(Continua dal post precedente)
A ll’inizio della passeggiata la visitatrice dissimulerà il suo interesse.
In realtà con la coda dell’occhio sta calcolando distanze, spazi, costi, sta verificando quanti bancomat le potranno servire e quanto tempo ha a disposizione per accaparrarsi vestitini e bijoux. Soprattutto, sta considerando quando potrà verificarsi il dramma di ogni donna, il momento in cui si aprono i furgoncini e i venditori ripongono la merce negli scatoloni tra rimpianti e malinconie. Di solito in questo momento la visitatrice adocchia un oggetto interessante. Si rifiuterà di comprarlo, nonostante le suppliche dell’accompagnatore, forte della tesi del "guardiamo se più avanti c’è di meglio".
Non ci sarà di meglio, più avanti, e dopo due ore di cammino l’unica speranza per non rovinarsi la giornata è recuperare quella bancarella che all’inizio aveva mostrato l’oggetto del desiderio. Per raggiungere questo scopo ci sono varie alternative.
Ci si può munire di una pistola lanciarazzi chiedendo al proprietario della bancarella di esplodere un colpo ad un segnale telefonico. Un po’ scomodo però perché la pistola non sempre è a portata di mani e perché un colpo potrebbe non bastare.
Si può allora segnare su una mappa l’esatta posizione geografica della bancarella: ma questo deve essere fatto al momento del "guardiamo più avanti" e soprattutto la mappa deve essere attendibile. Si possono lasciare briciole di pane o pezzi di stoffa sul cammino, ma la calca tende fastidiosamente a portarli via.
Si può usare un navigatore satellitare anche se incredibilmente ancora in commercio non ne esistono di programmati per mercatini (e mi domando fino a quando l’industria tecnologica attenderà per rispondere a questa impellenza così attuale). Oppure si p0uò costringere la visitratrice al succedaneo: un bene molto più costoso e ingombrante di quello visto all’inizio del mercatino, ma che per le meno è a portata di mano. Per vincere la nostaglia di quell’oggetto, che con il passare dei minuti la fantasia ha trasformato in un’autentica pietra filosofale, nell’arca perduta di tutte le visitatrici, il graal da mercatino, occorreranno almeno tre o quattro acquisti. Il tutto mentre fa un caldo africano, o in alternativa sta piovendo a dirotto.
Siete pronti a tutto ciò per lei? Allora avete trovato la donna giusta.
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Odio l’aperitivo
Odio l’aperitivo Mi piace uscire a cena con gli amici, andare in pizzeria o in una trattoria dove chiacchierare e mangiare in tranquillità.
Mi piace anche andare a pranzo fuori, specie se è una bella giornata e al pomeriggio si può fare una passeggiata salutare. Mi piace pure fare colazione con gli amici, anche se capita più raramente, prima di un viaggio o quando si è in vacanza.
Ma l’aperitivo no.
L’aperitivo non mi piace.
Odio l’aperitivo.
Tanto per cominciare si sta quasi sempre in piedi, o comunque scomodi. Non si riesce mai a intavolare un discorso articolato perché le ragazze dopo due bicchieri a stomaco vuoto cominciano a ridere di qualcunque o cosa o si addormentano,i ragazzi invece si innervosiscono perché le patatine e i salatini lo provocano, lo stomaco, anziché riempirlo.
Odio l’aperitivo perché tutto sa di pressapochismo, di improvvisato, di precario. Non sai a che ora comincia né quando finisce. Pensi che spenderai meno di una cena, ma in realtà per un martini e due olive ti saccheggiano il portafogli. L’aperitivo ha senso se prelude a qualcos’altro da fare insieme: una cena, o un pranzo. Altrimenti è solo immensa tristezza da vorrei ma non posso.
Da impiegato che si consola perché, nonostante tutto, esce la sera. Anche se a casa, di fronte ai surgelati che lo aspettano nel frigo, un po’ di singhiozzo gli ricorderà che c’è di meglio, nella vita, di un aperitivo.
Libreria Guida, Capua, 11 giugno 2004
Nel giugno 1984 ho fatto la mia prima comunione, nel giugno 1994 ho sostenuto l’esame di maturità, nel giugno del 2004 ho presentato “Bello dentro, fuori meno”. Nel 2014 capirò se si tratta di una serie crescente o decrescente. Per ora mi limito a raccontarvi queste tre belle giornate.
La presentazione di Capua è la prima in assoluta (c’è stata la Fiera del Libro di Torino, ma lì eravamo in corridoio, qui siamo in salotto, e siamo gli ospiti d’onore: decisamente non è la stessa cosa). L’incontro non nasce sotto i migliori auspici: la bigliettaia delle Ferrovie dello Stato prima si rifiuta di farmi lo sconto sul biglietto per le votazioni, poi cede ma si rifiuta di farmi la deviazione per Caserta, poi cede ma si rifiuta di farmi il biglietto di solo andata. In sostanza, se voglio lo sconto (non lo voglio, ne ho bisogno, è diverso) devo partire di notte, scendere a Foggia, e poi deviare per Caserta.
Va bene, qualunque cosa pur di avere quel biglietto senza sopportare la tua vista per altri due minuti, simpatica bigliettaia.
