Si torna a parlare di crisi del mercato dell’auto, forse perché le famiglie di tre persone hanno capito che la quinta non gli serve, o forse perché se non hai i soldi per comprare il latte puoi fare a meno di EPS. Siccome di recente ho avuto modo di visitare qualche autosalone, mi si contrae lo stomaco quando sento parlare di aiuti di stato (quando va bene i dividendi sono i loro, quando va male dobbiamo aiutarli di tasca nostra…) e mi sento di dare alcuni consigli ai concessionari per risollevare la loro situazione
Lavorare non è divertente, lo sappiamo. Però evitate di alzare gli occhi dal giornale con aria innervosita se un cliente vi si avvicina e vi fa qualche domanda: è un suo diritto, prima di staccare l’assegno.
Un preventivo è più professionale se glielo stampate al computer invece di scarabocchiarlo su un post-it
Tutti sanno leggere i prezzi e le caratteristiche su Quattro Ruote. Da voi si aspettano un po’ di più
Si capisce subito che la casa vi premia se vi liberate di quelle spider fuorisedie venute male: ma se vi hanno chiesto un’utilitaria, non insistete
In tempi di crisi economica chiedere lo straordinario forse è eccessivo, ma certo chiudere in anticipo non aiuta
Non raccontate che quel modello sta andando a ruba, che è l’ultimo rimasto nel salone. I clienti li hanno visti i cinque modelli uguali parcheggiati sul retro
Non è detto che il cliente acquisti alla prima visita. Fate qualcosa perché ce ne sia una seconda…
Non mi piacciono i film horror, li trovo piuttosto ripetitivi, con quel continuo via vai di
pugnalate, vocine gracchianti, vecchie infide, scricchiolii e morti ammazzati. Questo però
l’ho guardato con attenzione perché trent’anni dopo è diventato una sorta di film culto,
per le sue atmosfere molto anni settanta, le sue ingenuità narrative, ma anche il gusto per
il bozzetto. Il regista è un signor regista, quel Pupi Avati che poi abbandonerà il genere
ritornandoci di tanto in tanto (sua la sceneggiatura di Dove comincia la notte, del 91). La
storia è piuttosto sgangherata, un restauratore si trova alle prese con un dipinto di
un’artista morto suicida famoso perché dipingeva le agonie, ed è facile immaginare che ci
saranno un bel po’ di morti ammazzati (in alcuni casi i personaggi sono talmente mal
tratteggiati che quasi non ci dispiace che l’assassino ce ne liberi). Non mi soffermo sulla
storia perché non voglio rovinare il gusto di chi non l’ha visto, sappiate che traballa
come un pattino sulle cascate del Niagara, però le immagini di una campagna ferrarese
opprimente e inquietante sono veramente belle. Considerando che è stato girato con un pochi
mezzi (il bello dell’horror è che puoi far scrivere tre note al musicista, ripeterle
ossessivamente durante tutto il film e giustificarle come una scelta stilistica e non come
mancanza di quattrini) è una piccola lezione per chi pensa di speventarci con esorbitanti effetti speciali. I veri mostri siamo noi, con la nostra indifferenza, direbbe Tiziano Sclavi. Pupi Avati l’aveva detto un bel po’ di anni fa, e questo va ascritto a suo merito.