In principio fu il Giornalino, delle Edizioni Paoline. Le storie a volte erano un po’ complesse per un bambino delle elementari, ma aveva il vantaggio che, essendo venduto in chiesa, spesso ne ottenevo una copia dalla nonna senza dover attingere alla paghetta. Poi arrivò la scoperta di Topolino: centinaia di albi che mio zio regalò ai miei perché aveva gli armadi piedi, e nei quali mi avventurai combattendo i criminali nella 313 truccata di Paperinik, scovando i malfatori sulle tracce di Topolino e appassionandomi alle storie multiple, quelle in cui ad una certa pagina potevi scegliere cosa fare e osservare come andava a finire.
Il primo libro fu la biografia di Cristoforo Colombo. Non so perché, me lo regalarono. Forse perché aveva le mie iniziali, forse un regalo riciclato. Non un granché a dire il vero, ma non mi scoraggiai e feci un secondo tentativo più fortunato con l’Isola Misteriosa. Bingo. Un libro che mi appassionò, emozionò, scosse al punto tale che ancora ricordo bene i caratteri di stampa e la copertina arancione. Non la trama, perché una strana maledizione fa sì che ricordi bene gli stati d’animo che mi hanno accompagnato nella lettura ma non le storie. O magari è una fortuna, perché potrò rileggerle di nuovo e sarà come la prima volta. Proseguì a spulciare tra quello che trovavo nella libreria, passando da Piccole Donne e Piccole donne crescono (niente di che ma la verità è che mi ero innamorato di Joe, non si spiega altrimenti la lettura anche del seguito) a Ventimila leghe sotto i mari e Il giro del mondo in 80 giorni, che posero definitivamente Jules Verne in cima alla mia Hit-Parade.
Intanto mio zio si era sbarazzato anche di copie di Tex, e la scoperta del fumetto “da grandi” fu uno dei profondi turbamenti del passaggio alle scuole medie. A quel punto ero ormai un lettore provetto, leggevo di tutto, dai fatti incredibili della Settimana Enigmistica alle storie sdolcinate di “Confidenze” che comprava mia madre, uno di quelli che non vede l’ora di tornare a immergersi nell’avventura in cui lo scrittore l’ha calato, e leggere Agatha Christie, Ellery Queen e gli altri classici del giallo mondadori diventò una piacevole dipendenza. E dopo vennero i libri a mille lire di Newton Compton, i primi che potevo comprare con la mia paghetta, i fumetti della Marvel dai quali mi separai dolorosamente perché per amore di continuity spendevo più di quanto non potessi permettermi, e insomma, sono sempre stato un ragazzino attento a proprio limitatissimo bilancio.
Leggere è vivere altre vite, appropriarsi del dono dell’esperienza, della fantasia e dell’immaginazione che un altro ti dà, leggere è indossare gli abiti di eroi metropolitani, supereroi o leggende storiche potendo tornare ai nostri rassicuranti jeans non appena si chiude la pagina. Leggere è partire per uno di quei tour in cui ti affacci al finestrino e da ogni parte tu guardi osservi una meraviglia.
Confido di riuscire a trasmettere qualcosa di questa passione quando chiudo le mie serate leggendo in compagnia delle mie bimbe le storie che arricchiscono questa fase della mia vita: Scacciabua, Mano Manina, Voglio il mio ciuccio, Ciao papà, La rabbia. Spero che il viaggio cominci anche per loro, e se non ci sono gli armadi dello zio da svuotare, ci saranno quelli di papà.