Archivi tag: la prima volta

Sommersi da un mare di ipocrisia

Presunte associazioni di teleutenti chiedono a gran voce che Miss Italia sia squalificata e punita per aver posato l’anno prima insossando solo capi di biancheria. Che vergogna, che scandalo. Già, perchè stare una settimana in bikini davanti ai teledementi che scommettono su chi vince invece è un modo dignitoso di fare carriera.
Mezza Italia dà dell’incompetente al ministro dell’economia, se poi quello stufo molla tutto e se va, apriti cielo, grande preoccupazione e sgomento. Nessuno che dica evviva, c’è evidentemente ancora qualcuno in Italia a non avere il sedere incollato a vita alla poltrona.
Mentre in Sicilia si continua a morire per interventi di routine, un’equipe italiana esegue per la prima volta un trapianto di cellule staminali per sconfiggere il diabete, sembra per ora con successo: piccola nota, i medici lavorano da anni a Miami. A nessuno viene il dubbio che i medici italiani sono bravi, ma chi destina i fondi alla sanità un po’ meno. Ma allora, sono io che sono impazzito, che tutto a un tratto ho un rigurgito di populismo, o stiamo affondando in un mare tempestoso di stucchevoli comportamenti ipocriti?

Grazie Azeglio

Una canzone di Cremonini (la solita lagna, bello però il video e il testo) in cui mio malgrado devo identificarmi recita “Ah…da quando Senna non corre più…Ah…da quando Baggio non gioca più”. A trentanni per la prima volta ti affacci a quel paesaggio grigio e affascinante della nostalgia che ti fa dire “non ci sono più le cose di una volta”; per la prima volta ti manca qualcosa che non c’è più, e c’è qualcuno più giovane di te che non condivide i tuoi interessi. In questo quadro traballante vengono meno i punti di riferimento: da ragazzino leggevo gli articoli che Platini scriveva sul Giornalino, i calciatori di oggi fanno fatica a scrivere l’autografo senza errori; trovavo noiosi quei palloni gonfiati del wrestiling (c’erano, eccome, anche vent’anni fa) e restavo a bocca aperta di fronte agli assist di Magic Johnson e i tiri da 3 di Larry Bird; Lemonissimo e Magic Cola costavano poco e non sostituivano due pasti come un Magnum di oggi. Da quando anche Giovanni Paolo se n’è andato (sì lo so, mi hanno detto che l’hanno sostituito ma preferisco sorvolare) ci sono davvero pochi “miti”, poche persone da prendere come esempio. Ma uno svetta ancora imperioso: il grande Azeglio Ciampi, che stufo dell’insensato ostracismo di Castelli, invoca la corte costituzionale e chiede che sia fatta chiarezza sul suo potere di grazia (Castelli infatti si oppone alla grazia a Bompressi). Lo fa senza proclami, manifestazioni forcaiole e slogan, lo fa con la statura di chi interpreta con pienezza il concetto di uomo per bene e rispettoso della costituzione. Grazie Azeglio. E grazie anche a Castelli: sono le persone come lui che risvegliano il mio orgoglio di essere meridionale.

Arrivederci Karol

Dopo il chiasso famelico e irrispettoso dei mass-media e prima che cominci il progressivo distaccamento del messaggio, umano e concreto del papa, dalla figura mitica e agiografica che creeranno (la sua salma è davanti ai nostri occhi e già si parla di Giovanni il Grande…Speriamo solo non si generino fenomeni laterali come per Padre Pio, sarebbe il più grande tradimento del suo operato), voglio spendere due parole per Karol Woytila. Lo farò sottovoce e in punta di piedi, perché è di altri il compito di commentare, spiegare, raccontare quest’uomo straordinario.
Per me lui è sempre stato il Papa: avevo tre anni quando fu eletto e non potevo certo ricordarmi dei suo predecessori. Ricordo benissimo però quel giorno di maggio, avevo solo sei anni ma quell’immagine di una pistola che sbuca dalla folla puntata verso un uomo sorridente mi rimase impressa.
Ma ancora più impressa nella mia memoria è l’immagine di sei anni dopo, 1987, gita scolastica a Roma. La piazza è la stessa, e quell’uomo trafitto da un proiettile non ha paura di continuare a girare e a salutare i presenti. Allungo la mano insieme agli altri, lui me la stringe, e penso che se la base del nostro credere è la convinzione che Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, allora il suo vicario non può che stare qui, in mezzo ai ragazzini che lo salutano, in mezzo agli africani che lo vedono per la prima volta, in mezzo ai contadini dei villaggi rurali più sperduti dell’Asia, in mezzo ai parlamentari, in mezzo ai giovani che raduna.
Il terzo incontro fu altrettanto bello: stavolta non fui io ad andare a Roma (ci ero tornato nel 1988 con l’Azione Cattolica, un diluvio che ha segnato l’esordio nella mia esistenza dei reumatismi) ma lui a venire a Taranto. Un papa a Taranto! Davvero Giovanni Paolo II merita di passare alla storia, almeno a quella della mia città d’origine. Due giorni di bagno di folla conclusasi nello stadio, con un altro spezzone da tenere custodito nel cassetto dei ricordi: i ragazzi fanno la ola, si alzano al ritmo della musica, la curva, poi le tribune, poi la gradinata…Giovanni Paolo saluta contento, decide di partecipare, e comincia a fare la ola anche lui, quando il movimento arriva dalle sue parti.
Un papa che fa olè con le mani al cielo.
Tralasciando altre visite a Roma passo a Parigi 1997, un milione e più di ragazzi con 40 gradi e un tasso di umidità da palude, una notte all’aperto con lui e per lui, una settimana di festa; e Bologna 1997, è ancora lui ma stavolta a dividere il palco con Karol è Bob Dylan, alla faccia di tutti quei clerici blateranti che dicono che il rock è di Satana e la vera musica è quella dell’organo. Si può lodare il Signore anche con il rock, anche con i balli africani, anche con il ritmo latino, che sono pure più – diciamocelo – divertenti dei canti gregoriani.
E ancora Roma, 1998, 9 maggio (oddio se sbaglio data sono un uomo morto), incontro della Gioventù Francescana con il Papa, giorno per me importante perché proprio in quell’occasione mi sono messo insieme alla mia fidanzata, per cui la mia piccola storia si interseca con quella grandissima di Giovanni Paolo. E poi, e poi…
Basta chiacchiere. Arrivederci, Karol, è stato bello conoscerti e vedere come si può rendere testimonianza con la vita prima che con le parole. Ma siccome di parole è fatto un blog, ne cito alcune tue che porto impresse, tra tante:

La guerrà è un’avventura senza ritorno.

Mai più la guerra.

Buon viaggio, goditi questo ingresso in paradiso tra due fila di angeli che fanno la ola gridando olè seguendo il ritmo con le braccia alzate al cielo…