Arrivo a Caserta la mattina presto, con una valigia come al solito troppo pesante (non è vanità, è incapacità: non so fare le valigie), e un secondo cattivo auspicio mi si prospetta innanzi: il servizio di deposito bagagli della stazione non funziona. Da un mese circa, giusto in tempo per madare all’aria i miei progetti di passeggiata turistica.
Mancano circa dodici ore alla presentazione, un po’ troppe da trascorrere in sala d’aspetto. Coraggio, allora, facciamo un giro con la valigia: ha le ruote, è un “trolley”, per dirla all’inglese. Non so se l’origine comune alla parola potteriana “troll” sia casuale, di certo l’arnese ha qualcosa di mostruoso e il mio braccio dopo un paio d’ore non ne può più.
Anche perché, terzo auspicio negativo, tutte le strade del centro di Caserta sono simpaticamente ricoperte di ciottolato, e le rotelle della mia valigia sobbalzano tipo le navicelle di Spazio 1999 sul suolo lunare (beati voi troppo giovani per cogliere la citazione). È uno strazio per me e per lui, povero trolley, per cui rinuncio a proseguire, e decido di puntare verso la reggia.
L’ho già vista, ma sono passati tanti anni, suvvia è un monumento nazionale, uno dei più bei parchi del meridione, un ricordo dei fasti di cui anche noi meridionali siamo stati capaci, un esemplare di architettura raffinatissima…E poi alla reggia ce l’avranno un cacchio di deposito bagagli, no? Mi informo prima di comprare il biglietto, ché non voglio certo attraversare saloni affrescati e giardini in fiore portandomi dietro sette chili di inutile biancheria. Ce l’hanno. E allora eccomi alla reggia. Le foto le ho fatte con il cellulare, e non sono granché. Faccio sempre le foto con il cellulare, per avere qualcosa a cui dare la colpa in caso di riuscita mediocre. La visita è comunque piacevole (sarà l’estasi prodotta dall’arte o dalla liberazione dal trolley, non so), e scopro persino un quadro raffigurante il porto di Taranto nell’ottocento. Dall’immagine si vede poco, comunque è stato emozionante vedere il cielo azzurro pre-Italsider. Il pomeriggio l’ho trascorso in maniera produttiva come non facevo da tempo: dormendo.
E finalmente è venuto il momento della presentazione. Gli ultimi due auspici negativi si erano manifestati nel pomeriggio: la Campania era protagonista come non mai della campagna elettorale per le europee del centrosinistra, con comizi un po’ ovunque in contemporanea alla mia presentazione; il videoproiettore che avremmo dovuto usare non era disponibile. Quest’ultima non è stata poi una notizia così negativa, la presentazione powerpoint fa tanto business, perderla non è stato poi così grave. Sarà che gli auspici negativi si realizzano solo per i superstiziosi, sarà che la sfiga si era spalmata per benino e non ce n’era rimasta tanto, fatto sta che la presentazione secondo me è andata bene, la gente si è divertita, io pure. Grazie anche al contributo importante di Silveria Conte (nella foto in alto a destra), che secondo me, detta come va detta, ha portato più fans all’incontro del sottoscritto. Sono anche stato intervistato – uao! – da Iolanda Rosa, giornalista della Gazzetta di Caserta che ha scritto l’articolo che trovate in rassegna stampa.
Grazie Iolanda, ricordati di me quando dirigerai il Corriere della Sera. E grazie anche a quel matto di Raffaele Calafiore, l’editore di Nonsoloparole, che poi è il responsabile (colpevole?) di questa avventura. Per concludere, un consiglio agli amici di Capua e non solo: la libreria Guida è un vero spettacolo, sfruttatela: se non fosse per quei 500 chilometri di strada, passerei lì tutte le mie serate estive!
Buon Natale
È una giornata grigia e fredda come tante,
sono annoiato e svogliato come tanti,
non ci sono buone notizie in giro, come tante altre volte, ma..
il mio capo non è in ufficio – quindi una buona notizia c’è – e posso usare la mia casella di posta privata senza paura di essere beccato! E allora auguri, auguri a tutti voi, auguri ai vostri parenti, ai vostri amici, auguri ai simpatici, a chi crede che un mondo migliore sia possibile, a chi non ci crede più ma in cuor suo lo spera, auguri a chi ha perso il lavoro, a chi ce l’ha ma gli fa schifo, a chi lo sta cercando, auguri agli accoppiati e ai felicemente single…
Divertitevi, riposatevi, coccolatevi, amatevi, state con chi vi vuole bene, giocate, leggete libri interessanti, guardate bei film, ciondolatevi in pantofole senza inutili sensi di colpa, guardate nuovi posti, riscopritene di vecchi, gli euro sono pochi, lo so, ma una passeggiata in una bella giornata di sole, per il momento, è ancora gratis! Insomma, spassatevela, se potete, è un vostro diritto. Per il momento nessun emendamento ce l’ha ancora tolto, per cui godiamocelo.
E soprattutto, se potete, state in pace con chi vi sta accanto. A meno che non sia un poveraccio pieno di petrolio: in quel caso, l’ONU vi autorizza a picchiarlo.
Auguri. Vogliatevi bene.