In televisione e sui giornali si sente spesso dire “le borse hanno bruciato duecento miliardi”.
Tale e tanta è l’enfasi con cui gli economisti sottolineano il concetto, che alla fine uno immagina enormi pire di banconote, o, più prosaicamente, disastri paragonabili a incendi, terremoti, guerre. Non è così: i soldi che bruciano le borse sono virtuali (anche se hanno effetti sulla vita reale delle persone).
Se l’azione di una azienda lunedì vale 20 euro e martedì 15, perchè ci sono state previsioni negative sul mercato o perché c’è chi sostiene che l’azienda ha fatto investimenti sbagliati, ecco che le borse “bruciano” 5 euro per azione, e chi aveva investito 20 euro ne rimane con 15. Ma l’azienda, i suoi dipendenti, i suoi edifici sono esattamente gli stessi, nessuna scottatura, ma sicuramente meno quattrini da gestire perché in borsa “si vale” di meno.
Se la mettiamo su questo piano terra terra, anche i saldi di fine stagione “bruciano” miliardi, perché i vestiti venduti a metà prezzo di fatti dimezzano il valore di chi li ha comprati a prezzo pieno. Pensate a chi ha acquistato l’Iphone della Apple alla cifra stratosferica di 599 dollari: dopo pochi mesi, la Apple ammette che, suvvia, abbiamo scherzato, 399 possono bastare. Per l’acquirente sono soldi bruciati, valore perso.
Ma qualcuno che ci guadagna c’è sempre, i soldi non si bruciano, ma semmai passano di mano. Allora perché la stampa parla di soldi “bruciati” ? Perché nell’opinione pubblica arrivi un segnale chiaro: i soldi sono perduti. In realtà sono finiti in qualche cassetto (magari quello dello squalo che compra azioni quando si svalutano), ma lì farebbero gola a chi giustamente vuole riappropriarsene.
La cenere, invece, può volare nel vento…