ho già raccontato di come mi manchino, nel calcio, i numeri dall’uno all’undici, dove il tre era il terzino sinistro e il dieci il trequartista con i piedi buoni.
Domenica, guardando il gran premio di formula uno, sono stato colto da un altro tipo di nostalgia. Ma ve la ricordate la Lotus nera, con le finiture che richiamavano lo sponsor John Player Special? Era così elegante che l’avresti tenuta in salotto, avendo un salotto sufficientemente capiente. E la Brabham, che sembrava uno squalo balena? E le Arrows tutte bianche, che facevano tenerezza, sembravano lì per errore, timide, e infatti dopo pochi giri tornavano ai box.
Le auto di formula uno attuali sono tutte uguali, tutte dello stesso colore: patchwork. Sembra di vedere dei volantini pubblicitari ambulanti. Il rosso Ferrari, con un po’ di fatica, regge; ma per le altre è un disastro. Neanche si capisce quando qualcuno sta sorpassando un avversario o un compagno di squadra.
Ma cari sponsor, dico io: se non potete permettervi di avere una scuderia tutta vostra (come la Red Bull, o una volta Benetton), se non potete determinare i colori della squadra (come la mitica McLaren che sembrava un pacchetto di Marboro) allora rinunciate, il vostro box giallo sulla finacata inferiore destra dietro i bocchettoni non lo vedrà mai nessuno e sarà solo una macchia di fastidio per il telespettatore.
Se proprio volete, cercate di acquistare uno spazio sulla chiappa destra del pilota, che tanto siamo abituati a vederli vestiti come clown carnevaleschi: ma le macchine lasciatele stare.