Sorriso malizioso, mano che passa allusiva sulle labbra e poi sistema una ciocca di capelli, gambe accavallate e risata pronta a scattare per qualunque evenienza.
È arrivato in ufficio il collega maschio e potente, e la collegomane gioca tutte le sue carte. Il tono di voce si alza di due ottave, improvvisamente discorsi maschilisti osceni del tipo ti ho sognato stanotte e non ti dico cosa facevamo diventano umorismo intelligente e raffinato, e anche violazioni formali della riservatezza quali mani sulle spalle o buffetti sulle guance si trasformano in simpatici gesti di apprezzamento. La collegomane ama questi siparietti e non disdegna un pubblico che possa apprezzarli.
Sguardo fisso sul monitor, leggera sbuffatina, scarpe slacciate e vaffanciullo in pista di lancio.
È arrivato in ufficio il collega brutto e soprattutto privo di potere, la collegomane finge di non vederlo e solo dopo un paio di tentativi risponde con un cenno del capo e un sono molto impegnata prima di passare la richiesta a qualcun altro. Il tono di voce è basso e annoiato e improvvisamente anche chiedere dov’è l’ufficio commerciale diventa un insulto razzista non sono mica un vigile chi ti credi di essere, e avvicinarsi a meno di un metro per attirare l’attenzione e ricevere una risposta è praticamente una molestia da denuncia.