Alcuni amici mi hanno chiesto quando trovo il tempo per scrivere, considerando il tempo passato in ufficio, un minimo di ore da dedicare al sonno e le funzioni vitali.
La risposta è semplice: la domenica, dalle sei alle otto. In pratica la scrittura ha riempito nella mia quotidianità il vuoto lasciato da Novantesimo Minuto. Sì perché quel clone indegno trasmesso dalle televisioni commerciali, con un gol e venti minuti di dibattito tra la velina e l’ospite fisso che commentano il prezzo del cartellino della nuova promessa uzbeka, proprio non si regge. E così, dalle sei alle otto, prendo il mio storico portatile del 97, e comincio a scrivere. Ovvio che non posso reggere il passo di Grisham e o King, con le loro 400 pagine all’anno. Io scrivo una pagina alla settimana, e mi ci vogliono tre o quattro anni per pubblicare qualcosa di decente.
Però non mi lamento, almeno fino a quando riuscirò a difendere le mie due ore la domenica pomeriggio, la mia carriera proseguirà nel suo lentissimo inesorabile corso di soddisfacente insuccesso.